Il caso Zaman, dall’inizio
Per chi vuole capire qualcosa in più della storia che da venerdì agita la Turchia: un giornale di opposizione è stato di fatto commissariato e stravolto
Venerdì 4 marzo un tribunale di Istanbul ha nominato un amministratore fiduciario per gestire il Feza Media Group, un editore turco del settore dei media che possiede Zaman, uno dei principali quotidiani turchi e tra i pochi in opposizione con il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan. Oltre a Zaman, che ha una diffusione di circa 650mila copie, il Feza Media Group pubblica anche Today’s Zaman, una versione in inglese del quotidiano, l’agenzia di stampa Cihan e il settimanale Aksiyon. Di fatto, quindi, il potere giudiziario ha preso il controllo di alcuni dei pochi media che contestano le decisioni politiche del governo. La decisione del tribunale, considerata l’ultimo tentativo del governo turco di limitare la libertà di stampa nel paese, è arrivata dopo una richiesta dell’ufficio del procuratore capo di Istanbul. L’intera direzione del giornale è stata sostituita dagli avvocati Tahsin Kaplan e Metin Ilhan e Sezai Şengönül, un redattore di un altro sito di news. Ilhan è un riconosciuto sostenitore del governo di Erdoğan (l’immagine di copertina del suo account Twitter ritrae proprio Erdoğan con il primo ministro Ahmet Davutoğlu).
Il Feza Media Group – e quindi Zaman – è stato accusato di agire su ordine di quella che il tribunale ha definito “organizzazione terrorista Fethullahista”, riferendosi a Fethullah Gülen, un religioso di 74 anni che predica una versione moderata dell’Islam e che dal 1999 vive in un esilio auto-imposto negli Stati Uniti. Gülen, che originariamente era un alleato di Erdoğan, è oggi considerato il suo oppositore più potente: Erdoğan lo accusa di voler costruire uno “stato parallelo” per rovesciare il governo. Nelle accuse del procuratore capo di Istanbul viene sostenuto che Zaman aiuti Gülen a raggiungere i suoi scopi politici e che il giornale collabori inoltre con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), un’organizzazione politica armata che da anni combatte per l’indipendenza dei curdi in Turchia e che il governo di Erdoğan considera un gruppo terrorista. Non è chiaro se queste accuse siano verosimili – non ci sono elementi a riguardo – ma sono accuse che in Turchia vengono rivolte abitualmente a chi si oppone a Erdoğan. Nell’ambito della stessa operazione che ha coinvolto Zaman, la polizia ha arrestato quattro dirigenti – tra cui il CEO e il presidente – della holding Memduh Boydak, uno dei più importanti conglomerati finanziari turchi, con le stesse accuse.
Sabato 5 marzo è uscita l’ultima edizione di Zaman prima del cambio della direzione: sulla prima pagina della versione inglese, su uno sfondo nero, è stato pubblicato il titolo “Un giorno vergognoso per la stampa libera in Turchia”. Il titolo in prima pagina dell’edizione turca del giornale, invece,era “Costituzione sospesa”. La polizia è entrata nella sede del giornale venerdì sera, poche ore dopo la decisione del tribunale di Istanbul, dopo però che i redattori del giornale avevano mandato in stampa l’edizione di sabato. Fuori dalla sede del giornale – che si trova nella parte ovest della città, vicino all’aeroporto Atatürk – si sono radunate circa 500 persone per protestare: la polizia è intervenuta con fumogeni e idranti per disperdere i manifestanti, che gridavano slogan a favore della libertà di stampa. Su un articolo pubblicato sul sito di Today’s Zaman la sera di venerdì si legge che la polizia ha inizialmente impedito al direttore di Zaman Abdülhamit Bilici di entrare nel suo ufficio, e che la direttrice di Today’s Zaman Sevgi Akarçeşme è stata spintonata dalla polizia. Secondo quanto hanno raccontato i dipendenti di Zaman, la polizia ha distrutto le telecamere che stavano riprendendo gli scontri all’interno della redazione, ha spinto un redattore giù per le scale e ha fatto evacuare l’edificio. L’articolo non è più disponibile online, ma si può ancora leggere qui.
Sabato molti redattori di Zaman sono tornati negli uffici del giornale per lavorare: Akarçeşme ha scritto però su Twitter che la connessione internet non funzionava. Abdullah Bozkurt, un giornalista di Today’s Zaman, ha scritto che i giornalisti non hanno più accesso ai propri account email, senza che sia stata data loro una spiegazione: «Stanno staccando la spina a tutto». Sempre Bozkurt ha scritto che i nuovi amministratori hanno tentato di cancellare tutto l’archivio online del sito. Altri giornalisti hanno scritto che non funzionano più nemmeno i server interni alla redazione, ed è quindi impossibile caricare gli articoli sul sito. Bilici e Bulent Kenes, un importante editorialista di Zaman, sono stati licenziati.
We've lost access to our email accounts at #Zaman. No explanation, no notification whatsoever. #Turkey. They're pulling plugs on everything.
— Abdullah Bozkurt (@abdbozkurt) March 5, 2016
La prima pagina di Zaman di domenica 5 marzo, la prima della nuova gestione, è stata molto diversa da quella del giorno precedente. Vicino a una grossa foto di Erdoğan, è stato pubblicato il titolo: “Grande trepidazione per l’apertura del nuovo ponte”, riferendosi a un nuovo ponte sul Bosforo la cui costruzione dovrebbe essere terminata tra poco. Alcuni degli ex dipendenti di Zaman hanno messo in piedi un nuovo giornale, uscito già domenica: si chiama Yarina Bakis (“guarda al domani”), e in prima pagina sono state pubblicate le foto degli scontri dei giorni precedenti. Non è chiaro come i giornalisti siano riusciti a organizzare e stampare il giornale in così poco tempo, ma il vecchio account Twitter di Zaman, con oltre un milione di follower, è stato rinominato con il nome del nuovo giornale.
So-called trustees have made seized Zaman daily a kind of Erdogan's propaganda machine in hours..https://t.co/uX1zaetAp5
— Bulent Kenes 🇺🇦 (@bkenes) March 6, 2016
Quello che ha coinvolto Zaman non è il primo episodio di apparente censura da parte del governo di Erdoğan: nell’ottobre del 2015 due televisioni e due giornali di proprietà del gruppo Koza İpek Holding era state a loro volta poste sotto amministrazione fiduciaria con l’accusa di “terrorismo finanziario”, e la scorsa settimana sono stati chiusi per problemi economici. Sempre negli scorsi giorni sono state interrotte le trasmissioni del canale televisivo indipendente İMC TV, sempre con l’accusa di terrorismo. Lo scorso novembre erano stati arrestati il direttore e il capo della redazione del quotidiano di opposizione Cumhuriyet con l’accusa di spionaggio e di appartenere all’organizzazione di Gülen (erano stati poi rilasciati su decisione della Corte Costituzionale turca, ma Erdoğan ha detto che potrebbero ancora essere condannati); Bulent Kenes, l’editorialista di Today’s Zaman licenziato venerdì, era stato arrestato due volte per aver scritto dei tweet contro Erdoğan, quando era il direttore del giornale. Nel dicembre del 2014 c’erano stati invece oltre venti arresti di giornalisti – tra cui l’allora direttore di Zaman – sempre con l’accusa di aver cospirato contro il governo insieme a Gülen.