In Africa occidentale è tornata al Qaida
Un gruppo rivale dell'ISIS e che tutti credevano sconfitto è tornato attivo e in pochi mesi ha compiuto attacchi in tre paesi diversi: Mali, Burkina Faso e l'ultimo in Costa d'Avorio
Negli ultimi mesi almeno tre paesi dell’Africa occidentale hanno subìto attacchi terroristici compiuti da miliziani di un gruppo locale affiliato ad al Qaida, che si fa chiamare “al Qaida nel Maghreb Islamico” (AQIM la sigla in inglese). Le notizie degli attacchi sono arrivate anche sulla stampa occidentale – come nel caso dell’attentato a un hotel di Bamako, in Mali, pochi giorni dopo gli attentati di Parigi – ma raramente sono state raccontate come pezzi di una sola storia. Un recente articolo del New York Times ha raccontato quello che sta succedendo in quella parte del continente africano: ovvero come ha fatto un gruppo che era stato dato per eliminato solo pochi anni fa a ricostruirsi ed espandersi così tanto da minacciare la sicurezza di più paesi insieme.
AQIM aveva raggiunto il culmine della sua forza quasi quattro anni fa, quando era arrivato a controllare una regione nel nord del Mali grande due volte l’Italia. Il gruppo aveva sviluppato grandi ambizioni dopo che la leadership centrale di al Qaida gli aveva riconosciuto lo status di gruppo affiliato nel 2006; da allora aveva compiuto alcuni attacchi di cui si era parlato parecchio – come quello del 2007 contro un complesso delle Nazioni Unite ad Algeri, in Algeria – ma era famoso soprattutto per i rapimenti di persone occidentali, attività che rappresentava una delle sue principali fonti di guadagno. Il declino di AQIM è iniziato quando i miliziani hanno minacciato la capitale del Mali, Bamako, molto più a sud, provocando un intervento dell’esercito francese che respinse il gruppo infliggendogli gravi perdite e costringendo i pochi superstiti a nascondersi nel deserto o ad abbandonare il paese.
Di certo c’è che gli attacchi francesi contro AQIM non colpirono Mokhtar Belmokhtar, miliziano algerino con un solo occhio e uno degli esponenti allora più noti del gruppo. Durante l’offensiva francese, Belmokhtar fondò un suo gruppo – al Mourabitoun – in competizione con il resto della leadership di AQIM. Questo gruppo fu il responsabile del sequestro di oltre 600 dipendenti di un impianto di gas in Algeria nel gennaio del 2013: un’azione di rappresaglia contro le operazioni in Mali che costò la vita a 38 ostaggi. Oltre all’intervento francese e alle divisioni interne, ci fu un altro fattore che indebolì ulteriormente AQIM: l’ascesa dello Stato Islamico. Sulla scia del declino di AQIM, molti miliziani decisero di cambiare bandiera e schierarsi con quello che sembrava un gruppo di maggior successo e con più ampie disponibilità economiche: un fenomeno che negli ultimi due anni si è verificato in molte zone dell’Africa settentrionale e del Medio Oriente. Uno degli attentatori di Parigi (uno di quelli che attaccò il Bataclan) era un ex miliziano di AQIM che aveva combattuto il jihad in Mali per poi unirsi allo Stato Islamico.
L’indebolimento del gruppo e le molte defezioni a favore dello Stato Islamico, scrive il New York Times, potrebbero essere tra i motivi che un anno fa hanno spinto i miliziani di AQIM a superare le divisioni e unire di nuovo le forze. La frattura tra Belmokhtar e AQIM è stata sanata lo scorso dicembre, quando i due gruppi hanno annunciato la loro riunione in un’unica organizzazione. L’attacco al Radisson Blue hotel di Bamako è stata la prima iniziativa del gruppo riunito, l’attacco contro un resort in Costa d’Avorio è stato il secondo. In quest’ultimo attentato, il gruppo ha anche dimostrato una nuova sensibilità comunicativa: per la prima volta la rivendicazione dell’attentato è stata tradotta in diverse lingue, tra cui il francese; una pratica iniziata dall’ISIS, un’organizzazione per il momento senza rivali per l’abilità con cui sa sfruttare la propaganda.
La rinascita di AQIM, quindi, è in parte dovuta alla concorrenza dell’ISIS, che ha costretto tutti gli altri principali gruppi estremisti a riunirsi sotto la stessa bandiera per cercare di essere “competitivi”. Tutte le organizzazioni terroristiche, infatti, competono per le stesse risorse: denaro, credibilità e reclute. E sono tutte risorse disponibili in quantità limitata. Anche il cambio di strategia ha probabilmente molto a che fare con il successo dell’organizzazione. Attaccare gli hotel frequentati da occidentali è certamente più facile che conquistare vaste estensioni di territorio e difenderle contro un moderno esercito occidentale. Scegliendo di colpire bersagli poco difesi, AQIM ha ottenuto da un lato la pubblicità necessaria a competere con l’ISIS per ottenere reclute e finanziamenti, e dall’altro è riuscita a trovare un modo di ottimizzare le sue risorse, oggi ben più scarse di quando controllava la metà di un’intera nazione.