L’intricata vicenda delle mail del M5S

Due articoli del Foglio accusano Gianroberto Casaleggio di aver sorvegliato un server gestito autonomamente dai deputati del M5S

(ANSA / ETTORE FERRARI)
(ANSA / ETTORE FERRARI)

Negli ultimi giorni i quotidiani italiani si sono occupati molto di una polemica che si è sviluppata attorno agli indirizzi mail dei parlamentari del Movimento 5 Stelle (M5S) e a un server esterno gestito dai suoi deputati. Secondo due articoli pubblicati dal Foglio, molti parlamentari del M5S temevano che i loro indirizzi mail fossero “sorvegliati” dai dirigenti del partito; e temevano che un server esterno gestito dai deputati fosse controllato dalla società a cui fa capo il fondatore del M5S Gianroberto Casaleggio.

Gli articoli sono stati scritti da Salvatore Merlo, che da molti anni si occupa di politica per il Foglio, e contengono diverse testimonianze di parlamentari espulsi o usciti dai gruppi di Senato e Camera del M5S: all’inizio del suo articolo più recente Merlo avverte però che «questa storia la conoscono tutti i parlamentari, e tutti gli ex parlamentari, del Movimento cinque stelle». Beppe Grillo ha risposto agli articoli del Foglio in un breve post, negando tutte le accuse e sostenendo che gli articoli fossero stati pubblicati per gettare «fango» sul M5S in vista delle prossime elezioni amministrative (che si terranno in molte importanti città fra aprile e giugno). Per il momento nessun giornale ha corroborato o rafforzato le accuse del Foglio.

Dall’inizio
Nell’articolo di Merlo alcuni parlamentari usciti dal Movimento 5 Stelle hanno detto che nei mesi successivi alla loro elezione in Parlamento si era creato un clima di tensione attorno alla riservatezza dei loro indirizzi mail. Walter Rizzetto e Sebastiano Barbanti, due deputati usciti volontariamente dal Movimento 5 Stelle e ora riuniti nel gruppo Alternativa Libera, hanno raccontato che «appena entrati in Parlamento ci ordinarono di consegnare user e password delle nostre poste elettroniche», anche se non è chiaro chi abbia ordinato loro di farlo e a quale indirizzo si riferiscano, se quello personale o quello istituzionale messo a disposizione dalla Camera. Tancredi Turco, un altro deputato uscito dal Movimento 5 Stelle, ha raccontato a Merlo che «a settembre del 2014 venimmo a sapere che la Casaleggio Associati aveva avuto informazioni sui nostri server di posta elettronica», ma anche in questo caso non è chiaro a cosa si riferisca Turco (molti parlamentari usano sia un account mail personale sia quello istituzionale).

L’articolo di Merlo contiene poi nuovi elementi sul caso di Giulia Sarti, la deputata del Movimento 5 Stelle a cui nel 2013 vennero rubati e diffusi mail e dati personali da un account mail privato. All’epoca l’attacco fu “rivendicato” da un gruppo di hacker che si definiva vicino al PD, e il Movimento 5 Stelle criticò pubblicamente l’attacco con una conferenza stampa e un duro comunicato sul blog di Beppe Grillo. Nell’articolo del Foglio però viene citata una dichiarazione di Lorenzo Andraghetti, ex addetto stampa di Sarti e successivamente espulso dal Movimento 5 Stelle, che lega la diffusione delle mail di Sarti ad alcune critiche da lei rivolte allo “staff della comunicazione”, un gruppo di consulenti esterni che ancora oggi seguono il lavoro dei parlamentari e candidati del M5S. Racconta Andraghetti:

«Giulia Sarti si era messa contro lo staff della comunicazione. Alla fine, chissà come, mentre Giulia si lamentava dello staff, sono state diffuse le sue email, accompagnate dalla minaccia anonima di rivelarne altre, e di altri parlamentari… A quel punto stavano tutti zitti. C’è sempre stata una tensione che si tagliava con il coltello. Una paura incredibile di essere abbandonati ai cani, di essere in qualche modo esposti alla gogna del web, di essere sputtanati, e di essere anche spiati»

