Il “Super Sunday” africano
Oggi si vota in sei paesi africani, tra complotti per avvelenare i presidenti, divieti di circolare con mezzi a motore ed elezioni tutto sommato normali
Oggi in Africa è una specie di “Super Sunday“, una domenica in cui si vota in diversi stati. Ci sono le elezioni presidenziali in Congo-Brazzaville, Niger, Zanzibar e Benin, c’è un importante referendum in Senegal e ci sono le elezioni parlamentari a Capo Verde. Alcune di queste elezioni sono delle messe in scena piuttosto curiose, altre sono però elezioni per davvero, che mostrano come anche in Africa ci siano paesi che negli ultimi anni sono riusciti a rimanere stabili e a produrre un’alternanza democratica.
Congo-Brazzaville
Non è facile avere dettagli sul voto in corso nel piccolo paese dell’Africa centrale, perché il presidente Denis Sassou Nguesso, al potere dal 1979 (con una piccola pausa tra il 1992 e il 1997), ha ordinato la chiusura di tutte le telecomunicazioni per evitare “pubblicazioni illegali dei risultati”. Oggi in Congo-Brazzaville non funzionano internet, i telefoni fissi e i cellulari, tranne quelli satellitari. Il presidente ha vietato anche l’uso di veicoli a motore per tutta la durata del voto. Nguesso è stato accusato di corruzione e di possedere ville ed estese proprietà in Francia. L’ex generale Jean-Marie Michel Mokoko, fino allo scorso febbraio uno dei principali consiglieri del presidente, è considerato il candidato con più possibilità di battere Nguesso – sempre che il voto si svolga regolarmente. Il fatto che sabato sera Mokoko sia stato convocato dalla polizia in un commissariato locale non lascia ben sperare.
Niger
In Niger, dove si vota per le elezioni presidenziali, il candidato dell’opposizione Hama Amadou si trova al momento in un ospedale in Francia. Era stato arrestato a novembre con l’accusa di traffico di bambini. In prigione la sua salute è peggiorata e una settimana fa è stato trasferito a Parigi per ricevere cure mediche. Al primo turno delle elezioni, che si è svolto lo scorso febbraio, Amadou aveva ottenuto il 17 per cento dei voti, mentre il presidente in carica Muhamadou Issoufou aveva raggiunto il 48 per cento dei consensi. L’opposizione ha deciso di boicottare le elezioni e la presenza ai seggi, riportano gli inviati sul posto, è molto scarsa.
Benin
Anche nel vicino Benin si vota per il secondo turno delle presidenziali e sembra che il voto in questo caso sarà un po’ più regolare. Ad affrontarsi sono Lionel Zinsou, ex banchiere e attuale primo ministro che al primo turno ha ottenuto il 28 per cento dei voti, e Patrice Talon, un importante imprenditore del cotone che ha ottenuto il 25 per cento dei voti (l’attuale presidente, Boni Yayi, non si è potuto candidare perché ha già svolto i due mandati previsti dalla Costituzione). Una nota di colore di queste elezioni è che nel 2012 Talon fu accusato di aver organizzato un complotto per avvelenare il presidente. Talon scappò in Francia per sfuggire all’arresto. È ritornato in Benin solo lo scorso anno, dopo avere ricevuto il perdono presidenziale.
Zanzibar
L’arcipelago di Zanzibar è una regione autonoma della Tanzania, con un suo parlamento e un suo presidente. I due candidati alle elezioni presidenziali di oggi sono Ali Mohamed Shein, attuale presidente in carica e rappresentante del partito Chama Cha Mapinduzi (al potere anche nel governo centrale della Tanzania); e Seif Sharif Hamad, il candidato del Fronte Civico Unito (CUF). Oggi a Zanzibar sono stati impiegati molti agenti di polizia, visti gli scontri che c’erano stati lo scorso ottobre in seguito all’annullamento di un’altra tornata elettorale: in quell’occasione Hamad aveva sostenuto di avere vinto le elezioni e aveva chiesto ai suoi sostenitori di boicottare il voto di oggi. Anche qui gli inviati esteri segnalano che ai seggi non si vedono grandi folle.
Senegal
In Senegal si vota per un referendum costituzionale che, tra le altre cose, metterà un limite di due mandati alla carica di presidente della Repubblica e accorcerà la sua durata da sette a cinque anni, una norma che le opposizioni chiedono da anni: un fatto insolito in un continente dove molti leader cercano il modo di estendere i loro mandati anziché ridurli. Il Senegal è considerato uno dei paesi più stabili e democratici dell’Africa occidentale. Il limite introdotto con la nuova Costituzione, però, entrerà in vigore dalle prossime presidenziali e quindi non impedirà all’attuale presidente, Macky Sall, fino al 2019, invece che fino al 2017, se il mandato accorciato valesse anche per lui. Per questa ragione, molti critici e commentatori ritengono che il referendum sarà più un test della popolarità di Sall, piuttosto che un voto sulla nuova Costituzione.
Capo Verde
Nel piccolo arcipelago a 500 chilometri dalle coste dell’Africa occidentale, dove abitano appena 500 mila persone, da più di 40 anni la politica locale è dominata da due partiti: il Partito Africano per l’Indipendenza di Capo Verde, che oggi esprime il primo ministro, e il Movimento per la Democrazia, a cui appartiene il presidente della Repubblica. Oggi gli abitanti delle dieci isole che formano l’arcipelago votano per rinnovare il parlamento. Capo Verde è considerato uno dei paesi più stabili dell’Africa, con un’alternanza democratica rara nel continente, una stampa libera e una quasi totale assenza di violenza politica.