Per cosa è stato prosciolto Ercole Incalza
Il dirigente del Ministero delle Infrastrutture arrestato l'anno scorso per un'inchiesta sulla corruzione negli appalti è uscito da un precedente processo
Ercole Incalza, ex dirigente del ministero delle Infrastrutture e Trasporti (prima era dei Lavori Pubblici), è stato prosciolto dal giudice dell’udienza preliminare di Firenze Alessandro Moneti dalle accuse di un’inchiesta relativa alla TAV di Firenze: l’inchiesta è legata a un’indagine partita dalla procura di Firenze nel gennaio 2013 e non coincide (nonostante sui giornali e siti che hanno dato la notizia non sia molto chiaro) con un’indagine più famosa del 2015 per cui Incalza, insieme ad altre tre persone, venne arrestato. Le due cose sono comunque collegate. Quella di ieri è la quindicesima volta che Incalza viene assolto o prosciolto in altrettanti procedimenti giudiziari che hanno sempre avuto a che fare con cantieri di grandi opere e alta velocità: in diversi casi i reati di cui era accusato erano caduti in prescrizione.
Ettore Incalza venne nominato nel 2001 capo della segreteria tecnica di Pietro Lunardi nel secondo governo Berlusconi, e poi è rimasto al ministero delle Infrastrutture per quattordici anni durante sette diversi governi e cinque ministri. Con il ministro Altero Matteoli venne promosso “capo della struttura tecnica di missione” (responsabile, cioè, della programmazione del ministero stesso), confermato da Corrado Passera (governo Monti) e Maurizio Lupi (governo Letta e governo Renzi).
Nel gennaio del 2013, quando era a capo della struttura tecnica di missione, Incalza – insieme ad altre 35 persone – venne iscritto nel registro degli indagati per un appalto legato alla costruzione della TAV di Firenze. Le accuse contro gli indagati erano a vario titolo truffa, corruzione, associazione a delinquere, traffico illecito di rifiuti, violazione delle norme paesaggistiche, abuso d’ufficio e frode nelle pubbliche forniture. Incalza, in particolare, venne accusato di essersi «prodigato per bypassare vincoli e autorizzazioni paesaggistici, anche attestando nelle varianti al progetto che non fosse necessaria una nuova valutazione di impatto ambientale, con riferimento allo scavo del tunnel vicino a monumenti come la Fortezza da Basso». Con Incalza vennero accusati anche Giuseppe Mele, dirigente del ministero delle Infrastrutture, e Maria Rita Lorenzetti, ex presidente della Regione Umbria e presidente dell’Italferr (società di progettazione del gruppo Ferrovie).
Giovedì 10 marzo il giudice dell’udienza preliminare di Firenze Alessandro Moneti ha prosciolto da tutte le accuse Ercole Incalza e Giuseppe Mele «per non aver commesso il fatto». E ha deciso invece di procedere nei confronti Maria Rita Lorenzetti pur prosciogliendola da alcune imputazioni. Il processo contro Lorenzetti, e contro altre 20 persone imputate su 33 per cui la procura aveva chiesto un giudizio, comincerà il prossimo 16 dicembre.
È stato proprio da questa prima indagine e dalle intercettazioni ottenute in quell’occasione dalla procura di Firenze che nel 2015 nacque una seconda indagine, resa spettacolarmente pubblica quando Incalza venne arrestato e passò 19 giorni in carcere e tre ai domiciliari, revocati nel giugno del 2015. Insieme a Incalza erano stati arrestati anche il funzionario del ministero e collaboratore di Incalza Sandro Pacella e gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo, presidente del Consiglio di Amministrazione di Centostazioni Spa, società del gruppo Ferrovie dello Stato. Tra i reati contestati c’erano la corruzione, l’induzione indebita e altre violazioni relative alla pubblica amministrazione. L’inchiesta aveva portato alle dimissioni da ministro delle Infrastrutture e Trasporti Maurizio Lupi: non era coinvolto dal punto di vista giudiziario ma era vicino a Incalza e ad altre persone che erano state accusate di corruzione e sospettato di essere coinvolto in un sistema di favori. Per questa inchiesta, la procura di Firenze non ha ancora formulato una richiesta di rinvio a giudizio.