Sanders ha vinto in Michigan, a sorpresa
È la notizia più importante delle primarie americane di stanotte, ma ce ne sono altre: in Mississippi ha stravinto Clinton, mentre tra i Repubblicani è andato ancora bene quello lì
Martedì 8 marzo si è tenuto un altro giro delle primarie con cui il Partito Democratico e il Partito Repubblicano statunitense stanno scegliendo i loro candidati alla presidenza per le elezioni dell’8 novembre: lo scrutinio è finito in alcuni stati ed è ancora in corso in altri. Il Partito Democratico votava in Mississippi e in Michigan, e ha avuto il risultato più sorprendente della serata: in Michigan il senatore Bernie Sanders ha battuto di poco Hillary Clinton, nonostante fosse dato indietro di 20 punti dai sondaggi. Tra i Repubblicani, invece, Donald Trump ha consolidato il suo vantaggio.
Cosa è successo tra i Democratici
Lo stato più importante e popoloso in cui votavano i Democratici era il Michigan, e Hillary Clinton era data per certa della vittoria: i sondaggi le davano in media 20 punti di vantaggio e Nate Silver, famoso e affidabile giornalista e statistico americano, aveva scritto che secondo il suo algoritmo Clinton aveva oltre il 99 per cento di possibilità di vincere. Invece ha vinto Bernie Sanders con il 50 per cento dei voti, contro il 48,1 per cento di Hillary Clinton (e i giornali usano espressioni come “stunning upset”, “rovesciamento sbalorditivo”). Il metodo proporzionale di collegio con cui sono assegnati i delegati, però, secondo Politico attribuirà a Clinton 68 delegati, contro i 65 di Sanders.
In Mississippi invece i pronostici sono stati rispettati: Clinton ha stravinto, come ha fatto fin qui negli stati del sud. Clinton ha ottenuto l’82,6 per cento dei voti, che si tradurranno in 32 delegati, contro il 16,5 per cento di Sanders, che gli varranno 5 delegati. Sul fronte dei delegati, quindi, con le primarie di stanotte Clinton ha allargato il suo vantaggio, che già oggi è più ampio di quanto nelle primarie del 2008 sia stato in qualsiasi momento il vantaggio di Barack Obama su di lei: data la distribuzione proporzionale dei delegati, la grandissima parte degli analisti ed esperti crede che una rimonta di Sanders sia ormai difficilissima. Per farcela Sanders dovrebbe vincere nella maggioranza degli stati in cui si deve ancora votare e soprattutto dovrebbe farlo con un largo margine.
La vittoria sorprendente di Sanders in Michigan però mostra lo stato di salute della sua campagna elettorale e la sua capacità di ottenere ottimi risultati anche in stati più grandi e variegati di quelli piccoli e a larga maggioranza bianca in cui Sanders era andato bene fin qui. Sanders è andato male tra gli elettori afroamericani anche in Michigan, ma molto meno che altrove (ha avuto il 30 per cento dei voti degli elettori neri, contro il 10-20 degli stati in cui si era già votato); e il fatto che abbia ottenuto un risultato così positivo in uno stato dove è molto influente l’industria dell’auto – con la relativa classe operaia – ha mostrato che molti Democratici sono attratti da un messaggio politico più radicale di quello offerto da Hillary Clinton. Questi elementi mettono parzialmente in discussione la posizione di netta favorita di Hillary Clinton al prossimo importantissimo giro di primarie, quando il 15 marzo si voterà in Florida, Illinois, Ohio, Missouri e North Carolina: stati grandi, influenti, popolosi e ricchi di delegati da assegnare.
Il discorso di Bernie Sanders dopo la vittoria in Michigan.
Cosa è successo tra i Repubblicani
I risultati delle primarie dei Repubblicani sono più semplici da leggere: è andato di nuovo molto bene Donald Trump, da settimane indiscutibilmente favorito per la vittoria della nomination. Trump ha vinto le importanti primarie del Michigan con il 36,5 per cento dei voti, seguito da Ted Cruz con il 24,9 per cento, John Kasich con il 24,3 per cento e Marco Rubio con il 9,3 per cento.
Oltre alla sua posizione di favorito, il risultato del Michigan conferma che Trump continua ad approfittare del fatto che non ha un unico sfidante: i soli Cruz e Kasich insieme hanno ottenuto quasi il 50 per cento dei voti. Anche il secondo posto di Cruz su Kasich è una buona notizia per Trump: Cruz è un senatore dalle posizioni molto estremiste che è andato benino fin qui – si è votato soprattutto negli stati conservatori del sud – ma difficilmente potrebbe vincere alle importanti primarie del 15 marzo in Florida e Ohio; John Kasich invece è il moderato governatore dell’Ohio, dovrà vincere a tutti i costi in Ohio il 15 marzo e sperava che le primarie del Michigan gli facessero un po’ da trampolino.
L’ultima buona notizia della serata per Trump è il crollo di Marco Rubio, senatore della Florida che era sembrato a un certo punto il suo più pericoloso sfidante e lo ha attaccato duramente negli ultimi dibattiti televisivi. Rubio ha avuto un andamento altalenante fin qui alle primarie ma il deludentissimo risultato ottenuto in Michigan ne mette forse definitivamente in discussione le possibilità di vittoria.
Il discorso di Trump dopo la vittoria. È stato molto lungo e i network televisivi lo hanno trasmesso per intero, tra le proteste degli altri candidati che hanno parlato di “pubblicità gratuita” e i cui discorsi sono stati coperti dal suo.
Nelle altre primarie della serata, Donald Trump ha vinto anche in Mississippi con il 47,3 per cento dei voti, seguito da Ted Cruz con il 36,3 per cento, John Kasich con l’8,8 per cento e Marco Rubio con il 5,1 per cento. In Idaho ha vinto Cruz con il 44,9 per cento, seguito da Trump con il 28 per cento, Rubio con il 16,5 e Kasich con il 7,4 per cento. Alle Hawaii lo scrutinio è ancora in corso, Trump al momento è in vantaggio.
Sul fronte dei delegati, i risultati di stanotte permettono a Trump di allargare il suo vantaggio; e allontanano in modo forse definitivo Marco Rubio. I risultati del 15 marzo tra i Repubblicani però potranno avere un grande impatto, perché da lì in poi i delegati saranno assegnati con metodo maggioritario: chi prenderà un voto in più, stato per stato, si porterà a casa tutti i delegati di Florida, Illinois, Missouri e Ohio. Per gli sfidanti di Trump, potrebbero essere abbastanza da rimontare tutto lo svantaggio accumulato fin qui; per Trump, invece, potrebbe essere l’occasione per chiudere definitivamente la partita.