In tutto il 2015 il Giappone ha concesso lo status di rifugiato solo a 27 persone
Cioè lo 0,4 per cento di quelli che hanno fatto domanda e tra loro non c'è nessun siriano, racconta il Washington Post
di Adam Taylor - Washington Post
Secondo i dati del ministero della Giustizia giapponese, le richieste d’asilo politico in Giappone sono praticamente raddoppiate nel 2015 rispetto all’anno precedente, arrivando a un totale di 7.586. Nonostante l’aumento, soltanto 27 persone hanno ottenuto lo status di rifugiato, ovvero soltanto lo 0,4 per cento delle domande è stato accolto (per fare un confronto, in Italia vengono accolte ogni anno circa il 50 per cento delle richieste di asilo). Si tratta di un leggero incremento rispetto al 2014, quando il Giappone accolse 11 richieste, cioè lo 0,2 per cento del totale. Comunque non è detto che queste 27 persone abbiano fatto domanda tutte nel 2015: molte hanno atteso anni affinché la loro domanda venisse accolta. Secondo l’agenzia di stampa Kyodo, a giugno dell’anno scorso circa 10.830 richiedenti asilo erano in attesa di una risposta.
Sono numeri che sembrano particolarmente negativi vista la crisi mondiale dei rifugiati in corso da molti mesi. Il Giappone ha offerto milioni di dollari per aiutare i rifugiati che scappano dalla guerra in Siria, ma un recente rapporto della ONG Oxfam ha sostenuto che il Giappone non stia comunque facendo abbastanza, considerate le dimensioni della sua economia. Inoltre, il Giappone è uno dei pochi paesi sviluppati che non ha accolto nemmeno un rifugiato siriano, anche se un piccolo gruppo di richiedenti asilo dalla Siria è arrivato negli scorsi anni. Secondo il quotidiano Asahi Shimbun, circa l’80 per cento delle richieste di asilo in Giappone sono di persone provenienti dall’Asia, con i nepalesi che rappresentano il gruppo nazionale più numeroso.
Oltre al sistema di accoglienza dei rifugiati, il ministero della Giustizia giapponese può garantire speciali permessi di residenza per ragioni umanitarie. Ma anche questo sistema di accoglienza non è molto utilizzato: nel 2015 appena 79 persone hanno ricevuto i permessi speciali. Come aveva ricordato l’anno scorso Anna Fifield, capo dell’ufficio del Washington Post a Tokyo, alcuni giapponese sono preoccupati per il basso numero di rifugiati accolti nel paese. Il Giappone è un paese estremamente omogeneo dal punto di vista etnico, ma molti pensano che dovrebbe lavorare di più per apparire un attore positivo sullo scenario globale.
«Il Giappone dovrebbe simpatizzare con quei bambini costretti a diventare rifugiati», ha scritto su twitter Yasunori Kawakami, un ex corrispondente dal Medio Oriente per l’Asahi Shimbun. Kawakami ha anche fatto notare che il Giappone «ha chiesto al mondo empatia per Hiroshima e Nagasaki, dopo tutto». Secondo il ministero della Giustizia giapponese, l’aumento delle domande è in parte dovuto a un cambiamento nella legge avvenuto nel 2010. Oggi un richiedente asilo è autorizzato a lavorare in Giappone, uno dei paesi con le leggi sull’immigrazione più severe al mondo, dopo sei mesi dalla presentazione della domanda. Di solito le pratiche per accogliere la domanda durano però molto più a lungo: da otto mesi fino a diversi anni. Molti utilizzano quindi la domanda di asilo come escamotage per lavorare in Giappone.
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