Un mistero sulle guerre puniche è stato risolto dalla cacca?
Un gruppo di scienziati ha trovato un puzzolente indizio per capire da dove entrarono in Italia il cartaginese Annibale e il suo esercito
Sulla rispettata rivista di archologia Archaeometry è stato pubblicato uno studio che sembra offrire prove concrete su una delle questioni più dibattute attorno alla Seconda guerra punica, che fra il 218 e il 202 a.C mise di fronte Romani e Cartaginesi: e cioè quale passo delle Alpi fu attraversato per entrare in Italia dal generale cartaginese Annibale e dal suo esercito, composto da migliaia di soldati e persino alcuni elefanti. Lo studio, guidato dal geomorfologo Bill Mahaney della York University di Toronto, in Canada, è basato fondamentalmente sull’analisi biologica del terreno del passo di montagna in questione – il Colle delle Traversette, che si trova al confine fra Italia e Francia – e di quello che sembra un suo componente fondamentale: un enorme deposito di cacca, forse causata da un antico accampamento dell’esercito di Annibale.
Il percorso di Annibale dalla Spagna all’Italia, attraverso le Alpi
Per secoli si è cercato di identificare il passo usato da Annibale per attraversare le Alpi e arrivare in Italia, nell’ambito di quella che è stata definita una delle tattiche militari più brillanti del mondo antico: spostare il conflitto dai confini dei due regni fino al cuore del territorio romano, passando per un territorio che si riteneva protetto da difese naturali (le Alpi, appunto). Per molto tempo si è cercato di ricavare il massimo dalle due principali fonti letterarie della spedizione di Annibale: il terzo libro delle Storie dello storico greco Polibio, scritto probabilmente qualche decina di anni dopo la spedizione, e il 21esimo libro dell’Ab urbe condita dello storico romano Tito Livio, scritto circa 150 anni dopo la spedizione.
Polibio in genere è considerato uno storico piuttosto affidabile – in un passaggio scrive di aver percorso personalmente la stessa rotta di Annibale, per poterla descrivere meglio – e nel suo testo dà diverse indicazioni sul percorso seguito da Annibale: parla di una regione molto ricca e popolata compresa fra i fiumi Rodano e Isère, spiega per quanto Annibale ha risalito l’Isère prima di iniziare la salita – circa 150 chilometri – e ricorda i nomi di alcuni dei popoli che vivevano da quelle parti, oltre che il metodo usato da Annibale per superare una grave frana. Sfortunatamente riferimenti del genere non sono più utilizzabili: l’ampiezza e il percorso del fiume sono cambiati molto da allora, e oggi nella zona ci sono diversi passi di montagna. Negli scorsi anni il passo utilizzato da Annibale era stato individuato nella Val di Cogne, oppure molto più a nord, vicino Montecenisio, all’altezza di Grenoble. La teoria di una rotta più a sud nei pressi del Monviso, appunto per il Colle delle Traversette, in passato è stata sostenuta ad esempio da Gavin de Beer, ex direttore del museo di storia naturale di Londra, che scrisse a riguardo cinque libri.
Le teoria sul percorso di Annibale sulle Alpi: in nero è evidenziato il percorso proposto da de Beer e Mahaney
Lo studio di Mahaney è il primo che cerca di risolvere la questione usando prove scientifiche. Prima di tutto, secondo foto aeree satellitari consultate da Mahaney, il Colle delle Traversette è l’unico fra quelli della zona che presenta frane così imponenti da bloccare completamente il passaggio, come capitato ad un certo punto ad Annibale secondo Livio e Polibio. Ci sono anche altre ragioni storiche, come per esempio il fatto che passando da altre zone Annibale sarebbe stato attaccato da alcune tribù di Galli che le abitavano. Dal 2011, inoltre, Mahaney ha concentrato la sua attenzione su uno spiazzo paludoso appena sotto il Colle delle Traversette: uno dei pochi, secondo i suoi calcoli, che avrebbe potuto ospitare un esercito delle dimensioni di quello di Annibale e permettere ai suoi animali di bere e pascolare.
Mahaney ha quindi iniziato a cercare tracce “biologiche” del passaggio di Annibale in questo spiazzo al di sotto del Colle delle Traversette. A circa 40 centimetri di profondità, è stato rinvenuto uno strato di terreno “compattato”, cosa che suggerisce che sia stato ripetutamente calpestato. Il Guardian, che ha riassunto lo studio di Mahaney in un lungo articolo, ha spiegato che uno strato del genere non è stato trovato in nessun’altra palude alpina delle vicinanze, e che «non può essere spiegato facilmente con l’azione di un fenomeno naturale come il pascolo di un gregge o la formazione di ghiaccio». Lo strato di terreno in questione è stato sottoposto ad un’analisi al carbonio-14, che permette di stabilire la data di formazione di materiale organico sulla base dell’isotopo di carbonio, e si è scoperto che si è formato attorno al 200 a.C. (quindi a grandi linee nello stesso periodo del passaggio di Annibale).
Ma la prova più decisiva è che nella palude è stata trovata un’alta percentuale di Clostridia, cioè una classe di batteri tipica dello sterco di cavallo ma anche negli escrementi umani (in particolare il 70 per cento dei batteri dello sterco di cavallo fanno parte della classe Clostridia). Batteri del genere possono sopravvivere per secoli, e non è così strano pensare che possano essere sopravvissuti per più di duemila anni in un ambiente tutto sommato poco frequentato dall’uomo. Chris Allen, che fa parte della squadra di ricerca di Mahaney, ha spiegato su The Conversation che non possiamo ancora essere certi che i batteri in questione provengano davvero da esseri umani e cavalli, ma che le loro ricerche si stanno concentrando in particolare su questo punto. Allen ha aggiunto che esiste la possibilità di trovare anche tracce di verme solitario dei cavalli, cosa che proverebbe ulteriormente il passaggio di Annibale; parlando col Guardian, Mahaney si è spinto ancora oltre e ha detto che potrebbero essere rinvenute tracce di verme solitario degli elefanti, che sarebbe una prova schiacciante del passaggio di Annibale. Mahaney stesso ricorda comunque che per certificare il passaggio di Annibale sono necessari degli scavi per cercare le tracce consuete del passaggio di un esercito – monete, armi, vasi, e così via – e che spera almeno di finanziare una prima ricerca con gli ultrasuoni per trovare traccia di oggetti del genere.
Quasi sicuramente, non troverà resti di elefanti: Polibio racconta che tutti e 37 gli elefanti della spedizione di Annibale riuscirono a passare le Alpi, anche se quasi tutti morirono nei mesi successivi per via del cattivo tempo. L’unico sopravvissuto fu l’elefante Surus, che però morì di malaria poco dopo. Annibale rimase in territorio italiano per quindici anni: dopo aver ottenuto importanti vittorie nei primi anni dell’invasione, finì per logorarsi e fu costretto a tornare a Cartagine nel 203. L’anno successivo i Romani sconfissero i Cartaginesi a Zama, nei pressi dell’odierna Tunisi, vincendo definitivamente la guerra.