Come iniziò il successo del Barbiere di Siviglia

Con un disastro di fischi e contestazioni alla prima romana, 200 anni fa oggi: dal giorno dopo, l'opera di Rossini cominciò a divenire la più famosa al mondo

Una scena del Barbiere di Siviglia in una pubblicazione di Victor Talking Machine Company (Wikimedia)
Una scena del Barbiere di Siviglia in una pubblicazione di Victor Talking Machine Company (Wikimedia)

Il Teatro Argentina a Roma lo conoscono un po’ tutti, anche quelli che non vivono a Roma. Sta in una delle piazze più centrali e frequentate della città, dentro l’ansa del Tevere: quella che i turisti conoscono soprattutto per la colonia di gatti che vive – nutrita da secoli – tra le rovine romane al centro della piazza e davanti al teatro. La piazza si chiama Largo di Torre Argentina, ma quella torre non si vede più, e comunque alla fine tutti lo chiamano Largo Argentina.

Il teatro è lì dal 1732, quando fu inaugurato. E il 20 febbraio 1816 aveva ospitato già tantissime rappresentazioni e prime, il giorno che vi fu presentata per la prima volta una nuova opera di Gioacchino Rossini, un compositore pesarese appena ventitreenne. Che però aveva composto opere rappresentate già da quando aveva diciott’anni ed era rapidamente diventato molto prolifico: il libretto era tratto dalla commedia Il barbiere di Siviglia del drammaturgo francese Beaumarchais – scritta sessant’anni prima – e l’opera riprese quel titolo dopo un iniziale “Almaviva, o sia l’inutile precauzione”: lo aveva scritto il librettista romano Cesare Sterbini, che aveva già lavorato con Rossini l’anno prima in un’opera rimasta assai meno famosa, Torvaldo e Dorliska.

La prima del Barbiere di Siviglia al Teatro Argentina è rimasta leggendaria nella storia dell’Opera e di quest’opera: perché quella che poi sarebbe diventata una delle opere italiane più rappresentate, conosciute, citate, riprese della storia (forse più di ogni altra), cominciò con un disastro di fischi e contestazioni. Su cui appunto si diffusero poi tante leggende (compresi gatti neri in scena, strumenti rotti e crisi di attori), e le spiegazioni più diffuse attribuiscono quel fallimento al pregiudizio dei fedeli all’opera tratta dalla stessa storia che era stata composta trent’anni prima da Giovanni Paisiello e allora molto popolare, prima di essere soppiantata da quella di Rossini. Il cui fallimento durò soltanto un giorno, e questa è l’altra metà della storia che rese celebre quel debutto: già il giorno dopo la rappresentazione fu un successo. Raccontato così dallo stesso Rossini nelle lettere a sua madre.

«Ieri Sera Andò in Scena la mia Opera e fu Sollennemente fischiata o che pazzie che cose Straordinarie si vedono in questo paese sciocco». Dopo alcune recite le manda una seconda lettera: «Carissima Madre, Io Vi scrissi che la Mia Opera fu fischiata, ora vi Scrivo che la Suddetta ha avuto un’esito il più fortunato mentre la seconda sera e tutte le altre Reccite date non hanno che aplaudita questa mia produzione con un fanatismo Indicibile faccendomi sortire Cinque, e sei volte a ricevere aplausi di un genere tutto novo e che mi fece Piangere di sodisfazione».

L’opera racconta la storia del conte d’Almaviva, che aiutato da Figaro, un barbiere ed ex servitore del conte, cerca di conquistare Rosina, la figlia del medico Bartolo. L’aria più famosa dell’opera (“Largo al factotum”), non è altro che la presentazione del personaggio di Figaro – che tra l’altro è una sorta di prototipo del comprimario che finisce con il rubare la scena al protagonista. Negli anni il Barbiere di Siviglia è diventata il simbolo della lunga tradizione dell’opera buffa italiana, caratterizzata da numerosi intervalli comici e da una musica orecchiabile che lascia ampio spazio al virtuosismo dei cantati. Questa sera, al Teatro dell’Opera di Roma, andrà in onda la penultima replica (ce ne sarà un’altra domani alle 16 e 30) di una messa in scena speciale per celebrare il 200esimo anniversario del debutto dell’opera al Teatro Argentina. La direzione è di Donato Renzetti, mentre Rosina è interpretata da Chiara Amarù; il tenore uruguaiano Edgardo Rocha interpreta il conte d’Almaviva, mentre Figaro è interpretato dal baritono francese Florian Sempey.