Merlo lega questa tensione alla decisione di creare un server separato, parlamentari5stelle.it, creato secondo lui «allo scopo (non esplicito) di sfuggire un po’ all’occhio troppo attento della Casaleggio». Uno dei principali responsabili del server era Massimo Artini, un informatico che nel gennaio del 2015 è uscito dal Movimento 5 Stelle e che ora fa parte di Alternativa Libera. Non è troppo chiaro a cosa servisse questo server: Turco spiega che i deputati lo usavano per depositare «documenti», ma secondo il Fatto Quotidiano conteneva anche un servizio mail per i deputati. Secondo Merlo, a settembre del 2014 il gruppo dei deputati aveva deciso di incaricare l’azienda Wr Network di controllare la sicurezza del sistema “parlamentari5stelle.it”. All’epoca però i deputati non sapevano, sostiene Merlo, che la Wr Network forniva servizi alla Casaleggio Associati. Di conseguenza, una volta che la Wr Network intervenne sul sistema, successe una cosa strana:

Ottenuta infatti la password di questo sistema libero e parallelo che i deputati si erano creati al di fuori del network controllato da Grillo e Casaleggio, il tecnico dell’azienda (attenzione: ingaggiata dal gruppo parlamentare), a un certo punto, per ragioni poco chiare, modifica tutti gli accessi al sistema informatico. In pratica lo smantella, lo rende inaccessibile e non funzionante. E qui arriva il bello. Perché i deputati cominciano a mugugnare, qualcuno a preoccuparsi della sua posta elettronica (visto il precedente di Giulia Sarti), qualche altro a sospettare che quella piattaforma fuori controllo non piacesse troppo “a Milano”. […]

E infatti chi mai risponde ai deputati dando delucidazioni sull’accaduto? Forse il tecnico dell’azienda pagato dal gruppo parlamentare (550 euro al giorno, più viaggio e rimborso spese)? Forse il capogruppo? Ma no. Risponde, il 3 ottobre, via email, la Casaleggio Associati in persona, ovviamente. Ed è una fantastica lettera firmata “lo staff di Beppe Grillo” nella quale si dice espressamente che il sistema non è ripristinabile e che se ne sarebbe dovuto installare un altro (installato da loro, si suppone). Ma non solo. L’email conteneva pure una ammissione involontaria. Tra le righe, rivelava infatti che il misterioso “staff” di Milano aveva avuto alcuni dati relativi alla posta elettronica dei deputati.

Scriveva infatti l’evanescente “staff”: “Ad ora risultano meno di 30 persone che stanno utilizzando in modo continuo o la posta o il calendario”. “Meno di 30”. Dunque sapevano chi, come e quanti deputati utilizzavano quella posta elettronica? E sapevano solo quello o avevano ricevuto anche altre informazioni provenienti dal server? E a che titolo, in definitiva, la Casaleggio era informata di quel controllo, se una ditta terza aveva il contratto con il gruppo della Camera? E a che titolo prendevano decisioni? (“abbiamo riscontrato una situazione non sanabile nella gestione attuale della posta e dei calendari … ti invitiamo a svuotare la posta e non utilizzare questo account … suggeriamo venga dismesso nell’immediato”).

La storia venne parzialmente ripresa anche da alcuni giornali fra cui il Fatto Quotidiano, che chiese spiegazioni all’allora capogruppo alla Camera Andrea Cecconi, il quale rispose che il consiglio di chiudere il server era arrivato da «una società terza, che nulla ha a che fare con la Casaleggio Associati». Il 15 ottobre il blog di Beppe Grillo intervenne sul tema con una spiegazione molto confusa nella quale sostanzialmente spiegava che il server «era utilizzato anche per siti esterni alle attività del gruppo parlamentare», fra cui quello di un gruppo non associato al Movimento 5 Stelle, e che era stata effettuata una copia non autorizzata dei dati su un secondo server. Il post conteneva anche accuse di scarsa trasparenza verso Artini e il consiglio di «dismettere il server». Nel post pubblicato il 5 marzo, Grillo ha spiegato che la Casaleggio Associati «non ha mai avuto accesso al server in questione». Non è chiaro se il server sia utilizzato o meno ancora oggi.