I pezzi mancanti delle indagini su Bruxelles
Per esempio: chi è e dove è finito l'attentatore col cappello, o come hanno fatto i terroristi a muoversi in Europa apparentemente indisturbati
Il Washington Post ha messo in fila i molti pezzi ancora mancanti delle indagini sugli attentati di Bruxelles. Finora gli investigatori belgi hanno confermato la partecipazione di quattro attentatori: tre all’aeroporto di Bruxelles (di cui due identificati e morti nel corso dell’attentato, uno non identificato e ancora ricercato: l’uomo col cappello) e uno alla stazione della metropolitana di Maalbeek (identificato e morto). Diversi giornali belgi e francesi sostengono che insieme all’attentatore della metropolitana ci fosse un altro uomo, ripreso poco prima dell’esplosione dalle telecamere a circuito chiuso: dell’uomo in questione è circolato molto un identikit, poi smentito dalla polizia. Al momento non si sa se la polizia stia effettivamente ricercando due persone o una sola: ma questa non è l’unica cosa poco chiara sulle indagini in corso.
1. Come ha fatto Ibrahim el Bakraoui a non essere fermato prima dai servizi di sicurezza?
Ibrahim el Bakraoui è uno dei due attentatori che si sono fatti esplodere all’aeroporto di Bruxelles: aveva 29 anni, era cittadino belga e secondo le autorità belghe era già noto per reati non collegati al terrorismo. Ieri però il governo turco ha dato un’informazione aggiuntiva: Ibrahim el Bakraoui era stato fermato dalle autorità turche nel giugno del 2015 mentre cercava di unirsi ai miliziani islamisti in Siria. Le autorità belghe erano state avvisate della pericolosità dell’uomo ma non era stata formalizzata contro di lui alcuna accusa. Ibrahim el Bakraoui era stato quindi estradato nei Paesi Bassi, su sua richiesta, e da uomo libero era tornato in Belgio. Reuters oggi ha scritto, citando una sua fonte, che due mesi dopo il primo arresto Ibrahim era stato fermato di nuovo dalle autorità turche mentre cercava di entrare in Siria: e di nuovo era stato estradato. Alla luce degli ultimi sviluppi su Ibrahim el Bakraoui, i ministri della Giustizia e degli Interni del Belgio hanno offerto le loro dimissioni al primo ministro Charles Michel, che però le ha rifiutate.
2. Chi è l’uomo con il cappello nero, e dov’è?
Nel video girato dalle telecamere a circuito chiuso dell’aeroporto di Bruxelles si vedono tre uomini. I due che si sono fatti esplodere sono stati identificati – si tratta di Ibrahim el Bakraoui e Najim Laachraoui – mentre del terzo, che è ancora ricercato, non si conosce l’identità (nella foto sopra è quello col cappello). La bomba che stava trasportando l’uomo sul suo carrello per i bagagli non è stata attivata, ed è stata distrutta dalle autorità con un’esplosione controllata. Il procuratore del Belgio Frederic Van Leeuw ha detto che si trattava della bomba più potente tra le tre di cui erano muniti gli attentatori.
3. Gli attentati di Bruxelles sono stati una risposta all’arresto di Salah Abdeslam?
Salah Abdeslam è considerato l’unico superstite tra gli attentatori di Parigi del 13 novembre e dopo mesi di ricerche è stato arrestato venerdì scorso in un appartamento di Molenbeek, un quartiere di Bruxelles. Abdeslam è anche sospettato di avere pianificato gli attacchi di Bruxelles e di certo conosceva alcuni degli attentatori (sempre più prove indicano che gli attentati di Bruxelles e di Parigi sono stati organizzati dalla stessa cellula terroristica franco-belga). In diversi hanno quindi ipotizzato che gli attentati di Bruxelles siano stati una specie di “ritorsione” per l’arresto di Abdeslam, e hanno commentato con sorpresa la presunta capacità dello Stato Islamico di organizzare un attentato di quelle dimensioni in così breve tempo.
Come hanno osservato diversi altri esperti, l’attacco era probabilmente già stato pianificato ma si è deciso di anticiparlo dopo l’arresto di Abdeslam. Ci sono almeno tre ragioni per pensarlo. Primo: uno degli attentatori suicidi era Laachraoui, il cosiddetto “artificiere” dello Stato Islamico in Europa. Solitamente una persona addestrata per fabbricare bombe viene considerata molto preziosa da una cellula terroristica e non viene coinvolta direttamente in un attacco suicida. Secondo: diversi funzionari belgi hanno espresso sorpresa per l’enorme quantità di esplosivo trovato negli appartamenti usati dai terroristi prima degli attacchi. Può darsi che quell’esplosivo dovesse essere usato per un attentato più esteso che non era più possibile compiere. Terzo: nella conferenza stampa di mercoledì, il procuratore Leeuw ha citato una specie di “testamento” lasciato da Ibrahim el Bakraoui abbandonato in un cestino della spazzatura vicino all’appartamento di Schaerbeek (un quartiere di Bruxelles) dal quale erano partiti i tre attentatori dell’aeroporto. La nota dice: «Sempre in fuga, senza sapere più cosa fare, ricercato ovunque, non più sicuro e rischiando di finire vicino a lui in cella se si aspetta ancora». Secondo Le Soir, il “lui” potrebbe riferirsi a Salah Abdeslam.
