Le assoluzioni per il caso Giuseppe Uva
Sei poliziotti e due carabinieri accusati di averlo ucciso dopo una notte in caserma, nel 2008, sono stati giudicati innocenti
La Corte d’assise di Varese ha giudicato innocenti in primo grado i sei carabinieri e i due poliziotti accusati di avere ucciso Giuseppe Uva, un operaio di 43 anni morto il 14 giugno 2008 a Varese, dopo una notte in caserma. Il caso di Uva, assieme a quelli di Stefano Cucchi e di Federico Aldrovandi, è stato uno dei più noti fra quelli che negli ultimi anni hanno riguardato sospetti di violenze commesse da parte delle forze dell’ordine nei confronti di persone arrestate. Il procuratore capo di Varese aveva comunque chiesto l’assoluzione delle otto persone coinvolte, spiegando che «i testimoni che hanno riferito di percosse o hanno ritrattato o sono stati smentiti dai fatti».
Uva venne arrestato la sera del 13 giugno, mentre era ubriaco assieme a un amico, venne portato in una caserma dei carabinieri di Varese e poche ore dopo fu trasferito in ospedale, dove ricevette un trattamento sanitario obbligatorio (TSO). Uva morì alle 11 di mattina. I capi di accusa contro i poliziotti e i carabinieri coinvolti erano quattro: omicidio preterintenzionale, abbandono di incapace, arresto illegale e abuso di autorità. I genitori di Uva hanno sempre sostenuto che l’uomo sia morto per le violenze subite da parte di carabinieri e polizia. Negli anni il caso Uva si è notevolmente complicato poiché il magistrato che si era occupato delle prime fasi delle indagini, Agostino Abate, venne accusato di averle gestite con grandi lacune e successivamente trasferito.
Il pubblico ministero che ha sostituito Abate ha chiesto lo scorso gennaio l’archiviazione dei sei carabinieri e due poliziotti perché: «Non vi è nessuna prova delle lesioni» che sarebbero state inferte a Uva. «I testimoni che hanno riferito di percosse o hanno ritrattato o sono stati smentiti dai fatti», aveva aggiunto in un udienza lo scorso gennaio. Dopo la lettura della sentenza i familiari di Uva hanno protestato indossando alcune magliette con la scritta “Giuseppe Uva-aspetto giustizia”. La sorella di Giuseppe, Lucia Uva, ha detto: «Continueremo la nostra battaglia». Nel corso del processo i familiari avevano chiesto soltanto un risarcimento simbolico di un euro per ogni capo d’accusa, spiegando che l’unica cosa che gli interessava era che venisse fatta chiarezza sulla morte di Uva.