Aung San Suu Kyi sarà presidente del Myanmar?
Una clausola costituzionale glielo impedisce, anche se il suo partito ha vinto le elezioni: ma si sta trattando e ora c'è qualche ottimismo
Domenica 7 febbraio due canali televisivi filo-governativi del Myanmar (Sky Net e Myanmar National Television) hanno parlato di «risultati positivi» nei negoziati sulla futura presidenza del paese tra Aung San Suu Kyi, la leader della Lega Nazionale per la Democrazia (NLD), e il capo dei militari, il generale Min Aung Hlaing.
Stando a quanto racconta la stampa internazionale, i «risultati positivi» dovrebbero riguardare la sospensione di una clausola costituzionale che impedisce a chi ha figli o parenti che hanno “giurato fedeltà” a un’altra nazione di diventare presidente. In base a questa clausola Aung San Suu Kyi, nonostante sia la leader del partito che ha ottenuto la maggioranza in Parlamento alle elezioni dello scorso novembre, non potrebbe essere eletta presidente dal nuovo Parlamento: Suu Kyi è vedova di Michael Aris, studioso inglese di cultura tibetana e professore a Oxford. Da lui ha avuto due figli che sono cittadini britannici.
La Costituzione del Myanmar (l’ex Birmania) è stata scritta dai militari ed è entrata in vigore con le ultime modifiche nel 2008 (i militari erano al potere nel paese dal 1962, anno del colpo di stato compiuto dal generale Ne Win contro l’allora governo democraticamente eletto). Tra il 2010 e il 2011 in Myanmar è cominciato un lento e complicato processo di transizione: la giunta militare è stata sciolta, sono stati liberati molti dissidenti – fra cui Aung San Suu Kyi – e si è insediato un governo “civile”, anche se il partito vincitore delle prime elezioni parlamentari libere è stato il partito di regime (USDP) e alle consultazioni presidenziali del gennaio 2011 è stato eletto Thein Sein, ex generale e attuale presidente. Nel novembre 2015 ci sono state delle elezioni parlamentari generali e il NLD ha ottenuto la maggioranza al Parlamento, prendendo il 77 per cento dei voti. Un quarto dei seggi era previsto che rimanesse ai militari, che mantengono il potere di mettere il veto su eventuali riforme della Costituzione.
Per la sospensione della clausola che impedisce a Aung San Suu Kyi di diventare presidente è necessario il voto favorevole dei due terzi del parlamento. I militari controllano il 25 per cento dei seggi e NLD non ha i numeri sufficienti per abolire autonomamente la clausola. Anche se le elezioni si sono svolte lo scorso novembre, il nuovo presidente non assumerà il suo incarico fino al 31 marzo o il primo aprile, a causa di un processo di selezione piuttosto complicato. I nuovi membri del Parlamento hanno giurato solo qualche settimana fa, dopodiché annunceranno le date dei vari negoziati per scegliere tre candidati alla carica di presidente, che poi verrà scelto con un voto di tutti i membri del Parlamento. Non si sa ancora quando si terrà questa votazione.
Dopo la possibilità di un buon esito dei negoziati dichiarata dai due canali televisivi, Kyaw Htwe, membro del Comitato centrale di NLD e deputato, ha detto: «Penso che andrà tutto bene, i negoziati saranno positivi per la nostra leader Aung San Suu Kyi che potrà diventare presidente». Yan Myo Thein, analista politico citato dal Guardian, ha però consigliato maggiore cautela: «È ancora troppo presto per confermare che Suu Kyi sarà tra i candidati alla presidenza. Anche per la sospensione e la modifica costituzionale ci vorrà tempo. E non possiamo commentare contando solo su un breve annuncio in tv».