Era il caso di rifare le All Star?
A Converse ci hanno lavorato per un anno tagliuzzando e studiando migliaia di scarpe: a prima vista non sono molto diverse, a parte le stampe che riflettono la luce
di Kim Bhasin - Bloomberg
All’inizio del 2014 Ryan Case and Damion Silver erano seduti a un tavolo in una stanza spoglia nella vecchia sede di Converse a North Andover, in Massachusetts, e ritagliavano pezzi da un mucchio di scarpe All Star con un taglierino. Passarono un paio di mesi a sezionare ed esaminare ogni angolo delle scarpe, dalla suola alla linguetta. Soprannominarono il loro laboratorio – dove si rinchiusero ogni giorno per quasi un anno – la “fossa”, come la violenta zona dedicata al pogo ai concerti punk rock e heavy metal. La pizza a notte fonda diventò frequente, mentre i custodi dell’edificio non avevano le chiavi del laboratorio, così nessuno poteva toccare i materiali che erano pronti per il lavoro del giorno dopo: la fossa finì per diventare davvero lurida.
Nella fossa furono inventate le Chuck Taylor All-Star II (il nome ufficiale delle All Star), la nuova versione della scarpa simbolo di Converse. L’uscita sul mercato delle nuove All Star l’estate scorsa ha segnato l’inizio di una nuova era per il produttore di scarpe, nato 108 anni fa. Le All Star – che negli anni sono state indossate da John F. Kennedy, Kurt Cobain, e David Bowie – sono tra i modelli di scarpe più vendute di sempre (ogni giorno Converse ne vende circa 270mila paia in tutto mondo). Se si escludono piccole variazioni nel materiale, il design delle All Star è rimasto lo stesso per decenni. Lo spaventoso compito di scombinare questa formula vincente fu affidato a Case, il 36enne direttore globale per il settore calzature di Converse, e a Silver, il 42enne direttore del design. «Nessuno di noi era molto tranquillo all’idea di occuparsene», ha raccontato Case, «una delle cose più importanti che ci diciamo a Converse è: “Non fate casino con le All Star”». Il primo marzo Converse ha lanciato la prima versione delle nuove All Star, che hanno delle stampe riflettenti che ne migliorano la visibilità al buio. L’idea è offrire un vantaggio ai clienti che vada al di là dell’aspetto delle scarpe. Di notte le scarpe riflettenti possono essere più sicure per chi si sposta in bicicletta, con lo skateboard, e per chi lavora nei cantieri sulla strada. O, più banalmente, spiccano di più.
Un paio di nuove All Star
Seduto a un tavolo alto al sesto piano della nuova sede di Converse al Lovejoy Wharf di Boston, Case giocherella con uno dei nuovi modelli di All Star che deve ancora arrivare nei negozi. Il nuovo design è decisamente più glamour del precedente, e rappresenta il rinnovato impegno dell’azienda per le novità. Lo stile della nuova sede è “chic industriale”, con colonne di calcestruzzo a vista, inferriate nere, e dettagli in legno recuperati da un molo. Lo studio è un open space con file di scrivanie sommerse da scatole di scarpe, documenti e sneaker. Un paio di scarpe sezionate è lasciato su un tavolo in una spaziosa area riunioni, e migliaia di sneaker Converse e di aziende concorrenti sono posizionate su alcuni espositori vicini. Nella sede di Converse lavorano circa 40 stilisti, affiancati dai product manager.
In passato Converse faceva affidamento al successo eterno e quasi unico delle All Star. Chi le disegnava si limitava ad aggiornare ogni stagione i colori, la grafica e le collaborazioni. «Odio doverlo dire, ma era molto un “copia e incolla”», ha detto Case, sospirando. Nel 2014 però i dirigenti di Converse decisero che non era più abbastanza. Dal loro punto di vista, i clienti stavano forzando la mano di Converse: le persone iniziavano a volere di meglio di semplici aggiornamenti alle fantasie delle scarpe, e bisognava dar loro una ragione più convincente per sborsare 80 euro per il loro secondo o terzo paio di Converse. Le nuove All Star non dovevano essere solo semplici scarpe di tela “usa e getta” e alla moda: dovevano fare qualcosa. «I nostri clienti si muovono tutto il giorno in città, in bici o sullo skate», ha detto Silver, «il fatto che le All Star siano riflettenti è un miglioramento utile». A una prima occhiata le nuove All Star non sono diverse dalla classica versione di tela. Le parti riflettenti sono inserite solo in alcune zone della scarpa e sparse sulle stampe. Le All Star non sono diventate dei neon o delle scarpe fluorescenti: troppa sfarzosità danneggerebbe il loro classico basso profilo.
