Quattro cose nuove sulla guerra in Siria
La Russia vuole il fallimento del "cessate il fuoco" deciso a Monaco, la Turchia ha cominciato a bombardare i curdi siriani e i sauditi parlano di un intervento di terra
Nell’ultima settimana sono successe molte cose che hanno riguardato la Siria: per esempio a Monaco di Baviera, in Germania, i rappresentanti di molti paesi che sono in un modo o nell’altro coinvolti nella guerra siriana hanno trovato un accordo per un “cessate il fuoco”, che però ha mostrato fin da subito parecchi limiti (il più grande legato al fatto di non avere garanzie che i ribelli e il regime siriano di Bashar al Assad – quelli che combattono – siano disposti a rispettare il “cessate il fuoco”). Negli ultimi giorni il regime di Assad è riuscito anche a ottenere delle importanti vittorie militari attorno ad Aleppo, grazie soprattutto ai bombardamenti della Russia. Poi c’è la questione dei curdi siriani: alleati degli Stati Uniti, non-nemici della Russia e nemici della Turchia, che da due giorni sono bombardati dai turchi nella Siria settentrionale.
1. Il cessate il fuoco in Siria
La conferenza di Monaco sembrava essere cominciata piuttosto bene, con una proposta del segretario di Stato John Kerry per un cessate il fuoco che permettesse l’arrivo di aiuti umanitari nelle zone più colpite dalla guerra, come la città di Aleppo, dalla quale decine di migliaia di persone continuano a scappare. Nonostante si sia trovato un accordo – anche con la Russia, il principale e più importante sostenitore del regime di Assad – sembra che il piano non porterà da nessuna parte: un po’ perché nell’accordo non è stato coinvolto chi combatte nella guerra siriana (Stato Islamico, Fronte al Nusra, ma anche altri gruppi di ribelli), un po’ perché per acconsentire alla tregua il governo russo ha imposto talmente tante condizioni da svuotare l’accordo di ogni significato.
Ad esempio la Russia ha accettato di interrompere i bombardamenti ma a condizione che possano proseguire quelli indirizzati contro i “terroristi”. Il problema è che il governo russo sostiene che tutti i suoi bombardamenti siano diretti contro i “terroristi”, anche se molti dei suoi attacchi colpiscono i ribelli e le opposizioni moderate sostenute dagli Stati Uniti e dai loro alleati, oltre che la popolazione civile. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha detto anche di essere scettico sulla possibilità che la tregua funzioni, dicendo che secondo lui ci sono solo il 49 per cento di possibilità che l’accordo vada in porto. Kerry ha commentato con sarcasmo: «Mi piace il suo ottimismo».
2. “Una nuova Guerra fredda”
Nel corso della conferenza di Monaco, i delegati russi hanno fatto chiaramente capire che considerano la crisi siriana soltanto un tassello di una situazione globale più ampia, in cui l’Occidente cercherebbe di limitare e danneggiare l’influenza russa. «Siamo in una nuova Guerra fredda», ha detto il primo ministro russo Dimitri Medvedev. Nel pomeriggio di sabato Putin e il presidente Brack Obama si sono parlati al telefono, rinnovando l’impegno comune nella lotta all’ISIS e stemperando, in parte, la tensione che si era accumulata durante la conferenza. Nella telefonata Obama ha chiesto di nuovo a Putin di interrompere gli attacchi aerei contro i ribelli moderati.
Il Guardian scrive che attualmente è difficile capire qual è il piano a lungo termine del governo russo in Siria. Il Putin sembra avere soprattutto obiettivi tattici e a breve termine, mentre i suoi obiettivi strategici sembrano molto più incerti. Nel corso della conferenza di Monaco, Putin è riuscito a ottenere un’altra piccola vittoria: ha messo in una situazione complicata gli Stati Uniti, che si sono esposti con la proposta di tregua, e poi ha svuotato l’accordo rendendolo inefficace. Nel frattempo la Russia ha inviato nuove forze di combattimento in Siria e una nuova nave da guerra dovrebbe arrivare nel Mediterraneo nei prossimi giorni. La posizione degli Stati Uniti con gli alleati continua invece a essere piuttosto complicata, soprattutto per l’idea diffusa tra i siriani che il governo statunitense stia cercando di accordarsi con Assad e non stia facendo abbastanza per aiutare i combattenti ribelli.
3. La guerra si sta allargando?
Grazie all’aiuto russo, il regime siriano è riuscito a riprendere l’iniziativa nella guerra. Soprattutto nella zona intorno ad Aleppo – una città nel nord della Siria, di particolare importanza – i soldati fedeli ad Assad hanno riconquistato importanti territori. I nuovi sviluppi della guerra, uniti al fallimento delle soluzioni diplomatiche per raggiungere un effettivo “cessate il fuoco”, hanno spinto altri stati che si oppongono ad Assad a proporre un intervento nella guerra più massiccio. L’Arabia Saudita, uno dei principali finanziatori dell’opposizione ad Assad, ha detto di essere pronta a inviare soldati di terra in Siria. Negli ultimi giorni aerei da combattimento sauditi sono arrivati nelle basi militari turche, insieme a gruppi di forze speciali, che per il momento sembra che saranno impiegate per aiutare i ribelli siriani che si preparano ad attaccare Raqqa, la “capitale” dello Stato Islamico in Siria: una volta schierate sul terreno, tuttavia, potrebbero essere facilmente usate contro il regime siriano. Durante la conferenza di Monaco, i delegati sauditi hanno ripetuto ancora una volta che sarà più facile sconfiggere lo Stato Islamico una volta allontanato Assad dal potere.
4. La Turchia bombarda i curdi siriani
Domenica, per il secondo giorno consecutivo, l’esercito turco ha bombardato le posizioni dell’YPG, la principale milizia di curdi siriani. Attacchi di questo genere erano già avvenuti in passato, ma si era trattato di incidenti sporadici. Poco prima del bombardamento, il primo ministro turco Ahmet Davutoğlu aveva detto che la Turchia era pronta a intervenire militarmente contro le milizie curde siriane. L’YPG controlla gran parte della Siria settentrionale, al confine con la Turchia. L’unica area che non ha occupato è un largo corridoio a nord della città di Aleppo, attualmente sotto il controllo di gruppi islamisti e di ribelli moderati siriani.
Gli attacchi compiuti da parte del regime siriano e dell’aviazione turca in queste ultime settimane hanno permesso all’YPG di avanzare ulteriormente e allargare la zona sotto il suo controllo. Il governo turco aveva già avvertito l’YPG che qualunque ulteriore avanzata avrebbe causato una reazione militare turca. La Turchia è in guerra con il PKK, una gruppo politico militare che lotta per l’autonomia dei curdi turchi: YPG e PKK sono organizzazioni alleate e hanno degli obiettivi politici molto simili. Tra sabato e domenica, i governi di Francia e Stati Uniti hanno chiesto ufficialmente alla Turchia di cessare i suoi attacchi.