Perché i paradisi fiscali si chiamano così
Forse per una traduzione errata dall'inglese "tax haven", ormai entrata nell'uso comune e non solo in Italia
I “paradisi fiscali” sono quei luoghi, paesi indipendenti o località sotto la sovranità di uno stato più grande, in cui le restrizioni e le leggi sulle attività economiche sono molto morbide o flessibili, e nei quali le tasse sono basse o inesistenti. La storia dei “paradisi fiscali” inizia più o meno con la storia delle tasse, e per questa ragione è piena di miti e leggende. Per esempio una leggenda racconta che le Isole Cayman, un territorio britannico nel Mare dei Caraibi, si siano guadagnate lo status di località esente dalle tasse quando, alla fine del Settecento, alcuni marinai locali salvarono da un naufragio gli equipaggi di dieci navi mercantili: il re Giorgio III avrebbe ricompensato il gesto dei marinai – in una delle navi sarebbe stato presente un membro della famiglia reale – promettendo di non tassare mai le Cayman.
L’origine della stessa espressione “paradiso fiscale” è incerta: espressioni analoghe che contengono un legame con il termine “paradiso” si trovano nelle altre lingue neolatine (paradis fiscal in francese, paraíso tributario o paraíso fiscal in spagnolo) e non, anche se affiancate da espressioni diverse (per esempio Steuerparadies in tedesco, skatteparadis in danese, maksuparadiis in estone, adóparadicsom in ungherese, secondo IATE, il database terminologico dell’Unione Europea). In inglese si usa l’espressione “tax haven“: haven significa “rifugio, riparo” e ha la stessa etimologia del tedesco Hafen e del francese havre, che significano “porto, insenatura” – come in Le Havre, la città portuale francese affacciata sul canale della Manica.
In un post sul blog Terminologia etc del 23 novembre 2012, la linguista Licia Corbolante, che ha insegnato traduzione e storia italiana contemporanea alla University of Salford e per quasi vent’anni ha lavorato per Microsoft curando gli aspetti terminologici per le versioni italiane dei suoi prodotti, ha spiegato una possibile origine dell’espressione “paradiso fiscale”. Corbolante dice che sembra che la locuzione “paradiso fiscale” e le analoghe espressioni nelle altre lingue europee siano nate da un errore, cioè dall’errata traduzione di “tax haven“: infatti la parola haven è molto simile a heaven, che in inglese significa “paradiso”.
In inglese si trova anche l’espressione “fiscal paradise“: secondo Corbolante si tratta di un esempio di “Euro-English“, cioè una locuzione assente dall’inglese standard parlato da britannici e irlandesi, ma presente nei testi in inglese destinati anche a lettori non di madrelingua inglese. La prova è che in inglese fiscal paradise è molto meno usato di tax haven, come si può velocemente verificare facendo una ricerca su Google Books Ngram Viewer, il motore di ricerca che permette di scoprire la frequenza con cui una parola o un’espressione compare nei libri scritti in una certa lingua e presenti nel catalogo di Google Books.
Secondo Corbolante il termine inglese fiscal paradise potrebbe essere usato anche per “captare” le ricerche di persone non di madrelingua inglese che traducono letteralmente “paradiso fiscale”. Sia in italiano che in francese si possono usare anche le espressioni “rifugio fiscale” e “havre fiscal“: facendo una ricerca analoga alla precedente per queste lingue si ottiene il risultato opposto, cioè è più frequente l’espressione legata al concetto di “paradiso”. Per l’italiano, sebbene “rifugio fiscale” si possa leggere in articoli di carattere economico, la ricerca su Google Books non trova corrispondenze.
Un articolo del sito accademico britannico History & Policy spiega che sicuramente l’espressione “tax haven” è in uso dagli anni Cinquanta e che le prime località diventate paradisi fiscali sono state gli stati americani del New Jersey e del Delaware alla fine dell’Ottocento e alcune isole dell’allora Impero Britannico poco dopo. Per questa ragione si pensa che il concetto di paradiso fiscale abbia origine anglosassone ed è lecito ritenere valida l’ipotesi dell’errore nella traduzione di haven, magari poi diffusosi nelle altre lingue attraverso il francese, che in passato era una lingua più usata dell’inglese a livello internazionale.