Dilma Rousseff è più vicina all’impeachment
Una commissione parlamentare ha votato per andare avanti con la procedura di rimozione della presidente del Brasile
La presidente del Brasile Dilma Rousseff è un po’ più vicina a perdere la presidenza: la commissione parlamentare incaricata di decidere se procedere con l’impeachment ha votato per farlo con 38 voti a favore e 27 contro. Lo scorso ottobre Rousseff era stata giudicata colpevole di aver truccato i bilanci dello stato per nascondere la cattiva situazione economica del paese e negli ultimi mesi il suo governo è stato ulteriormente indebolito dalla sempre peggiore situazione del Brasile e da diversi scandali, come quelli legati all’ex presidente Lula e alla sua discussa nomina nel governo. Grazie al voto di ieri, ora il Congresso dovrà votare sull’impeachment e dovrà farlo successivamente il Senato: se in entrambi i casi ci sarà una maggioranza di almeno due terzi a favore dell’impeachment la presidente Rousseff verrebbe di fatto “licenziata” e perderebbe il suo incarico di presidente. Il primo voto arriverà probabilmente tra sabato e domenica.
Le foto della manifestazione di sostegno a Dilma Roussef, a cui ha partecipato l’ex presidente brasiliano Lula, a Rio de Janeiro:
La sconfitta del governo nella commissione parlamentare non è stata inaspettata: da quando il Partito del Movimento Democratico Brasiliano – principale alleato del Partito dei Lavoratori di Rousseff – è uscito dalla maggioranza, il governo si è trovato in minoranza in Parlamento. La maggioranza di 11 voti con cui è stato deciso di procedere con la procedura di impeachment, tuttavia, se riprodotta al Congresso non sarebbe abbastanza per le opposizioni, che avrebbero bisogno di 342 voti su 513 per fare avanzare il voto al Senato. Ha scritto il Guardian che nonostante questo in pochi sanno cosa aspettarsi dal voto e che la politica del Brasile è diventata più imprevedibile di una puntata di House of Cards. Anche se Congresso e Senato dovessero votare a favore dell’impeachment, il governo potrebbe comunque fare ricorso alla Corte Suprema. Secondo un sondaggio dell’agenzia brasiliana Estadao, al momento al Congresso ci sarebbero 292 parlamentari a favore dell’impeachment, 115 contro e 106 indecisi.
Ulteriori dubbi sul fatto che davvero si arriverà all’impeachment arrivano poi dal fatto che anche la gran parte degli oppositori di Rousseff in Parlamento sono in qualche modo coinvolti negli scandali più gravi che hanno colpito il governo, come quello che riguarda la grande compagnia petrolifera statale Petrobras. Più della metà dei parlamentari che hanno votato ieri nella commissione speciale per l’impeachment potrebbero essere sottoposti a simili procedure di impeachment, ha scritto il Guardian, e di fatto i reati di cui è accusata Rousseff non sono una cosa nuova in Brasile né una cosa che ha riguardato solo il suo governo. Diversi governi brasiliani prima di questo hanno probabilmente ritoccato i bilanci per abbellirli prima delle elezioni e l’impeachment per Rousseff sembrerebbe a molti sproporzionato rispetto alle sue colpe. Per i sostenitori di Rousseff un eventuale suo allontanamento dal potere sarebbe una sorta di colpo di stato; ieri sera migliaia di persone hanno manifestato in sostegno alla presidente a Rio de Janeiro.
Se il Congresso dovesse decidere comunque a favore dell’impeachment, si passerebbe al Senato. Qui ci sarebbe un primo voto procedurale in cui, con maggioranza semplice, i senatori dovrebbero decidere se andare avanti o meno con la discussione. In caso si decidesse di farlo, la presidente sarebbe sospesa in attesa del voto definitivo sull’impeachment, che dovrebbe arrivare entro 180 giorni e a maggioranza di due terzi. Se Rousseff venisse sospesa, il suo posto verrebbe preso dal vice presidente Michel Temer del Partito del Movimento Democratico Brasiliano, il quale tuttavia è stato molto criticato negli ultimi giorni dopo che l’audio di una bozza di discorso di insediamento è stato inviato per errore a molti dei suoi contatti su WhatsApp e ripreso dalla stampa con conseguenti accuse di tradimento del presidente.