Guida essenziale alle elezioni in Iran
Oggi gli iraniani voteranno per la prima volta dalla rimozione delle sanzioni internazionali: le cose da sapere, a partire dallo scontro tra moderati e conservatori
di Elena Zacchetti – @elenazacchetti
Venerdì 26 febbraio in Iran si terranno le prime elezioni da quando sono state rimosse le sanzioni internazionali legate allo sviluppo del suo programma nucleare. Si voterà per eleggere due organi centrali del sistema istituzionale dell’Iran: il Parlamento e l’Assemblea degli esperti, incaricata tra le altre cose di eleggere la Guida Suprema, la più importante figura politica e religiosa del paese. Sono elezioni molto attese per diverse ragioni: sono centrali per capire se lo schieramento di cui fa parte il presidente moderato Hassan Rouhani è riuscito a consolidare il suo potere a scapito dei conservatori (la fazione più potente in Iran); e per capire come sarà orientata politicamente l’Assemblea degli esperti, che nei prossimi otto anni potrebbe essere chiamata a eleggere una nuova Guida Suprema.
Daccapo, cosa si elegge
Il Parlamento e l’Assemblea degli esperti. Il Parlamento iraniano, il Majlis, è formato da 290 seggi di cui cinque riservati alle minoranze (due agli armeni, uno agli ebrei, uno agli zoroastriano e uno ai cristiani assiri): a eccezione di questi pochi seggi, non possono candidarsi i non musulmani e tutti coloro che avevano ricoperto ruoli di governo prima della rivoluzione del 1979, quella guidata da Ruhollah Khomeini da cui nacque la Repubblica Islamica dell’Iran (prima del 1979 c’era un altro Iran, diciamo così). L’Assemblea degli esperti è formata da 88 mujtahids (teologi dell’Islam) incaricati di eleggere e rimuovere dal suo incarico la Guida Suprema. C’è molta attenzione attorno all’elezione dei membri dell’Assemblea degli esperti, che nei prossimi otto anni (la durata naturale del loro incarico) potrebbero essere chiamati a eleggere una nuova Guida Suprema, visto che l’attuale, Ali Khamenei, ha 76 anni e sembra soffrire di seri problemi di salute. Il ruolo della Guida Suprema è centrale in Iran, molto più di quello dei presidenti o primi ministri di qualsiasi democrazia occidentale. Finora l’Iran ha avuto due Guide, Khomeini e Khamenei.
Una donna iraniana passa davanti a un poster che mostra a sinistra il fondatore della Repubblica Islamica e prima Guida Suprema dell’Iran, Ruhollah Khomeini, e a destra l’attuale Guida Suprema, Ali Khamenei, a Teheran (ATTA KENARE/AFP/Getty Images)
Conservatori, moderati e riformisti
Facendo una prima semplificazione, si può dire che in Iran ci siano due grandi schieramenti: uno conservatore e uno moderato. Il primo fa capo alla Guida Suprema, Ali Khamenei, il secondo al presidente iraniano, Hassan Rouhani. Il primo vuole continuare a opporsi all’Occidente e mantenere così com’è l’attuale sistema economico nazionale, basato sul potere delle Guardie della Rivoluzione, il potente corpo militare creato dopo la rivoluzione del 1979. Il secondo vuole aprirsi politicamente ed economicamente all’Occidente e avviare una serie di riforme che ridiano slancio all’economia nazionale dopo anni di profonda crisi. La cosa da tenere a mente è che nemmeno i moderati chiedono la fine della Repubblica Islamica in quanto tale: vogliono riformare il sistema e introdurre più libertà, ma all’interno della struttura esistente.
Per fare un paragone con la politica europea, potremmo dire che i conservatori sono la destra e i moderati il centro. In questo ipotetico spettro politico, vanno aggiunti anche i riformisti, una specie di centrosinistra. I riformisti vissero un grande momento di speranza durante la presidenza del riformista Mohammad Khatami (1997-2005), quando diversi aspetti autoritari del regime iraniano – il controllo sui media o sulla possibilità di organizzarsi informalmente in gruppi di opposizione – furono attenuati. Poi però furono repressi con la violenza alle elezioni che diedero al conservatore Mahmud Ahmadinejad il suo secondo mandato presidenziale, nel 2009. Alle ultime elezioni i riformisti appoggiarono la candidatura di Rouhani; a quelle di domani hanno presentato dei loro candidati, molti dei quali però sono stati esclusi.
