Ora in Spagna ci provano i socialisti
Il primo ministro uscente Mariano Rajoy ha rinunciato a formare un governo: il Re ha incaricato Pedro Sánchez che cercherà di allearsi con Podemos, ma non sarà semplice
Martedì 2 febbraio il re di Spagna Filippo VI ha incaricato il leader socialista Pedro Sánchez di formare un nuovo governo. Lo scorso 23 gennaio il conservatore Mariano Rajoy, leader del Partito Popolare e attuale primo ministro, aveva rinunciato alla proposta. Nel frattempo Podemos ha offerto ai socialisti del PSOE di riunire la sinistra in un governo di maggioranza, ma le trattative delle prossime settimane non saranno semplici.
I risultati delle elezioni spagnole dello scorso dicembre avevano portato alla formazione di un Parlamento molto frammentato e senza una maggioranza assoluta: il Partito Popolare del primo ministro uscente Mariano Rajoy aveva vinto, ma senza ottenere la maggioranza necessaria a governare. Per la prima volta dal 1982 in Spagna si dovrà formare un governo di coalizione, ma le trattative finora sono state molto complicate. Rajoy, in quanto leader del partito che aveva ottenuto il risultato migliore, era stato il primo a essere chiamato dal Re per formare un governo, ma non era riuscito a concludere un accordo su una grande coalizione con il Partito Socialista (PSOE). Aveva dunque rifiutato l’offerta, scegliendo di non chiedere la fiducia del parlamento su un governo di minoranza perché, aveva spiegato durante una conferenza stampa, non avrebbe ottenuto i voti necessari: i socialisti avevano infatti detto che avrebbero votato contro.
In Spagna il processo di formazione di un nuovo governo è molto simile a quello italiano: per poter entrare in carica un governo ha bisogno della fiducia della maggioranza del Parlamento. La maggioranza al Congresso dei Deputati, la camera bassa spagnola, è formata da 176 seggi. Il Partito Popolare (PP) ne aveva ottenuti 123, il Partito Socialista (PSOE) 90, Podemos con altri partiti alleati 69, Ciudadanos – un partito catalano anti-indipendenza ed europeista – 40. La Costituzione spagnola non stabilisce un tempo massimo per cercare di formare un governo, ma dopo il primo voto di fiducia la legge stabilisce che entro due mesi debba essersi formato un nuovo governo, altrimenti il Parlamento viene sciolto e si torna a votare (se si dovesse arrivare a questa ipotesi, si prevedono nuove elezioni intorno alla fine di giugno).
Il leader dei socialisti Sánchez aveva detto che, in caso di rinuncia di Rajoy, gli elettori «non avrebbero capito se il PSOE e Podemos non fossero riusciti a trovare un accordo». Sánchez ha chiesto di poter portare avanti le trattative per almeno tre settimane per cercare di formare un governo «del cambiamento, progressista e riformista». Il problema principale è che PSOE e Podemos insieme non hanno comunque abbastanza voti per avere la maggioranza (arrivano a 159 seggi) e per riuscire a ottenerla avrebbero bisogno dell’appoggio di Ciudadanos o di altri partiti minori. Podemos e Ciudadanos sono però profondamente divisi dalla questione dell’indipendenza della Catalogna, a cui è favorevole Podemos ma non Ciudadanos; Pablo Iglesias, leader di Podemos, ha ribadito di non voler partecipare a un governo di cui faccia parte anche Ciudadanos e Albert Rivera, leader di Ciudadanos, ha detto che «un governo dovrebbe unire la Spagna, non romperla».
Pedro Sánchez ha dichiarato di voler raccogliere consenso sulle riforme, sulla lotta alla disoccupazione, alla disuguaglianza sociale e alla corruzione, e su una proposta di riforma costituzionale in senso federale per regolamentare la questione catalana: «Spero che tutti siano all’altezza delle loro responsabilità», ha detto il leader socialista. Se l’alleanza PSOE, Podemos, Ciudadanos, fallisse il PSOE potrebbe tentare di ottenere il sostegno di Ciudadanos, quello dei nazionalisti moderati baschi e l’astensione di Podemos. Oppure potrebbe formare un governo di coalizione con Podemos e ottenere l’astensione dei nazionalisti catalani e degli altri partiti separatisti. Tuttavia, il PSOE – che difende una riforma federale, ma si pone come garante dell’unità della Spagna – sarebbe imbarazzato da questo sostegno esterno e ha già detto che non è disposto a negoziare. Inoltre, al suo interno, ci sono molti dissensi su un’ipotetica alleanza con Podemos.