L’ISIS e le centrali nucleari in Belgio
Negli ultimi giorni si è tornati a parlare di un interessamento dello Stato Islamico verso il materiale nucleare in Belgio: ma al momento non sembrano esserci rischi concreti
Dopo gli attentati di Bruxelles, la stampa internazionale è tornata a parlare del pericolo che lo Stato Islamico possa colpire in qualche modo le centrali nucleari belghe e altri siti del Belgio che custodiscono materiale nucleare. Il tema non è nuovo e solo pochi giorni prima degli attentati era emersa una delle prime prove concrete di un interessamento dello Stato Islamico verso gli impianti nucleari belgi: il 18 marzo la polizia aveva detto di avere trovato nella casa di Mohammed Bakkali, arrestato nel corso delle indagini sugli attacchi di Parigi, un filmato girato di nascosto in cui era ripreso un funzionario belga del dipartimento che si occupa di energia nucleare. Oggi su diversi siti di news è stata ripresa la notizia dell’uccisione di una guardia di sicurezza che lavorava in un impianto nucleare, due giorni dopo gli attentati di Bruxelles: le autorità hanno comunque smentito che l’episodio sia legato al terrorismo e hanno smentito che all’uomo fosse stato rubato il badge, come scritto da alcuni giornali.
Secondo la polizia, il filmato è stato realizzato con una telecamera nascosta davanti all’abitazione del funzionario. La telecamera sarebbe stata sistemata e poi recuperata da Khalid e Ibrahim el Bakraoui, i due fratelli che si sono fatti esplodere negli attentati di Bruxelles (uno all’aeroporto e uno nella metropolitana). La loro intenzione sembra fosse quella di rapire il funzionario e costringerlo a portare fuori del materiale nucleare dal laboratorio nel quale lavorava. Si tratta di un piano che probabilmente sarebbe fallito, visto che non è facile portare all’esterno di un sito nucleare materiale radioattivo estremamente pericoloso che in molti casi è in grado di uccidere un essere umano in pochi secondi se non viene adeguatamente schermato.
Per queste ragioni gli esperti ritengono molto difficile che un gruppo terroristico entri in possesso del materiale e delle competenze necessarie a costruire una vera e propria bomba nucleare. Un’arma del genere richiede investimenti di milioni di euro e personale altamente specializzato. Un “bomba sporca”, cioè un ordigno convenzionale ricoperto di materiale radioattivo, è più semplice da costruire. Una bomba di questo tipo genera un’esplosione convenzionale, ma sparge materiale radioattivo in grado di contaminare un’area relativamente ampia. Le “bombe sporche” non sono necessariamente più letali di quelle convenzionali, ma comportano costi maggiori per effettuare le complesse procedure di decontaminazione e possono causare un effetto psicologico sulla popolazione molto significativo.
Un pericolo ancora più concreto è quello di un sabotaggio che colpisca una centrale nucleare. Il rischio non è tanto un incidente simile a quello di Chernobyl, ma piuttosto il rischio di causare un danno tale da costringere allo spegnimento della centrale. In Belgio le due centrali nucleari attive forniscono il 50 per cento del totale di energia utilizzato nel paese. Un incidente simile si è verificato nel 2014, quando un uomo non ancora identificato (probabilmente un dipendente) era entrato nella stanza del reattore numero 4 e, ruotando una valvola, aveva svuotato un serbatoio che conteneva olio lubrificante per le turbine. L’impianto si era surriscaldato costringendo i tecnici a spegnerlo immediatamente. La riparazione dei danni era durata cinque mesi. Secondo gli investigatori è probabile che il sabotaggio fosse stato compiuto da un dipendente scontento.
Ma c’è un dettaglio particolarmente inquietante che spinge la polizia a ipotizzare anche altre piste: nel 2012 due dei tecnici dell’impianto di Dol partirono per andare a combattere in Siria: dopo aver militato in alcune brigate jihadiste si arruolarono nello Stato Islamico. Uno è stato ucciso in combattimento, mentre un altro è tornato in Belgio dove è stato arrestato e rilasciato l’anno scorso. Nel passato ci sono stati altri incidenti meno gravi, come un attacco informatico nel 2015 e un furto nel laboratorio dove è ospitato il reattore per la ricerca di Mol (ma all’epoca non venne rubato materiale radioattivo).