Negli Stati Uniti la legalizzazione della marijuana ne ha diminuito il commercio illegale
L'importazione dal Messico è diminuita molto, così come anche il prezzo e i profitti per i cartelli, che si stanno spostando su altri mercati
di Christopher Ingraham – Washington Post
Forse la legalizzazione della marijuana negli Stati Uniti sta ottenendo un risultato che la decennale guerra alla droga non è riuscita a raggiungere: colpire i profitti dei cartelli della droga messicani. Gli ultimi dati della Border Patrol, la polizia di frontiera americana, indicano che l’anno scorso i sequestri di marijuana lungo il confine sudoccidentale degli Stati Uniti hanno registrato il livello più basso da almeno dieci anni. Gli agenti americani al confine hanno fermato oltre 680 tonnellate di marijuana, mentre nel 2009 i sequestri avevano raggiunto un livello record di oltre 1.800 tonnellate.
I dati rafforzano i molti resoconti sulle difficoltà incontrate dai coltivatori di marijuana messicani a causa della maggiore concorrenza degli Stati Uniti. Con l’aumento della produzione di marijuana in stati come la California, il Colorado e Washington – dove la vendita e il consumo di marijuana sono regolamentati e legali – i prezzi sono diminuiti, soprattutto per grandi quantità. «Fino a due o tre anni fa un chilo di marijuana valeva dai 60 ai 90 dollari», aveva raccontato nel dicembre 2014 un coltivatore di marijuana messicana a NPR news, «mentre ora ci pagano dai 30 ai 40 dollari al chilo. È una bella differenza: se gli Stati Uniti continueranno a legalizzare la marijuana ci porteranno al fallimento». E non è solo il prezzo: i coltivatori messicani faticano a competere anche sulla qualità. Secondo la “Valutazione sul pericolo nazionale della droga” del 2015 della DEA, l’agenzia federale anti-droga americana, «la qualità della marijuana prodotta in Messico e nei Caraibi è considerata inferiore rispetto a quella prodotta internamente negli Stati Uniti o in Canada. Le relazioni delle forze dell’ordine indicano che i cartelli messicani stanno tentando di migliorare la qualità della loro marijuana per tenere il passo della domanda americana».
Se i dati sul calo dei sequestri al confine sono indicativi, sembrerebbe che i coltivatori messicani fatichino a competere non solo sul prezzo e sulla qualità ma anche con la produzione americana, come iniziano a credere anche alcune autorità federali. A fronte della diminuzione dei sequestri, l’anno scorso il direttore dell’Ufficio per le politiche nazionali sul controllo delle droga Michael Botticelli ha detto davanti a una commissione del Senato americano che «l’aumento del consumo di marijuana nella popolazione americana mostra che i consumatori americani si procurano la marijuana in misura sempre maggiore da fonti nazionali».
Secondo gli esperti, tuttavia, il mercato della marijuana a uso ricreativo in stati come il Colorado e Washington ha probabilmente un impatto minore rispetto al molto più ampio e tradizionale mercato della marijuana a uso medico presente in molti stati, primo fra tutti la California. «Chi vuole capire come si sono evoluti negli ultimi dieci anni il consumo e le importazioni di cannabis negli Stati Uniti deve guardare con molta attenzione alla produzione di marijuana a uso medico, autorizzata e non, in diversi stati, soprattutto in California», ha raccontato Beau Kilmer che lavora per il think tank americano RAND Corporation. Negli Stati Uniti la California è il primo paese per produzione illegale di marijuana, ma anche per la coltivazione legale a uso medico, che è consentita dallo stato. I dati sulla lotta alla marijuana della DEA, che mostrano le aree in cui le forze dell’ordine scoprono e distruggono le coltivazioni di marijuana, sono un buon indicatore del primato californiano: nel 2014 il 60 per cento di tutti i sequestri di marijuana negli Stati Uniti è avvenuto in California. Questi numeri dimostrano che «è ancora troppo presto perché la produzione in Colorado, Oregon, Alaska e nello stato di Washington possa superare quella della California», ha scritto Jonathan Caulikins, un esperto di politiche anti-droga della Carnegie Mellon University.
Non ci sono dubbi però sul fatto che la produzione di droga a sud del confine americano stia cambiando. La DEA ha raccolto prove che dimostrano che il flusso di marijuana illegale abbia iniziato a percorrere la strada inversa, con casi di marijuana americana fatta entrare illegalmente in Messico. Ovviamente i cartelli della droga si stanno adattando alla nuova realtà: i dati sui sequestri sembrerebbero indicare che con il calo dei profitti derivanti da marijuana i cartelli stiano convertendo la produzione su eroina e metanfetamine.
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