4. La scorsa settimana la polizia belga si è fatta sfuggire i sospettati?
La lunga fuga di Abdeslam ha spinto molti a criticare le autorità belghe per come hanno gestito le indagini sugli attentati di Parigi. Per esempio tre giorni prima dell’arresto di Abdeslam, la polizia aveva fatto una perquisizione in una casa affittata da Khalid el Bakraoui (il fratello di Ibrahim e l’attentatore della metropolitana) a Forest, un quartiere di Bruxelles. Nell’operazione era stato ucciso un uomo, mentre altri due erano riusciti a scappare dal tetto: Laachraoui – l’artificiere – e Abdeslam. Jean-Charles Brisard – presidente del Center for Analysis of Terrorism a Parigi – ha detto a riguardo: «Se quell’operazione fosse stata pianificata diversamente, i sospetti non sarebbero scappati dal tetto dell’appartamento. È una cosa folle. È una cosa che non sarebbe mai dovuta succedere».
5. Cosa ci facevano i sospetti in Ungheria a settembre?
Prima degli attentati di Parigi e di Bruxelles c’erano già state altre occasioni per arrestare alcuni degli uomini che poi hanno partecipato agli attacchi. Per esempio Abdeslam, Laachraoui e un terzo uomo – lo stesso ucciso durante la perquisizione della polizia nell’appartamento di Forest – erano stati fermati lo scorso settembre dalle autorità ungheresi sul confine tra Ungheria e Austria. I tre avevano presentato dei documenti belgi falsi ed erano stati lasciati andare. Non è chiaro quale fosse lo scopo di quel viaggio.
6. Quanti foreign fighters sono tornati dalla Siria e dall’Iraq, e come hanno fatto?
I foreign fighters sono i combattenti stranieri che vanno a combattere nella guerra siriana e irachena. Le autorità del Belgio hanno stimato che negli ultimi anni circa 500 cittadini belgi abbiano viaggiato in Siria e in Iraq per combattere il jihad (alcuni esperti, come l’analista Pieter van Ostaeyen, stimano che la cifra sia un po’ più alta: circa 560). Di questi, un centinaio sarebbe tornato in Belgio: tra loro c’era per esempio Abdelhamid Abaaoud, cittadino belga ucciso in un’operazione di polizia lo scorso novembre e che era considerato l’uomo che aveva progettato gli attentati di Parigi. Sembra che anche Laachraoui avesse viaggiato in Siria nel 2013. Non è chiaro comunque come questi foreign fighters siano riusciti poi a tornare in Europa: probabilmente la maggior parte di loro ha sfruttato il fatto di avere un passaporto europeo e le deboli comunicazioni tra le intelligence dei vari paesi dell’Unione Europea.
7. Quanti altri potenziali terroristi ci sono in Europa?
Non è chiaro. Le novità emerse dalle indagini negli ultimi due giorni fanno pensare che gli attentatori di Bruxelles e quelli di Parigi appartenessero a una sola cellula terroristica: non si sa però quanto sia estesa e quale sia la sua reale capacità di organizzare grandi attentati in un breve periodo di tempo. Ron Wainwright, direttore di Europol (l’agenzia di polizia dell’Unione Europea), ha parlato inoltre della rete di terroristi legati allo Stato Islamico che si è stabilita in Europa, facendo un po’ di chiarezza sui numeri che stanno circolando molto in queste ultime ore. Wainwright ha detto:
«È difficile sapere quanti miliziani siano attivi e coinvolti nel preparare degli attacchi in Europa, ma temiamo che una comunità di cinquemila sospetti si sia radicalizzata in Europa, che abbia viaggiato in Siria e Iraq per acquisire esperienza di guerra, e che alcuni dei suoi membri siano tornati poi in Europa. E alcuni di questi sono tra quelli che fanno chiaramente parte di una nuova strategia che il cosiddetto Stato Islamico ha lanciato in Occidente, un modo più aggressivo di usare squadre ben addestrate, terroristi ben organizzati nel compiere attacchi multipli che hanno l’obiettivo di provocare moltissimi morti e feriti»