Sei ore di sonno al giorno sono abbastanza?
È una questione infinita, lo sappiamo: ma ci sono diversi indizi sul fatto che nel medio periodo dormire sei ore a notte sia come non dormire
Nell’estate del 2015 il New Yorker pubblicò una serie di articoli sul sonno, citando studi e ricerche scientifiche sul fatto che si dorme sempre meno e aggiungendo nuovi elementi a un dibattito che vede sostanzialmente divisi i sostenitori delle classiche otto ore da quelli che ritengono ne bastino meno. Di solito i sostenitori del dormire poco identificano in sei ore il tempo necessario per recuperare le energie, ma la teoria si scontra per lo meno con uno studio di qualche anno fa, che vale la pena ripescare per farsi un’idea di quanto siamo complicati anche quando si tratta di chiudere gli occhi per un po’ di riposo.
Secondo la ricerca, realizzata nel 2003 presso la University of Pennsylvania School of Medicine di Philadelphia (Stati Uniti), sei ore di sonno al giorno non sono sufficienti e in alcuni casi equivalgono a non dormire affatto. Lo studio coinvolse 48 volontari cui fu assegnato il compito di dormire per un massimo di quattro, sei od otto ore per notte per due settimane. I ricercatori chiesero inoltre a un gruppo di partecipanti di non dormire affatto per tre giorni di fila, per confrontare il loro grado di stanchezza con quello degli altri volontari.
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L’esperimento fu condotto in laboratorio, in modo da tenere sotto controllo il maggior numero possibile di variabili, e naturalmente il comportamento dei volontari, che da svegli furono sottoposti a test di vario tipo ogni due ore per valutare le loro capacità cognitive in rapporto al numero di ore dormite. A ogni partecipante fu chiesto di descrivere il proprio umore e sintomi insoliti, nel caso ne avessero riscontrati. Alcuni risultati della ricerca confermarono le ipotesi iniziali dei ricercatori, altri furono sorprendenti.
Il gruppo delle otto ore di sonno al giorno fu quello che se la cavò meglio, ottenendo una media più alta in tutti i test realizzati per verificare il grado di reattività e le capacità di concentrazione. I volontari cui fu chiesto di dormire solo quattro ore per notte ottennero risultati molto bassi, mentre quelli delle sei ore di sonno se la cavarono abbastanza bene, ma solo nei primi dieci giorni dell’esperimento. Nelle ultime giornate, i test cognitivi sui volontari delle sei ore furono molto negativi e paragonabili a quelli del gruppo cui era stato chiesto di non dormire per tre giorni filati. La riduzione delle prestazioni cognitive si verificò anche per il gruppo delle quattro ore, ma come prevedibile si presentò prima.
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I ricercatori notarono inoltre che i membri del gruppo delle sei ore tendevano a sottostimare il loro grado di stanchezza, nonostante i test cognitivi indicassero un sensibile calo nella loro capacità di concentrarsi e svolgere alcuni compiti. Mentre i volontari cui era stato chiesto di non dormire per tre giorni segnalarono livelli di stanchezza crescenti, fino a due volte superiori rispetto all’inizio del test, quelli delle sei ore indicarono un aumento della stanchezza di un solo livello, benché i test indicassero prestazioni paragonabili a quelle delle persone che non avevano dormito del tutto. Insomma, chi dormiva sei ore per notte a un certo punto era stanco e poco lucido come quelli che non avevano dormito affatto, ma non se ne accorgevano: l’ipotesi è che consciamente o inconsciamente si tenda a negare di essere stanchi quando si è dormito un numero di ore ritenuto sufficiente, anche se in realtà non lo è.
Come ricordano su Fast Company, la ricerca di Philadelphia sembra confermare una caratteristica scoperta in altri studi: ognuno di noi tende a sovrastimare il numero di ore che ha trascorso dormendo. Uno studio del 2008 scoprì che buona parte delle persone è convinta in media di avere dormito 48 minuti in più di quanto in realtà abbia fatto. I ricercatori notarono anche che per ogni ora dormita oltre le prime sei, la maggior parte delle persone tende a sovrastimare il tempo trascorso a letto di almeno mezz’ora. Questo significa che molte persone convinte di dormire sette ore per notte, in realtà non vanno oltre le sei ore. Le cause possono essere molteplici e comprendono andare a letto più tardi del previsto, rimuovendo però inconsciamente il ritardo, impiegare molto tempo per addormentarsi o avere numerosi risvegli notturni.
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Altri studi si sono occupati della parziale privazione di sonno nel lungo periodo, ma i risultati dello studio di Philadelphia indicano più efficacemente di altri quanto sia rilevante il fenomeno. Il problema più grande è legato alla percezione da parte di ognuno del sentirsi riposato, anche se in realtà non lo è a causa delle poche ore dormite, con una conseguente riduzione delle capacità cognitive. La stanchezza di questo tipo può essere pericolosa, soprattutto se si fanno lavori dove sono necessari buoni riflessi o la capacità di mantenere a lungo la concentrazione.
Gli studi sul sonno sono innumerevoli e negli ultimi anni si è discusso molto, nella comunità scientifica e non solo, su quale sia il numero ideale di ore da dormire ogni giorno per mantenersi in forma e riposati. Molte ricerche fissano un valore medio intorno alle 8 ore, ma altri studi ipotizzano che 7 siano sufficienti. In realtà un dato medio non offre molte informazioni: ognuno ha i propri ritmi e dorme diversamente, c’è chi si riposa più rapidamente e chi no, chi ha bisogno di riposare anche a metà giornata e chi dorme solo di notte, chi fraziona il sonno durante la giornata e via discorrendo.
Negli anni i consigli di medici ed esperti per riposare meglio sono rimasti sostanzialmente invariati, e spesso sono legati al buon senso più che ad altro: andare a dormire sempre alla stessa ora, non usare dispositivi elettronici con schermi luminosi nella mezzora prima di andare a letto, evitare l’uso di alcol che rende assonnati ma non aiuta il riposo, non mangiare cibi pesanti prima di coricarsi, fare esercizio fisico regolarmente e pensare a cose piacevoli prima di addormentarsi.
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