• Venerdì 4 marzo 2016

Un giornale cinese ha nascosto un messaggio in prima pagina?

Due diversi titoli pubblicati il 20 febbraio, se letti in un certo modo, possono essere interpretati come una critica sul controllo dei media

Sui social network e i media cinesi circola da qualche giorno una storia che è stata ripresa anche da diversi giornali internazionali e che ha a che fare con la prima pagina dello scorso 20 febbraio del quotidiano cinese Southern Metropolis Daily, che sembra contenere un messaggio crittografato che critica il governo cinese e il suo stretto controllo sui media.

Il 19 febbraio il presidente della Cina Xi Jinping aveva visitato le redazioni dei tre principali media di stato: il Quotidiano del Popolo, l’agenzia di stampa Xinhua e il canale televisivo CCTV. Finite le visite aveva tenuto una conferenza stampa durante la quale aveva ribadito in modo esplicito il controllo del regime sui mezzi di informazione. Xi Jinping aveva detto: «I media governativi e di partito sono vettori di propaganda e il loro secondo nome è “partito”». Il giorno successivo, il Southern Metropolis Daily aveva pubblicato questa citazione in prima pagina. Appena sotto, sulla destra, c’era un articolo accompagnato da una foto sulla dispersione delle ceneri di un uomo d’affari molto conosciuto nel paese, Yuan Geng, morto all’età di 98 anni. Il titolo del secondo articolo era «La sua anima torna al mare». La vicinanza dei due titoli creava un nuovo messaggio se si leggevano in verticale solo gli ultimi caratteri del primo titolo insieme a quelli del secondo. In questo modo si può leggere la frase: «I media il loro secondo nome è “partito”, la loro anima torna al mare», che secondo qualcuno potrebbe essere interpretata come una critica al partito comunista che condanna i media alla morte, chiedendo loro obbedienza politica.

Cina

La storia del messaggio è circolata molto su Weibo, l’equivalente cinese di Twitter che è a sua volta sotto stretta sorveglianza del regime, ma in breve tempo quei messaggi sono stati cancellati. Il primo marzo è cominciata a circolare anche una nota attribuita a Nanfang Media, la società proprietaria del giornale, in cui si descrive la giustapposizione dei due titoli come un “grave errore”, ma descrivendola come una “gaffe” più che un “complotto” e che criticava i social network per come avevano ingigantito la storia. La nota precisava inoltre che tre giornalisti erano stati puniti: Ren Tianyang, il direttore del giornale, aveva dovuto chiedere scusa, il suo vice, Wang Haijun, aveva ricevuto un “rimprovero” e Liu Yuxia, la redattrice responsabile della prima pagina era stata licenziata.

Il New York Times scrive che le “frasi nascoste” con connotazioni politiche sono una tradizione in Cina. Dice anche che non è chiaro se la nota di Nanfang Media sia stata effettivamente diffusa e che i giornalisti che l’hanno segnalata hanno accettato di parlarne solo in forma anonima. I giornalisti coinvolti hanno invece detto di non sapere dell’esistenza di questa comunicazione interna, non hanno voluto commentarla e la redattrice ha detto di non essere stata formalmente avvertita del licenziamento. Alla domanda circa la sua volontà di diffondere un messaggio segreto, lei ha risposto «Certamente non era mia intenzione».

Nel 2015, secondo i dati di Committee to Protect Journalists (CPJ, un’organizzazione indipendente con base a New York che difende la libertà di stampa e i diritti dei giornalisti in tutto il mondo) la Cina è stata per il secondo anno consecutivo il paese che nel mondo ha incarcerato più giornalisti: 49 sono attualmente in prigione. Lo scorso gennaio, Li Xin, collaboratore del Southern Metropolis, è misteriosamente scomparso in Thailandia dopo aver raccontato alla stampa internazionale di essere scappato qualche mese prima dalla Cina perché costretto a lavorare per anni come informatore del governo.