Dobbiamo dirvi una cosa sulle sabbie mobili
Quella classica scena presente in una montagna di film d'azione dal punto di vista scientifico non sta in piedi
Una scena ricorrente dei film d’azione ambientati in paesi tropicali prevede che il protagonista rimanga bloccato in una pozza di sabbie mobili nel mezzo della giungla. È prassi che chi è con lui riesca miracolosamente a non cascarci dentro, e che subito gli dica di non muoversi e di rimanere calmo, altrimenti sarà risucchiato. Di solito il protagonista si salva aggrappandosi a un bastone o a una corda (o a un serpente) lanciatogli dal suo amico, che lo tira fuori. Slate nel 2010 pubblicò addirittura una specie di archeologia delle sabbie mobili nella storia del cinema e nella cultura popolare americana, identificando negli anni Sessanta il picco di fascinazione per questo fenomeno (all’epoca addirittura un film su 35 conteneva delle sabbie mobili). Negli anni diversi scienziati e ricercatori hanno provato a studiare il fenomeno delle sabbie mobili, per cercare di capire se effettivamente sia possibile che “risucchino” una persona: e tutti dicono che no, non può succedere.
Le sabbie mobili sono masse di sabbia piene d’acqua. L’acqua provoca una riduzione nell’attrito tra i granelli di sabbia: per questo il terreno non sostiene il peso di un corpo, sopra una certa densità, e quindi quel corpo sprofonda. Si trovano soprattutto in corrispondenza delle foci a delta dei fiumi, e spesso contengono, oltre a sabbia e acqua, argilla e sale. Claudia Hammond ha raccolto su BBC i progressi negli studi scientifici che si sono occupati di sabbie mobili. Daniel Bonn, un fisico esperto di dinamica dei fluidi dell’università di Amsterdam, raccolse dei campioni di sabbie mobili mentre si trovava in Iran, dopo aver visto dei cartelli che mettevano in guardia del pericolo i turisti vicino a un lago. Tornato nel suo laboratorio, ricreò delle sabbie mobili a partire dal campione e provò ad appoggiarci sopra delle palle di alluminio, quindi con una densità superiore a quella del corpo umano. Per simulare i movimenti di una persona in stato di panico, scosse il contenitore nel quale aveva ricreato le sabbie mobili. Le palle non affondarono: sprofondarono un po’, ma poi la sabbia tornò a mischiarsi con l’acqua e i corpi tornarono in superficie. Bonn provò con altri corpi, scoprendo che quando questi avevano una densità uguale a quella del corpo umano non sprofondavano mai del tutto, ma solo per metà. Il motivo, aveva spiegato la squadra di Bonn in uno studio pubblicato su Nature nel 2005, è che le sabbie mobili hanno una densità di circa due grammi per millilitro, mentre il corpo umano ha una densità di circa un grammo per millilitro.
Bonn allo stesso tempo scoprì però che se le sabbie mobili non possono risucchiare interamente una persona, per liberare un piede bloccato occorre applicare una forza di circa 10mila Newton, cioè quella che occorre per sollevare un’auto di medie dimensioni. In certi casi, quando la sabbia non contiene abbastanza acqua da permettere i movimenti, è quindi impossibile liberarsi dalle sabbie mobili autonomamente, scoprì Bonn. A volte le sabbie mobili si trovano in corrispondenza di porzioni di spiaggia che vengono coperte periodicamente dalla marea, ed è per questo che è capitato in passato che delle persone morissero annegate dopo essere finite nelle sabbie mobili. Le conclusioni di Bonn erano quindi che nelle sabbie mobili non si può sprofondare interamente ma neanche ci si può liberare da soli, o almeno non sempre.
La teoria di Bonn era che le sabbie mobili devono necessariamente contenere una certa quantità di sale, ma altri scienziati di una squadra svizzera e brasiliana hanno invece scoperto un tipo di sabbie mobili nel nord est del Brasile che non contiene acqua salata. In questo tipo di sabbie mobili un particolare batterio forma una specie di crosta superficiale che dà l’impressione di un terreno solido, nascondendo le sabbie mobili sottostanti. Questo tipo di pozze non è quasi mai più profondo dell’altezza di una persona, perciò anche in questo caso è molto raro sprofondare completamente.
Esiste però un “effetto sabbie mobili” che può verificarsi anche in masse granulari in assenza di acqua. È il caso, per esempio, di un silos pieno di chicchi di cereali, come quello in cui cadde un uomo in Germania nel 2002. Quando i pompieri arrivarono sul posto e capirono in quale degli otto silos della fattoria si trovava, l’uomo era immerso nel grano fino all’altezza delle spalle. Ogni volta che espirava, riduceva il volume occupato dal proprio corpo, e i chicchi si spostavano per riempire il vuoto, rendendo più difficile per l’uomo respirare. Dopo alcuni tentativi non riusciti di aiutare l’uomo con dell’ossigeno, calarono nel silos una struttura cilindrica, attorno al corpo dell’uomo. Aspirarono il grano dal cilindro, liberando spazio e consentendo di respirare all’uomo, che poi sopravvisse. L’aiuto esterno è l’unico modo di sopravvivere alle sabbie mobili senz’acqua, spiega Hammond. Se si finisce invece in delle sabbie mobili “normali”, continua, la prima cosa da fare è rimanere calmi (su questo i film hanno ragione); poi bisogna cercare di muovere leggermente le gambe, per fare sì che l’acqua torni a infiltrarsi tra i granelli di sabbia liberando spazio intorno ai piedi. A questo punto si dovrebbe cercare di lasciarsi andare all’indietro, per distribuire meglio il peso e aspettare di essere portati in superficie per galleggiamento.