Le foto degli abusi compiuti dagli americani ai prigionieri in Iraq e Afghanistan
Le ha diffuse il governo statunitense, sono state scattate fra il 2001 e il 2009 e fanno parte di un archivio che potrebbe contenere immagini molto più gravi
Venerdì 5 febbraio il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha diffuso 198 fotografie scattate ai prigionieri dell’esercito americano in Iraq e Afghanistan nell’ambito di un’inchiesta federale indipendente relativa ai presunti abusi sui prigionieri compiuti dagli americani fra il 2001 e il 2009. Le immagini, parte di un archivio di circa duemila fotografie, sono state ottenute tramite una richiesta prevista dal Freedom of Information Act – una legge del governo americano che permette a chiunque di richiedere documenti secretati – fatta dalla ONG American Civil Liberties Union (ACLU) più di dieci anni fa, nel 2004. Le foto risalgono a quando George W. Bush era presidente degli Stati Uniti. Non mostrano i volti dei prigionieri, non sono datate e non hanno didascalie: cosa che rende molto complicato risalire a chi appartengano e dove e quando siano state scattate. Le foto – che si possono vedere qui (PDF) – mostrano lividi, sbucciature e graffi di lieve entità, cosa che ha fatto sospettare la ACLU che siano state diffuse solo le immagini relative agli abusi meno gravi.
Nel 2009 l’amministrazione Obama si era inizialmente rifiutata di diffondere le foto in questione – cambiando idea rispetto a quanto detto in campagna elettorale – spiegando che avrebbero potuto «aizzare il sentimento anti-americano e mettere in pericolo i nostri soldati». Nello stesso anno il Congresso approvò il Protected National Security Documents Act, che permetteva al Segretario della Difesa in carica di impedire la diffusione di foto di prigionieri di guerra scattate fra il 2001 e il gennaio del 2009, a meno di assicurare che la loro diffusione non mettesse in pericolo soldati americani. Il Protected National Security Documents Act va rinnovato ogni tre anni ed è già stato esteso sia nel 2012 che nel 2015, l’ultima volta dall’attuale Segretario alla Difesa Ashton Carter, che però ha anche deciso di diffondere le 198 foto rese disponibili ieri.
Da molti anni diverse ONG accusano gli Stati Uniti di aver leso i diritti umani dei propri prigionieri in Iraq e Afghanistan e di averne coperto le prove, dimostrando scarsa trasparenza. L’esistenza dell’archivio di circa duemila foto era noto da anni. Un primo passo verso la loro possibile diffusione era stato fatto nel 2014, quando il giudice federale Alvin Hellerstein aveva stabilito che il governo era tenuto a spiegare foto per foto perché non potessero essere diffuse, dietro un’altra causa portata avanti dalla ACLU. Il governo aveva contestato questa decisione, e solo in seguito ha deciso di diffondere 198 foto.
Il Dipartimento della Difesa ha spiegato che le foto diffuse ieri riguardano 56 accuse di abusi, 14 delle quali sono state rafforzate da altre prove, mentre 42 non lo sono state. Una portavoce del Diparimento ha anche detto che in relazione alle foto 65 persone hanno avuto conseguenze legali fra cui anche l’ergastolo, ma non ha precisato altri dettagli.
Il Guardian racconta che già nel 2014 Hellerstein aveva avvertito che alcune foto presenti nell’archivio erano «relativamente innocue, mentre altre vanno seriamente prese in considerazione». Secondo la ACLU, il governo americano sta ancora trattenendo le foto legate a diversi presunti casi di abusi già noti, fra cui l’aggressione sessuale di una prigioniera irachena di 73 anni, l’esecuzione di un contadino iracheno da parte di alcuni soldati americani e l’abuso sessuale compiuto da una soldatessa americana contro un detenuto maschio. La ACLU ha detto che continuerà a insistere affinché vengano diffuse anche le rimanenti foto dell’archivio.