I manager “impegnati” aiutano le loro aziende?
Le parole del capo di Apple sui matrimoni gay o di quello di Starbucks sul razzismo sembrano giovare sia alla loro immagine che al business
di Jeff Guo – Washington Post
Quando l’anno scorso gli stati americani dell’Indiana e dell’Arkansas approvarono una controversa legge che impediva di limitare i principi religiosi dei cittadini, ci furono molte proteste da parte dei gruppi per i diritti dei gay americani, secondo cui queste leggi avrebbero di fatto legalizzato le discriminazioni permettendo ai negozianti di rifiutarsi di servire i clienti gay. Al culmine delle proteste una voce inaspettata si unì al coro di proteste. «Queste leggi giustificano le ingiustizie», scrisse il CEO di Apple Tim Cook in un editoriale sul Washington Post. Cook, che è gay, nell’editoriale parlava a nome di Apple. Più o meno nello stesso periodo, un altro importante dirigente americano prese pubblicamente una posizione su un’altra vicenda: scosso dalla morte di Trayvon Martin e Michael Brown, due ragazzi neri uccisi negli ultimi anni negli Stati Uniti, il CEO di Starbucks Howard Schultz a marzo lanciò una campagna per affrontare il problema del razzismo negli Stati Uniti, invitando i baristi della sua catena a discutere dei rapporti tra le diverse etnie con i clienti.
Secondo Aaron Chatterji e Michael Toffel, due professori americani, queste iniziative hanno qualcosa in comune: sembrano incarnare una nuova forma di attivismo aziendale. «Questi CEO stanno andando consapevolmente incontro a polemiche, intervenendo in questioni controverse senza avere l’obiettivo di trarne un ritorno economico», hanno scritto l’anno scorso sulla Harvard Business Review. I professori hanno citato altri esempi, come i commenti del CEO della banca di investimento Goldman Sachs Lloyd Blankfein a sostegno dei matrimoni gay, o l’impegno della dirigente di Facebook Sheryl Sandberg contro la discriminazione di genere. Chatterji, professore associato della Duke University, e Toffe, che insegna ad Harvard, hanno già studiato in passato le strategie con cui le aziende gestiscono la loro reputazione su questioni etiche.
Negli Stati Uniti le aziende hanno una lunga tradizione di iniziative sociali. McDonald’s, per esempio, promuove un’associazione benefica che sostiene bambini malati; l’azienda petrolifera BP sottolinea spesso i suoi sforzi a favore dei diritti umani e dell’ambiente. Progetti di questo tipo però non sono totalmente altruistici. Attraverso la loro attività di cosiddetta “responsabilità sociale d’impresa”, le aziende sperano di creare un’immagine positiva che sia capace di attrarre clienti e ammorbidire i politici. I matrimoni gay e le questioni razziali però sono argomenti molto discussi negli Stati Uniti, e non è ancora chiaro se prendere posizione su questi temi riuscirà ad attrarre o respingere clienti. «La cosa nuova secondo noi è che oggi molti CEO stanno affrontando questioni controverse, in modo in gran parte disinteressato rispetto ai profitti», ha detto Chaterji. «Se fossi un imprenditore, perché dovrei allontanare una grossa fetta dei miei clienti?».
Di recente Chatterji e Toffel hanno fatto degli esperimenti online per capire quale fosse l’effetto del nuovo impegno sociale dei manager, citando l’esempio di Tim Cook e dei diritti dei gay. Anche se sui media se n’è scritto molto, l’editoriale di Cook ha davvero cambiato la posizione dell’opinione pubblica statunitense? Con il loro primo esperimento, i due professori hanno cercato di capire se è davvero possibile modificare l’opinione che le persone hanno sulla legge sulla libertà religiosa approvata in Indiana. I professori hanno chiesto di punto in bianco a un gruppo di persone cosa pensassero della legge, e circa metà del campione ha detto di sostenerla. Ad altri gruppi è stato detto invece che secondo alcune persone la legge era discriminatoria, e questa informazione ha fatto scendere il sostegno alla legge al 40 per cento. La cosa interessante è che il fatto che i ricercatori citassero o meno Tim Cook non influenzava le risposta: per far diminuire il sostegno alla legge era sufficiente sottolineare che questa avrebbe potuto legittimare la discriminazione verso i gay. La posizione del CEO di Apple non ha avuto peso.
Con il secondo esperimento, tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che l’impegno sociale di Cook non solo non danneggiava Apple, ma la favoriva. Quando hanno scoperto che il CEO di Apple si era espresso contro la legge religiosa dell’Indiana, le persone che hanno partecipato all’esperimento si sono dette più propense a comprare prodotti Apple nel prossimo futuro. Al contrario, quando i professori hanno riportato una delle posizioni morbide di Cook in materia di filosofia aziendale, l’effetto sulle intenzioni di acquisto dei partecipanti allo studio è stato limitato. Sembra quindi che l’impegno di Cook a favore dei diritti dei gay spinga le persone a comprare prodotti di Apple.
Ovviamente la sua presa di posizione si è dimostrata più efficace per far aprire i portafogli di chi già sostiene i matrimoni gay, mentre le persone contrarie non ne sono sembrate influenzate né in un senso né nell’altro. Chatterji e Toffel hanno sottolineato come il loro sia solo un esperimento su un caso recente di impegno sociale da parte del CEO di una grande azienda. I due professori hanno detto di voler esplorare il fenomeno più in profondità, studiando come i dirigenti delle grandi aziende hanno partecipato a movimenti sociali nel corso della storia, perché i nuovi CEO sembrano voler essere in prima linea e prendere posizione su temi controversi, e se le loro azioni possano allontanare alcuni clienti dalle loro aziende.
Il caso di Tim Cook dimostra almeno che le aziende potrebbero beneficiare dall’impegno dei propri manager su temi delicati. Anche se le sue osservazioni non sono servite a far cambiare idea all’opinione pubblica, Cook è riuscito ad attirare attenzione sul dibattito. Ma soprattutto il suo impegno ha fatto parlare di Apple, ricordando a molte persone di comprare di più i suoi prodotti.
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