Gli Stati Uniti hanno catturato un leader dell’ISIS in Iraq
Hanno già cominciato a interrogarlo, scrive il New York Times, con una serie di cautele per evitare una nuova Abu Ghraib
Le forze speciali statunitensi hanno catturato un importante miliziano dello Stato Islamico (o ISIS) in Iraq, i cui interrogatori proseguiranno per i prossimi mesi. Il New York Times, che ha riportato per primo la notizia, ha scritto che si tratta di «una fase nuova e potenzialmente insidiosa nella lotta contro il gruppo estremista sunnita», riferendosi alla controversa gestione passata dei sospetti terroristi da parte degli Stati Uniti in territorio iracheno, soprattutto agli abusi compiuti dagli americani nella prigione di Abu Ghraib. Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times di avere già cominciato a interrogare il miliziano, ma non hanno aggiunto altri dettagli. Il miliziano dello Stato Islamico verrà poi consegnato alle autorità irachene o curde.
Nelle ultime settimane circa 200 uomini delle operazioni speciali – soprattutto della Delta Force, il corpo speciale che ha come obiettivo principale la lotta al terrorismo – sono arrivati in Iraq per combattere lo Stato Islamico: è la forza di combattimento di terra più grande impiegata in Iraq da quando gli Stati Uniti hanno ritirato le proprie truppe alla fine del 2011, dopo otto anni di occupazione militare. Funzionari statunitensi del ministero della Difesa hanno detto al New York Times che le squadre speciali americane hanno messo in piedi una rete di “case sicure” e hanno collaborato con le forze irachene e curde per stabilire contatti sul posto e individuare i leader dello Stato Islamico da colpire con gli attacchi aerei.
L’identità del miliziano catturato non è stata resa pubblica. Si sa che è già stato interrogato in una struttura detentiva temporanea a Erbil, nel nord dell’Iraq, e che la sua situazione è stata notificata al Comitato internazionale della Croce Rossa, un’associazione privata incaricata di garantire il rispetto del diritto internazionale umanitario. I funzionari americani hanno detto di non avere intenzione di aprire una nuova prigione per i membri catturati dello Stato Islamico né di mandarli a Guantánamo, il carcere di massima sicurezza che il presidente Barack Obama sta cercando di chiudere nonostante l’opposizione del Congresso controllato dai Repubblicani.
Il miliziano detenuto dalle forze statunitensi non è il primo esponente dello Stato Islamico a essere stato catturato in Iraq e in Siria. I funzionari del dipartimento della Difesa hanno detto al New York Times che il modello di gestione dei detenuti in Iraq è quello già adottato con Umm Sayyaf, moglie di Abu Sayyaf, un esponente del gruppo ucciso lo scorso maggio durante un’operazione della Delta Force in Siria. Umm Sayyaf fu catturata e interrogata in Iraq: gli americani sequestrarono e analizzarono il contenuto di computer, telefoni cellulari e altro materiale trovato nel posto dove era stato ucciso il marito: Umm Sayyaf fu detenuta per tre mesi e poi trasferita in custodia dei curdi. Lo scorso mese il dipartimento della Giustizia americana ha emesso un mandato di arresto contro di lei con l’accusa di cospirazione per avere fornito materiale a sostegno dello Stato Islamico.