Nuove accuse contro il Qatar, per i Mondiali del 2022
Amnesty International dice che gli operai stranieri impiegati nella costruzione degli stadi vivono ancora in condizioni di semi-schiavitù
Amnesty International, organizzazione non governativa che si occupa della difesa dei diritti umani in tutto il mondo, ha pubblicato un nuovo rapporto sulle condizioni degli operai impiegati per la costruzione degli impianti sportivi del Qatar che ospiteranno i Mondiali di calcio del 2022. Amnesty sostiene di aver identificato chiaramente maltrattamenti e abusi nei vari cantieri per i Mondiali e in altri siti di costruzione del “Qatar National Vision 2030”, l’ambizioso progetto che per il 2030 dovrebbe trasformare il paese “in una società avanzata in grado di raggiungere uno sviluppo sostenibile”. Nel rapporto, Amnesty sostiene che molti operai, quasi esclusivamente stranieri e provenienti dal sud-est asiatico, subiscono “trattamenti spaventosi” e sono costretti a vivere ammassati in pochi metri quadrati dentro strutture fatiscenti, percepiscono salari molto bassi e non hanno la possibilità di lasciare il paese perché i loro passaporti sono stati confiscati dai datori di lavoro: di fatto una condizione di semi-schiavitù. È da circa cinque anni che si parla molto della condizione di chi lavora alla costruzione degli stadi per la Coppa del Mondo, per cui secondo molte ONG sarebbero morti più di cinquemila operai.
Le leggi del Qatar teoricamente impediscono il sequestro dei passaporti dei lavoratori, il ritardo nei pagamenti degli stipendi e il reclutamento ingannevole dei lavoratori, a cui vengono promessi stipendi più alti di quelli che realmente riceveranno una volta arrivati in Qatar. Secondo Amnesty, se come successo finora non verranno presi seri provvedimenti, le condizioni lavorative in Qatar saranno destinate a peggiorare ulteriormente con l’aumento del numero di operai stranieri che arriveranno nel paese: ora sono circa 4mila, nei prossimi due anni dovrebbero salire a circa 36mila.
Per realizzare il rapporto Amnesty ha intervistato 132 operai, tutti stranieri, impegnati nella lavorazione dello stadio Khalifa, che ospiterà una semifinale dei Mondiali. Sono stati poi intervistati altri 99 migranti impiegati presso gli impianti sportivi dell’Aspire, la gigantesca scuola calcio qatariota dove si allenano migliaia di ragazzi provenienti da tutto il mondo e dove recentemente si sono allenati anche il Bayern Monaco, l’Everton e il Paris Saint-Germain. Ogni singolo operaio intervistato ha riferito di aver subito almeno uno degli abusi raccolti da Amnesty, fra cui la sistemazione in alloggi squallidi e limitati, il pagamento di tasse (da 500 a 4mila dollari) per poter andare a lavorare in Qatar, l’inganno sulla retribuzione, stipendi non percepiti per alcuni mesi, il mancato rinnovamento del permesso di soggiorno da parte dei datori di lavoro, il sequestro dei passaporti e le minacce ricevute per essersi lamentati della loro condizione.
Gli operai intervistati, la maggior parte dei quali proveniente da Bangladesh, India e Nepal, hanno parlato con Amnesty tra febbraio e marzo del 2015. Quando Amnesty è tornata in Qatar, lo scorso febbraio, alcuni operai erano stati sistemati in alloggi più confortevoli e spaziosi e avevano ricevuto il proprio passaporto. Molti altri però rimangono nella stessa situazione di un anno fa, senza contare tutti gli altri operai sparsi per il paese e non raggiunti da Amnesty. Per i lavoratori la kafala è il problema principale, cioè il sistema usato per controllare gli operai stranieri per cui non è consentito cambiare lavoro o lasciare il paese senza il permesso del proprio datore di lavoro. Alcuni operai del Nepal, per esempio, hanno riferito ad Amnesty che non gli è stato permesso di tornare a casa nell’aprile del 2015, dopo il terremoto che lasciò milioni di persone senza casa e causò la morte di più di 8mila persone.
Il comitato responsabile dell’organizzazione della Coppa del Mondo del 2022 ha stabilito una serie di standard lavorativi nel 2014, che prevedono che per i lavori di costruzione le aziende avrebbero dovuto garantire condizioni migliori di quelle offerte dalla legge qatariota, ma per ora quel regolamento non è stato quasi mai rispettato e ci sono stati pochissimi cambiamenti. Secondo gli operai intervistati, la FIFA e i suoi sponsor hanno mantenuto un atteggiamento indifferente riguardo all’organizzazione dei Mondiali in Qatar.
Amnesty chiede che aziende come Adidas, Coca Cola e McDonald’s facciano pressioni sulla FIFA, di cui sono i principali sponsor, affinché prenda provvedimenti in Qatar e crei un piano per prevenire situazioni come queste in altri paesi, per altri Mondiali. La FIFA dovrebbe imporre al Qatar l’introduzione di una serie di riforme prima dell’inizio della fase più intensa dei lavori, prevista per il 2017.