I controlli negli aeroporti funzionano?
In quattro mesi ci sono stati due attentati esplosivi su aerei in Africa realizzati con la complicità di dipendenti aeroportuali, ma il problema riguarda anche noi
La storia di Abdullahi Abdisalam Borleh, un uomo che è morto facendosi esplodere su un aeroplano partito da Mogadiscio (Somalia) senza causare morti tra i passeggeri, ha riportato l’attenzione sui livelli di sicurezza negli aeroporti e sull’efficacia dei sistemi di controllo per evitare che siano organizzati attentati terroristici in volo. Nonostante regolamenti molto rigidi e varie procedure da seguire, è praticamente impossibile tenere tutto sotto controllo in aeroporto: e questo non vale solo negli scali di paesi in guerra o con scarse risorse economiche come in Africa, spiega l’Economist in un articolo.
La vicenda dell’attentato organizzato da Borleh mostra efficacemente alcuni dei problemi legati alla sicurezza in aereo. Il 2 febbraio scorso il volo 159 di Daallo Airlines, una compagnia aerea somala, era decollato regolarmente dall’aeroporto internazionale Aden Adde di Mogadiscio con una bomba portata a bordo da Borleh. A 15 minuti circa dalla partenza l’uomo si è fatto esplodere direttamente dal suo posto in corrispondenza dell’inizio dell’ala destra dell’aeroplano: un punto indicato da al Qaida come il migliore per creare più danni possibili per abbattere un aeroplano. L’aereo non si trovava ancora a una quota molto alta, quindi non c’era una grande differenza di pressione tra l’interno e l’esterno della cabina: l’esplosione ha portato all’apertura di uno squarcio dal quale Borleh è stato risucchiato all’esterno, ma non ha danneggiato l’ala né altri sistemi di bordo. Il volo 159 ha potuto quindi segnalare l’emergenza e tornare indietro, riportando a terra sani e salvi i suoi oltre 70 passeggeri. Borleh è stato definito dai media “il terrorista più scarso di sempre”, ma è indubbio che le persone a bordo siano state molto fortunate.
Le cose non sono purtroppo andate allo stesso modo nell’ottobre del 2015, quando un’esplosione sul volo charter russo 9268 di Metrojet ha portato alla morte delle 224 persone a bordo, partite dall’aeroporto internazionale di Sharm el Sheikh in Egitto. In quel caso un affiliato dello Stato Islamico (o ISIS) nella penisola del Sinai ha rivendicato l’attentato, mentre per quello di Mogadiscio non ci sono state ancora rivendicazioni credibili, anche se secondo gli analisti si è trattato con molta probabilità di un attentatore legato al gruppo terroristico al Shabaab, considerato la cellula somala di al Qaida.
L’Economist scrive che le storie dei due attentati hanno un dettaglio in comune piuttosto inquietante: “entrambi sembrano essere stati condotti da impiegati degli aeroporti”. Nel caso dell’Egitto un’inchiesta di Reuters è arrivata alla conclusione che l’ordigno fosse stato collocato sull’aeroplano di Metrojet da un meccanico che lavora per conto di EgyptAir, la compagnia di bandiera egiziana. La verifica di questa circostanza è complicata da fare perché da ottobre lo stesso governo dell’Egitto nega che l’esplosione in volo sia stata causata da una bomba, mentre quello russo sembra esserne molto convinto. Le indagini in Somalia hanno invece portato a sospettare di un addetto alla sicurezza dell’aeroporto di Mogadiscio, ripreso dalle telecamere di sorveglianza mentre passa una valigetta a Borleh poco prima che si imbarcasse sul volo 159.
Sembra quindi che in entrambi i casi gli attentati siano stati resi possibili dalla complicità di alcuni impiegati aeroportuali, che hanno permesso agli attentatori di superare senza problemi i classici sistemi di controllo, dando loro l’esplosivo in un secondo momento. Per gli esperti di sicurezza si tratta di un cambiamento rispetto alle soluzioni adottate dal terrorismo internazionale fino a qualche anno fa e che prevedeva, nella maggior parte dei casi, l’utilizzo di soluzioni creative per non farsi scoprire con oggetti proibiti addosso durante i controlli ai metal detector e ai raggi X per i bagagli. Gli attentati dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti furono organizzati eludendo i controlli e sfruttando alcune falle di sicurezza a bordo degli aerei, nel 2006 un attacco organizzato sfruttando esplosivi liquidi fu sventato per poco, così come quello celebre del 2009 con un terrorista che aveva nascosto l’esplosivo nelle mutande.
È presto per dire se i casi della Somalia e dell’Egitto indichino una nuova tendenza, ma sarebbe comunque un errore archiviarli come un problema prettamente africano e che non potrà mai riguardare l’Occidente. Il pilota del volo 159 ha detto che la sicurezza all’aeroporto di Mogadiscio “è pari a zero” e che quando un aereo arriva si avvicinano decine di persone alla pista, e spesso non si sa di preciso che cosa siano andate a fare. Senza raggiungere questi estremi, che evidenziano la necessità di migliorare la sicurezza in quell’aeroporto, problemi legati al controllo e alla gestione dei dipendenti riguardano più o meno tutti gli scali in giro per il mondo.
“Gli aeroporti africani non sono poi così sgangherati, quelli occidentali non sono poi così impenetrabili” scrive l’Ecomomist, ricordando che negli ultimi anni le stesse autorità internazionali per la sicurezza del volo hanno rivisto in positivo le loro valutazioni di diversi aeroporti dell’Africa. L’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (ICAO), per esempio, nel 2013 ha rimosso l’aeroporto di Mogadiscio dalla sua lista di aeroporti più pericolosi; nel 2015 lo scalo di Sharm el Sheikh aveva passato con voti molto positivi tutti i test di sicurezza effettuati dall’ICAO.
Anche se si tratta di valutazioni con metodologie diverse, le autorità della sicurezza per il volo negli Stati Uniti hanno rilevato alcuni problemi nella gestione degli aeroporti statunitensi. In una serie di 70 test svolti a campione, i dipendenti aeroportuali non sono riusciti a identificare ordigni collocati da agenti sotto copertura in 67 casi. Negli scorsi anni sono stati sventati attacchi terroristici che coinvolgevano dipendenti di alcune compagnie aeree occidentali, a ulteriore riprova del fatto che il problema della sicurezza non è limitato ai paesi africani.
In molti aeroporti il personale di terra si sottopone a controlli prima di accedere al proprio posto di lavoro, ma la routine li ha resi poco accurati ed efficaci. Il fatto che in quattro mesi ci siano stati due esplosioni su altrettanti aerei in volo è l’elemento da cui ripartire per migliorare la gestione della sicurezza, sia in aeroporto sia sugli aeroplani.