C’è una nuova terapia per il cancro al seno?
Prevede l'assunzione di due farmaci di solito somministrati separatamente: si è rivelata molto efficace, e in futuro potrebbe affiancare o sostituire l'operazione chirurgica
Due farmaci utilizzati in combinazione possono ridurre o eliminare un tipo di cancro al seno in circa 11 giorni, almeno secondo i risultati di un test clinico condotto di recente nel Regno Unito che potrebbe portare a una nuova terapia più efficace e meno invasiva per questo tipo di malattia. I due medicinali, già utilizzati separatamente da tempo, sono stati sperimentati assieme nell’ambito di un test che ha coinvolto 257 donne e i risultati hanno sorpreso gli stessi ricercatori. Il loro obiettivo era di valutare come i due farmaci modificassero il tumore nei pochi giorni tra l’inizio della loro somministrazione e l’intervento chirurgico per rimuoverlo, ma in molti casi all’avvicinarsi dell’operazione hanno notato che le tracce del cancro in alcuni pazienti erano scomparse.
Il test clinico è stato eseguito da un gruppo di ricerca della Manchester University in collaborazione con lo University Hospital of South Manchester e con l’Istituto per la ricerca sul cancro del Regno Unito. I suoi risultati sono stati presentati di recente alla Conferenza europea sul cancro al seno, che si conclude oggi ad Amsterdam, nei Paesi Bassi. Lo studio ha riguardato 257 pazienti risultate positive ai test sul cancro di tipo HER2. In attesa dell’operazione per rimuovere il tumore, il gruppo è stato “randomizzato”, in modo da dividerlo casualmente in tre sottoinsiemi: uno con pazienti trattate con un farmaco che si chiama trastuzumab (Herceptin) contro il carcinoma mammario avanzato (cioè il cancro al seno), un secondo con il farmaco lapatinib (Tykerb) sempre contro il cancro al seno, e infine un gruppo di controllo cui non è stato somministrato alcun tipo di trattamento.
A circa metà del test, i ricercatori hanno deciso di cambiare alcune cose e di somministrare al secondo gruppo non solo il lapatinib, ma anche il trastuzumab. La decisione è derivata dal fatto che ricerche precedenti avevano ipotizzato una maggiore efficacia nel caso in cui si utilizzino entrambi. Il cambiamento ha portato a risultati inattesi e definiti sorprendenti dai ricercatori: tra le donne che hanno ricevuto entrambi i farmaci, solo il 17 per cento ha mostrato di avere ancora un tumore residuo – inferiore fra l’altro ai 5 millimetri di diametro – e in un 11 per cento dei casi non è stata riscontrata alcuna traccia biologica di tumore al seno. I miglioramenti si sono verificati in poco più di 10 giorni, un risultato molto promettente in vista di una revisione delle terapie per HER2.
Il ricercatore Nigel Bundred, che alla Conferenza ha presentato i risultati, ha detto che “si tratta di una scoperta con grandi potenzialità perché ci consente di identificare un gruppo di pazienti che, entro 11 giorni, ha assistito alla scomparsa del tumore con una sola terapia anti-HER2 e che potenzialmente potrebbe non avere bisogno in seguito della chemioterapia. Questo ci dà la possibilità di impostare un trattamento per ogni singola donna”.
Saranno necessari ulteriori test per verificare l’efficacia della combinazione dei due farmaci, con le conseguenti autorizzazioni da parte delle autorità sanitarie. I prossimi studi verificheranno su un campione più ampio di pazienti l’efficacia del sistema, che potrebbe un giorno affiancarsi o sostituire quello più invasivo che richiede un’operazione per asportare il tumore. Dovranno essere anche approfonditi gli effetti collaterali, che in alcuni casi sono visibili solamente a lungo termine.
Il tumore al seno interessa mediamente una donna su otto nell’arco della vita, ed è il più frequente: rappresenta circa un terzo di tutti i tumori che riguardano le donne. Grazie alla mammografia, che consente di eseguire una diagnosi precoce se eseguita con regolarità ogni due anni dalle donne sopra i 50 anni, il tumore può essere identificato nei suoi primi stadi in modo da avviare le terapie necessarie per contenerlo e rimuoverlo, prima che possa causare gravi danni. Oltre alla mammografia, la cui frequenza può variare su consiglio del medico a seconda delle condizioni di ogni paziente e della storia familiare, gli esperti consigliano di eseguire l’autopalpazione per individuare eventuali cambiamenti sospetti nel volume del seno.