Le prime foto della Luna vista dalla Luna
Cinquant'anni fa una sonda sovietica scattò le prime immagini del nostro satellite naturale
di Emanuele Menietti – @emenietti
Il 3 febbraio del 1966, cinquant’anni fa oggi, per la prima volta un oggetto costruito dall’uomo effettuò un “atterraggio morbido” (controllato) sulla Luna, segnando così un importante progresso nell’esplorazione del nostro satellite naturale. Il primato non fu della NASA, quindi degli Stati Uniti, ma dell’Unione Sovietica grazie alla sua missione spaziale Luna 9, organizzata nell’ambito del “Programma Luna”: un progetto molto ambizioso organizzato a partire dalla fine degli anni Cinquanta per portare sonde e lander di vario tipo sulla Luna per conoscerne meglio le caratteristiche. Nei giorni seguenti, Luna 9 scattò alcune fotografie, le prime nella storia a essere trasmesse dal suolo lunare verso la Terra.
Spazio e Guerra Fredda
Il “Programma Luna” rientrava nei più estesi progetti dell’Unione Sovietica per esplorare lo Spazio, in piena competizione con gli Stati Uniti che proprio in quegli anni stavano lavorando per portare il primo equipaggio di astronauti sulla Luna grazie alle missioni Apollo. Erano gli anni della Guerra Fredda e in un certo senso i due paesi avevano trovato nello Spazio una valvola di sfogo per confrontare la loro potenza, e le loro capacità, in un ambito diverso da quello delle aree d’influenza sulla Terra. La cosiddetta “corsa allo Spazio” ebbe il suo culmine tra la fine degli anni Cinquanta e la prima metà dei Settanta, con continui lanci di razzi, satelliti e di sonde per esplorare la Luna e mondi ancora più lontani. I successi erano sfruttati per fare propaganda contro l’altro blocco, gli insuccessi per sottolineare le carenze dei propri avversari: di mezzo c’erano miliardi di spesa e migliaia di scienziati, che beneficiarono di questa condizione per condurre i loro esperimenti, seppure nei limiti imposti dai governi che miravano soprattutto a missioni spettacolari e memorabili, ma non sempre con risultati scientificamente molto rilevanti.
Programma Luna
Mentre gli Stati Uniti lavoravano a un obiettivo pieno di incertezze e rischi come portare l’uomo sulla Luna, l’Unione Sovietica mise insieme il suo “Programma Luna” con l’obiettivo di arrivare prima sul suolo lunare, seppure con sonde automatiche di vario tipo. La prima, Luna 1, fu lanciata nel gennaio del 1959, ma mancò il bersaglio rimediando comunque il primato di prima sonda a finire in un’orbita intorno al Sole. Le cose andarono meglio nel settembre dello stesso anno, quando Luna 2 colpì la superficie lunare, diventando il primo oggetto costruito dall’uomo a raggiungere la Luna. Le missioni seguenti ebbero problemi di vario tipo, poi si arrivò al lancio di Luna 9 nel gennaio di cinquant’anni fa.
Luna 9
Il lander, cioè la parte della sonda che materialmente avrebbe poi toccato il suolo lunare, aveva una massa di 99 chilogrammi, e comprendeva una capsula (una specie di pentola a pressione di 58 centimetri di diametro) a tenuta ermetica, all’interno della quale erano stati disposti diversi strumenti per le rilevazioni e un sistema di trasmissione televisivo per inviare le immagini sulla Terra. Poiché l’urto con il suolo era previsto a una velocità di circa 22 chilometri all’ora, il lander era dotato di una serie di airbag per attutire il colpo e non danneggiare gli strumenti.
La missione partì nella mattina del 31 gennaio dal cosmodromo di Baikonur in Kazakistan, lo stesso usato ancora oggi per il lancio delle Soyuz che trasportano gli astronauti verso la Stazione Spaziale Internazionale. In quel momento la Luna si trovava a quasi 400mila chilometri dalla Terra. Il 3 febbraio, a circa 8.300 chilometri dalla superficie lunare, Luna 9 accese i suoi retrorazzi per rallentare la velocità di avvicinamento e prepararsi all’allunaggio. Quando l’altimetro rilevò una distanza dal suolo di 25mila metri si attivò il sistema per gonfiare gli airbag e attivare i retrorazzi per ridurre ulteriormente la velocità. A 250 metri dalla superficie il retrorazzo principale fu spento e la discesa proseguì frenata da motori più piccoli. A 5 metri un sensore fece spegnere i motori e avviò l’espulsione della capsula, che toccò il suolo alle 19:45 (ora italiana).
L’allunaggio avvenne nell’Oceanus Procellarum, il grande mare lunare visibile sul bordo occidentale della faccia della Luna (non c’è naturalmente un mare con l’acqua sulla Luna, si usa quel termine per indicare le parti che dalla Terra ci appaiono scure del nostro satellite naturale, quindi anticamente si ipotizzava che fossero superfici d’acqua). Dopo quattro minuti, i quattro petali che coprivano la parte superiore della capsula si aprirono, rendendola più stabile e consentendo alle altre strumentazioni di iniziare a raccogliere dati e di trasmetterli ciclicamente nei due giorni seguenti verso la Terra. Tra questi c’erano anche le fotografie scattate intorno al luogo dell’allunaggio, la prima vista dalla Luna nella storia.
Le fotografie dalla Luna
L’Unione Sovietica non rese subito pubbliche le immagini, ma queste finirono lo stesso sui giornali grazie ai ricercatori dell’osservatorio Jodrell Bank dell’Università di Manchester, Regno Unito, che con il loro radiotelescopio avevano tenuto sotto controllo le trasmissioni di Luna 9. Analizzandole, si accorsero che per trasmettere le immagini a Terra il lander utilizzava il formato Radiofax, lo stesso usato dalle agenzie di stampa per trasmettere le loro immagini ai giornali. Il quotidiano Daily Express fornì all’osservatorio la strumentazione rendendo possibile la ricezione delle immagini di Luna 9 senza doverle attendere dall’Unione Sovietica. Rispetto alle immagini che riceviamo ora da sonde in alcuni casi a centinaia di milioni di chilometri da noi, erano sgranate e poco definite, ma erano il frutto di un grande progresso tecnologico e mostravano comunque da vicino un mondo che ci accompagna da sempre, eppure all’epoca ancora poco conosciuto.
Scienza lunare
Oltre a offrire le prime immagini molto suggestive dal suolo lunare, Luna 9 ebbe il merito di fornire qualche altra evidenza scientifica. Il suo misuratore di radiazioni, l’unico rilevatore del lander, indicò una dose pari a 0,3 milligray al giorno, ma le informazioni più interessanti furono sull’effettiva consistenza del terreno. Tra le ipotesi c’era quella secondo cui fosse troppo soffice per sopportare il peso dei veicoli spaziali e che questi sarebbero sprofondati. Il suolo si rivelò invece più compatto del previsto e quindi adatto a sostenere il peso dei lander.
Nella sera del 6 febbraio 1966, Luna 9 smise di comunicare con la Terra: nei mesi successivi fu raggiunta da altri lander inviati sempre dall’Unione Sovietica. I successi di queste missioni furono presto dimenticati quando tre anni e mezzo dopo Neil Armstrong fece il suo “piccolo passo per un uomo” sulla Luna in compagnia di Buzz Aldrin con l’Apollo 11. Oggi Luna 9 è ancora là, nel mare lunare che non è un mare.