Il comizio di Donald Trump finito male
O meglio, mai iniziato: si doveva tenere ieri a Chicago ma è stato sospeso per alcuni scontri tra i suoi sostenitori e i suoi oppositori
Venerdì 11 marzo a Chicago, negli Stati Uniti, ci sono stati diversi scontri nel luogo dove era in programma un comizio del candidato Repubblicano alla presidenza Donald Trump: gli scontri sono avvenuti fra suoi sostenitori e persone arrivate lì per protestare contro Trump. Il comizio di Trump doveva iniziare alle 18 allo UIC Pavilion, un palazzetto dell’Università di Chicago con circa 10mila posti a sedere, ma è stato annullato per una decisione dello stesso Trump. Nel corso della serata sono state arrestate cinque persone. L’edizione americana del Guardian ha scritto che si sono viste «scene di caos e violenza senza precedenti nella storia recente delle campagne politiche americane».
Chicago è una città notoriamente Democratica, dove la popolazione locale è equamente divisa in tre parti fra bianchi, ispanici e afroamericani: in molti temevano che al comizio di Trump – che in questi mesi di campagna elettorale sta utilizzando una retorica di destra molto radicale – ci potessero essere massicce manifestazioni di protesta.
Già alcune ore prima dell’inizio del comizio centinaia di manifestanti si erano riuniti fuori dal palazzetto con striscioni anti Trump. Una volta dentro al palazzetto, i sostenitori di Trump e i manifestanti si sono scontrati e spintonati. La polizia ha cercato di scortare fuori dal palazzetto alcuni gruppi di manifestanti, ma molti sono riusciti a rimanere dentro e a continuare la protesta. Scrive il Washington Post:
In una zona del palazzetto piena di manifestanti, un uomo afroamericano ha strappato in due un cartello pro Trump e ha silenziosamente tenuto in alto i due pezzi. Un giovane ispanico ha urlato verso un gruppo di partecipanti al comizio, mostrandogli il dito medio. Un piccolo gruppo di donne ha urlato ripetutamente «fanculo Trump!».
Alle 18.35 un portavoce di Trump si è presentato sul palco spiegando che «dopo essersi consultato con le forze dell’ordine, Trump ha deciso che per la sicurezza di tutti […] il comizio di oggi sarà rinviato» (la polizia di Chicago ha negato di essere stata coinvolta nella decisione). Dopo l’annuncio, i due gruppi di persone hanno iniziato a spintonarsi, mentre la polizia ha fatto molta fatica a mantenere il controllo della situazione.
Un gruppo di manifestanti ha fatto dei cori citando il candidato Democratico Bernie Sanders, altri si sono messi a cantare “We gonna be alright”, un coro di solito associato alle proteste degli attivisti afroamericani.
#TrumpRally protesters chant "We gonna be alright" after announcement of a Trump no-show. pic.twitter.com/FXce08oWzI
— Chicago Reader (@Chicago_Reader) March 12, 2016
La situazione non si è risolta nemmeno all’uscita del palazzetto, dove si trovavano già altri manifestanti anti Trump. Un gruppo di loro si è anche sdraiato in mezzo alla strada per impedire che le macchine dei partecipanti al comizio potessero uscire dal parcheggio del palazzetto.
(Jonathan Gibby/Getty Images)
Gli altri candidati Repubblicani alla presidenza hanno associato gli episodi di violenza avvenuti a Chicago alla retorica politica di Trump. Ted Cruz, senatore texano e uno dei candidati più conservatori rimasti in corsa, ha spiegato ad esempio che «ciascun candidato è responsabile per il tenore della propria campagna. E quando hai una campagna che insulta gli elettori, e che incoraggia apertamente la violenza, crei un ambiente che incoraggia questi discorsi scorretti».