Le divisioni interne ai conservatori
La divisione più interessante sembra essere quella interna ai conservatori, dove ci sono i cosiddetti “principalisti” e i conservatori pragmatici. I primi (indicati in inglese con il termine “hardliners”) sono i conservatori radicali, quelli molto legati alla Guida Suprema che per esempio si sono opposti all’accordo sul nucleare iraniano: sono in teoria i più potenti e i più tutelati nella selezione dei candidati ammessi alle elezioni dal Consiglio dei guardiani. I secondi sono quelli che negli ultimi due anni hanno sostenuto su diversi temi il governo Rouhani, per esempio appoggiandolo su questioni economiche e sull’accordo sul nucleare.
Donne iraniane partecipano a un incontro organizzato dai principalisti, gli ultraconservatori iraniani, alla moschea Baqiyatallah di Teheran, il 21 febbraio (ATTA KENARE/AFP/Getty Images)
L’esponente più noto dei conservatori pragmatici è Ali Larijani, lo speaker del Parlamento, che ha ricevuto negli ultimi giorni l’endorsement inaspettato di Qassem Suleimani, il capo delle forze al Quds, un corpo d’élite delle Guardie della Rivoluzione e da sempre considerato un fedelissimo della Guida Suprema. Suleimani, oltre a essere un personaggio potente, è anche molto conosciuto e apprezzato in Iran. La decisione di Larijani di non candidarsi con i principalisti – e l’endorsement di Suleimani – dicono parecchio su quello che sta succedendo nel fronte conservatore: sembrano segnare una progressiva divisione soprattutto su due temi, l’economia e i rapporti con l’Occidente. Non è ben chiaro quali potrebbero essere gli effetti per lo schieramento dei moderati. Il sito IranWire ha scritto che per i moderati «l’immagine di Suleimani che si schiera con Larijani segna un cambio indesiderato nel panorama politico dell’Iran», perché un effetto potrebbe essere quello di togliere voti ai moderati, rafforzando i conservatori pragmatici. D’altra parte un indebolimento della corrente principalista potrebbe mettere in condizione il Parlamento iraniano di collaborare con il governo Rouhani per realizzare alcune delle riforme di cui l’Iran ha assoluto bisogno.
Lo speaker del Parlamento iraniano, Ali Larijani, durante una conferenza stampa a Teheran, il 16 marzo 2015 (SEDA RAVANDI/AFP/Getty Images)
Cosa si dice delle elezioni
Borzou Daraghi, giornalista di Buzzfeed che si occupa di Medio Oriente, ha scritto che il successo dello schieramento moderato dipenderà da quanto Rouhani sarà in grado di convincere gli iraniani che ha i mezzi per cambiare l’economia nazionale dopo la rimozione delle sanzioni. Daraghi sostiene che questo sia il motivo per cui il governo iraniano ha fatto un accordo con Airbus e comprato in tutta fretta 114 nuovi aerei civili, in modo da dare un segno immediato di cambiamento alla classe media dell’Iran dopo la rimozione delle sanzioni. Un’altra cosa di cui si è scritto parecchio è la competizione tra moderati e conservatori all’Assemblea degli esperti. La lista dei moderati – o meglio, appoggiata dai moderati – è quella che fa capo ad Ali Akbar Hashemi Rasfanjani, uno degli storici leader della rivoluzione del 1979 che da diversi anni ha assunto posizioni meno conservatrici. Se la lista di Rafsanjani dovesse imporsi su quella dell’ultraconservatore Ahmad Jannati – l’attuale presidente del Consiglio dei guardiani, l’organo che ha escluso dalle liste elettorali i nomi di molti riformisti e moderati – l’Assemblea degli esperti potrebbe diventare un organo con una componente centrista più forte, con tutto quello che ne può derivare nella scelta della nuova Guida Suprema.
Il presidente iraniano Hassan Rouhani, a destra, e l’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani a Teheran, l’1 settembre 2015 (AP Photo/Vahid Salemi)