Quando le nuove All Star sono state messe in commercio nel luglio 2015, molti appassionati di sneaker hanno reagito con diffidenza. Il logo in alto sul lato della tomaia è cucito e non più stampato, gli occhielli delle stringhe sono dello stesso colore della tomaia e non più argentate, e la linguetta è cucita e imbottita e non più di tela. Nonostante molti modelli siano stati venduti velocemente e le recensioni abbiano lodato la loro comodità, queste scarpe non saranno mai le vere All Star. Secondo Verge, «Non c’è dubbio che queste scarpe perdano un po’ di stile rispetto alla versione classica»; Nylon ha scritto che «non sembrano All Star»; e Gizmodo si è chiesto come «possano definirsi All Star se non si rovinano con il tempo?».
Le classiche All Star
Per la prima volta i fan delle All Star hanno potuto riconoscere la mano di Nike, proprietaria di Converse, sulla loro scarpa preferita. Quando Nike acquisì il marchio per 305 milioni di dollari nel 2003, non cambiò il team che gestiva l’azienda e lasciò a Converse grande libertà decisionale. Le nuove All Star – che hanno la stessa soletta interna delle Nike Lunarlon – sono il risultato di 18 mesi di ricerca aziendale e sincera preoccupazione. Gli stilisti hanno testato materiali di ogni tipo, da quelli usati dalla NASA per le astronavi ai più semplici tessuti artigianali. Hanno preso in considerazione 15 versioni diverse del logo di Converse, e fatto riunioni per discutere della lunghezza dei piccoli tubicini di plastica alla fine delle scarpe (che si chiamano aghetti). Hanno studiato i clienti, dagli artisti agli skateboarder, per capire cosa apprezzassero delle All Star classiche e quello che invece non funzionava. Per due volte Case ha portato la sua squadra nel Regno Unito in tour con la rock band emergente Zoax, e qualcuno ha addirittura intervistato una ballerina di burlesque.
Col tempo Converse è diventata una fetta considerevole del business di Nike. Nel 2003 le vendite dell’azienda furono di 200 milioni di dollari; nel 2015 Converse ha ricavato 2 miliardi dalla vendite: circa il 6,5 per cento delle vendite totali di Nike. Quelle di Converse sono cresciute in media del 15 per cento negli ultimi tre anni, ma sono calate negli ultimi due trimestri. Negli Stati Uniti sono state buone, e Converse ha attribuito il rallentamento alla debolezza dell’euro e alle vendite anemiche nel Regno Unito. Non è chiaro come le nuove All Star abbiano influenzato i risultati: Converse non ha voluto fornire dati specifici sulle loro vendite.
L’anno scorso Jim Calhoun, amministratore delegato di Converse dal 2011, aveva detto a Bloomberg che ogni cambiamento comporta delle resistenze. «Una delle maledizioni nell’avere un prodotto icona è la paura di fare qualsiasi tipo di cambiamento, specialmente se il prodotto ha successo», aveva detto Calhoun. Nonostante le resistenze però, secondo Corinna Friedman, un’analista della società BB&T Capital Markets, le modifiche alla formula vincente delle All Star finiranno per favorire Converse nel lungo periodo. L’offerta continua di design nuovi e miglioramenti nelle prestazioni delle scarpe aumenteranno l’entusiasmo dei consumatori, invogliandoli a rinnovare la loro scarpiera: è una strategia che Nike applica con molto successo. Nel frattempo però alcuni designer come Silver hanno dovuto cambiare mentalità. Invece di trovare semplicemente le nuove tonalità di colori alla moda e avviare nuove collaborazioni con artisti di successo, oggi Silver attraversa di tanto in tanto gli Stati Uniti per andare a trovare il gruppo di creativi di Nike a Beaverton, nello stato dell’Oregon. Secondo Silver Converse ha appena iniziato a discutere con Nike per integrare meglio i componenti delle due aziende e migliorare le prestazioni delle scarpe. Ma tutto è subordinato alla comodità delle All Star. «Prima viene la comodità, poi il resto», ha detto Silver.
Quali saranno quindi le prossime mosse? Pantofole All Star? All Star impermeabili? Scarpe da calcio All Star? Probabilmente no, anche se Converse non si sbilancia sui suoi programmi, e assicura solo di avere altro in cantiere. Case ha detto che i responsabili degli altri modelli di Converse, come le Jack Purcell e le Cons One Star stanno «analizzando il prodotto come abbiamo fatto con le All Star. Non ci fermiamo qui: è l’inizio di una nuova fase».
© 2016 – Bloomberg