Gli ultimi ebrei dello Yemen
Sono arrivati in Israele domenica con un volo segreto, in fuga dalla guerra civile e dalle persecuzioni: sono tra gli ultimi membri di una comunità vecchia 2.000 anni
Nella notte tra domenica e lunedì, 19 ebrei dello Yemen sono arrivati all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, portati al sicuro grazie a un’operazione segreta organizzata dalla Jewish Agency, un’organizzazione non profit che si occupa di facilitare il ritorno degli ebrei in Israele. «È un momento storico per Israele e per l’aliyah», ha detto Natan Sharansky, presidente dell’agenzia. Aliyah è il termine usato in Israele per indicare il ritorno degli ebrei in quella che considerano la loro terra promessa. Tra la 19 persone c’erano anche diverse donne e bambini, oltre al rabbino di Raydah, una città poco lontana dalla capitale Sana’a. Il rabbino ha portato con sé una copia della Torah che si ritiene sia vecchia di 500 anni. Ora la comunità ebraica in Yemen è ridotta agli ultimi 50 membri che hanno preferito non partire. Quaranta di loro vivono nella capitale Saan’a, in un piccolo quartiere recintato vicino all’ex ambasciata americana.
Nello Yemen viveva una volta una delle più antiche comunità ebraiche del mondo, fondata duemila anni fa, che è arrivata a contare più di 50 mila membri a metà del secolo scorso. Ma negli anni della fondazione dello stato di Israele, subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, i gruppi religiosi musulmani più radicali e una parte delle autorità yemenite divennero sempre più intolleranti alla loro presenza. Ci furono massacri e saccheggi nel 1947 e nel 1948, e decine di ebrei yemeniti furono uccisi. Tra il giugno del 1949 e il settembre del 1950 il governo israeliano decise di riportare in Israele tutti quegli ebrei che non si sentivano più al sicuro nel paese. Nel corso dell’operazione “Tappeto magico” 380 voli aerei segreti, compiuti dall’aviazione americana e britannica, trasportarono in Israele più di 49 mila persone.
L’emigrazione e il declino naturale portarono la popolazione ebraica residente in Yemen a ridursi ulteriormente, fino a che, alla fine del secolo scorso, nel paese erano rimasti in tutto 300 ebrei. Dopo un lungo periodo di relativa calma, a partire dal 2008 la loro situazione tornò a farsi precaria. In quell’anno fu ucciso Ya’ish Nahari, un insegnante di Raydah. Nel 2012 venne ucciso poi Aharon Zindani, marito e padre di due degli ebrei trasportati in Israele domenica scorsa. Secondo la Jewish Agency, nella stessa occasione una bambina ebrea venne rapita, convertita forzosamente all’islam e sposata a un musulmano. Con le rivolte della primavera araba, nel 2011, e poi con l’inizio della guerra civile nel 2015, la situazione per gli ebrei yemeniti è peggiorata ulteriormente e la Jewish Agency ha ricominciato i suoi voli segreti.
Nel comunicato diffuso oggi, l’agenzia ha detto di aver trasportato in Israele 200 ebrei yemeniti nel corso degli ultimi anni. La notizia dei voli aerei non è stata diffusa prima per ragioni di sicurezza. Gli ebrei in Yemen sono un bersaglio sia delle prediche dei leader musulmani più radicali che dei membri di “Al Qaida nella penisola arabica”, l’organizzazione terroristica locale affiliata ad al Qaida. Gli Houthi, la milizia ribelle sciita che ha conquistato la capitale e gran parte del paese, sono apertamente antisemiti: tra i loro slogan usano spesso frasi che inneggiano alla distruzione di Israele e degli ebrei.
La Jewish Agency ha dichiarato che il trasferimento è stato organizzato con la collaborazione di funzionari del dipartimento di Stato americano e “autorità locali”. Non è chiaro se questo significhi che gli Houthi, che controllano la capitale, abbiano contribuito all’operazione o se vi abbiano preso parte le altre autorità che si contendono il paese. Per il momento gli ebrei rimasti in Yemen si trovano sotto la protezione delle autorità locali, cioè delle milizie Houthi, ma non gli è permesso praticare funzioni religiose. La Jewish Agency ha dichiarato che è pronta a fornire assistenza a tutti gli ebrei che in futuro vorranno lasciare il paese.