I Paesi Bassi hanno respinto il referendum sull’accordo tra UE e Ucraina
Non era vincolante, ma è comunque interpretato come una vittoria degli euroscettici
Aggiornamento del 7 aprile – Gli elettori dei Paesi Bassi hanno respinto il referendum consultivo sull’accordo di associazione tra Unione Europea e Ucraina. I no hanno vinto con il 61,1 per cento dei voti. Sono andati a votare i 32,2 per cento degli elettori, superando così di poco il quorum fissato al 30 per cento. Il risultato del referendum non è vincolante e quindi non dovrebbe avere conseguenze concrete, ma è stato interpretato come una vittoria politica dei cosiddetti “euroscettici”, che avevano fatto campagna per il no e avevano trasformato la campagna in una consultazione sull’UE in quanto tale. «Il popolo olandese ha detto no all’elite europea e no al trattato con l’Ucraina: è l’inizio della fine dell’Unione Europea», ha detto il politico di estrema destra Geert Wilders.
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Nei Paesi Bassi si tiene oggi un referendum consultivo – quindi non vincolante – sull’accordo di associazione dell’Ucraina all’Unione Europea, che comporta una maggiore integrazione politica, legislativa ed economica in vista di un futuro eventuale ingresso dell’Ucraina nell’UE. L’accordo, sottoscritto nel 2014, dev’essere ratificato dai Parlamenti dei singoli paesi ma nei Paesi Bassi più di 400.000 persone hanno usufruito di una legge che permette di indire un referendum consultivo sui trattati di questo tipo. Durante la campagna elettorale, la consultazione è diventata nei fatti un referendum sull’Unione Europea (e in parte sulla Russia, per ovvie ragioni). I sondaggi dicono che vinceranno i no, il quorum è fissato al 30 per cento.
Oggi si vota in Olanda al referendum sull’accordo di associazione dell’Ucraina con l’Unione europea. E’ un referendum consultivo, siete d’accordo sì o no, e non è vincolante, cioè il processo di ratifica dell’accordo – che è già stato fatto al Parlamento europeo e in alcuni altri parlamenti nazionali – può continuare indipendentemente dall’esito del referendum. Perché organizzarla allora, questa consultazione, che rischia di far emergere, ancora una volta, l’antieuropeismo più o meno latente degli olandesi e degli altri paesi che osservano? Basta leggere come iniziava un articolo pubblicato ieri sul Guardian: “Le linee di divisione sono chiare. I sostenitori del ‘sì’ pensano che ci saranno benefici in termini di sicurezza e di commercio; gli oppositori considerano questa un’occasione per rigettare le forze poco democratiche di Bruxelles. Molti elettori sono confusi o indifferenti. No, non siamo nel Regno Unito, siamo in Olanda”.
Il parallelismo è così perfettamente confezionato che il capo degli indipendentisti britannici, Nigel Farage, animatore della campagna Grassroots/Leave.Eu a favore della Brexit, ha rivolto un appello agli elettori olandesi: votate “no”, fate sentire la vostra voce contro l’Europa, date al continente un assaggino di quel che accadrà il 23 giugno in Inghilterra. “Si tratta di un avvertimento all’Ue, che soffre di un deficit democratico”, ha detto uno dei direttori di GeenStijl, un sito satirico-politico noto per le sue posizioni su islam e immigrati vicino a pensatoi euroscettici: è stato GeenStijl, letteralmente “nessuno stile”, a organizzare una mobilitazione che ha portato alle 420 mila firme necessarie per organizzare il referendum.