L’occupazione della Crimea ormai è parte del panorama
Due anni dopo l'annessione della Russia, le cose vanno sempre peggio: e la comunità internazionale sta iniziando a considerarla la "nuova normalità"
di staff di editorialisti del Washington Post
A due anni dall’annessione illegale da parte della Russia, la penisola di Crimea è uno dei posti più isolati, poveri e letteralmente più bui d’Europa. L’economia è a terra: le linee che trasportavano l’elettricità dall’Ucraina sono state distrutte a novembre, lasciando al buio i due milioni di persone che vivono in Crimea, e per ora le autorità russe sono riuscite a ripristinare solo parte della fornitura elettrica. Le importazioni dall’Ucraina sono vietate, i farmaci scarseggiano e il settore turistico – una volta molto attivo – è moribondo. L’unico settore fiorente in questa provincia distaccata dall’Ucraina è la repressione: chiunque metta in discussione l’occupazione russa rischia di scomparire o di subire persecuzioni politiche e altri attacchi giuridici o fisici.
La maggioranza dei governi mondiali considera ancora la Crimea come parte dell’Ucraina, ma all’interno della penisola chiunque faccia altrettanto può essere arrestato, perseguito e condannato a fino a cinque anni di carcere. Secondo alcuni attivisti per i diritti umani della Crimea, il mese scorso un uomo chiamato Vladimir Baluh è stato arrestato per aver issato una bandiera ucraina sopra la sua casa. Altri cittadini ucraini sono attualmente perseguiti dalle autorità russe per aver partecipato alle manifestazioni antigovernative che hanno portato alla caduta del governo ucraino nel 2014, sulla base della testimonianza di alcuni membri delle forze di sicurezza filorusse che successivamente si sono rifugiati nella penisola. Alcuni sospettati dissidenti politici, tra cui il noto regista Oleg Sentsov, sono stati portati illegalmente oltre il confine russo per essere processati e detenuti, in totale violazione del diritto internazionale.
La forma più dura di repressione è però riservata alla minoranza dei tatari di Crimea, circa 300mila persone in maggioranza musulmane che furono deportate dalla Crimea da Stalin e poterono tornare solo negli anni Ottanta. Tre fra gli attuali ed ex leader principali del Mejilis, il consiglio di autogoverno che rappresenta i tatari di Crimea, sono stati accusati di diversi reati: due di loro si trovano in esilio, mentre il terzo è detenuto in carcere. Lo scorso mese un pubblico ministero russo ha chiesto a un tribunale di dichiarare il Mejilis illegale, sostenendo che si tratti di un’organizzazione estremista: in questo modo 2.300 membri della classe dirigente dei tatari diventerebbero fuorilegge. Con una mossa degna del KGB, le autorità russe stanno istituendo una nuova organizzazione per i tatari posta sotto il controllo russo, e hanno inaugurato una nuova stazione televisiva per la minoranza in sostituzione del canale indipendente, che è stato fatto chiudere.
Le autorità russe stanno applicando anche altre misure per forzare gli abitanti della Crimea a vivere come se fossero russi. Le forze armate stanno arruolando alcuni giovani crimeani, minacciando di arrestarli se non dovessero prestare servizio nell’esercito. In Crimea inoltre sono necessari passaporti russi per ottenere assistenza medica e altre prestazioni sociali. Il tutto mentre migliaia di funzionari amministrativi, poliziotti e altri occupanti vengono mandati dalla Russia nella penisola.
La settimana scorsa, in occasione dell’anniversario dell’annessione della Crimea proclamato dal presidente russo Vladimir Putin, alle Nazioni Unite sono stati pronunciati diversi discorsi sul tema. L’ambasciatrice americana all’ONU Samantha Power ha detto che «il tentativo di annessione della Crimea da parte della Russia non rappresenta un caso isolato di violazione della sovranità dell’Ucraina, ma piuttosto una continua e incessante violazione, che si protrae ogni giorno in cui la Russia continua a occupare la penisola». Power ha messo in guardia dal rischio di «abituarsi a una nuova normalità», in cui l’aggressione è tacitamente accettata. Purtroppo gran parte degli stati europei sembrano già muoversi in questa direzione, mentre cresce la pressione per la revoca delle sanzioni dell’Unione Europea nei confronti della Russia. I crimeani continueranno senza dubbio a patire per l’invasione ordinata da Putin: per assicurarsi che anche al suo regime succeda lo stesso sarà necessario che gli Stati Uniti dimostrino fermezza e una decisa attività diplomatica nei prossimi mesi.
© 2016 − Washington Post