Com’è andata Fiat Chrysler nel 2015
Ha raggiunto gli obiettivi previsti, ma ha avuto problemi in Brasile e con il marchio Maserati: e il piano per rilanciare Alfa Romeo sarà ancora ritardato
di Andrea Fiorello – @andreafiorello
Mercoledì scorso il gruppo automobilistico italoamericano Fiat Chrysler Automobiles (FCA) ha pubblicato i suoi risultati finanziari del 2015, gli ultimi a includere i conti del costruttore di supercar Ferrari che è stato definitivamente scorporato da FCA lo scorso 3 gennaio 2016. Secondo i risultati approvati dal consiglio d’amministrazione del gruppo – che l’amministratore delegato Sergio Marchionne ha definito “fenomenali” – nel 2015 FCA ha raggiunto e superato gli obiettivi che si era dato, ma alcuni aspetti dei conti presentati non hanno convinto molti analisti finanziari, i quali hanno rivisto al ribasso le previsioni su FCA. Tra le ragioni di questo calo di fiducia c’è l’aggiornamento al piano industriale 2014-2018 pubblicato da FCA poco dopo i risultati: contiene alcune novità importanti sul rilancio del marchio italiano Alfa Romeo, il cui completamento della gamma è stato posticipato dal 2018 al 2020.
Escludendo per ora i risultati Ferrari, nel 2015 i ricavi di FCA (che è proprietario dei marchi Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Dodge, Fiat, Jeep, Lancia, Maserati, Mopar e Ram) sono saliti del 18,1 per cento a 110,6 miliardi di euro, mentre l’utile netto, un dato che misura l’effettivo guadagno di un’azienda, è sceso a 93 milioni di euro dai 359 dell’anno precedente. Su questo risultato hanno pesato una serie di costi straordinari legati ad alcune rettifiche del bilancio e alle relative imposte, correzioni fatte soprattutto per accantonare denaro necessario per campagne di richiamo e per il rinnovo degli stabilimenti nordamericani. Tolti questi costi occasionali, l’utile netto “adjusted”, come è definito in gergo, di Fiat Chrysler senza Ferrari è stato di 1,7 miliardi di euro, in aumento del 221,2 per cento rispetto al 2014. Nel 2015 l’EBIT adjusted di FCA – un dato che misura la capacità di un’azienda di generare reddito prima di tasse e interessi sul debito – è salito a 4,8 miliardi di euro dai 3,3 dell’anno precedente, un risultato che dipende quasi del tutto dall’ottimo andamento del gruppo nell’area nordamericana. Questa ha pesato da sola per il 93 per cento del dato complessivo (4,45 miliardi), a conferma del fatto che Canada e Stati Uniti restano i mercati più importanti e redditizi per il costruttore. In Europa l’EBIT adjusted è stato invece pari a 213 milioni di euro: poco, ma comunque meglio della perdita di 41 milioni registrata nel 2014.
Il ruolo fondamentale dell’area NAFTA – l’area di libero scambio che comprende Canada, Messico e Stati Uniti – per Fiat Chrysler si vede anche nelle consegne di veicoli: su un totale di 4,6 milioni di unità (invariato rispetto all’anno precedente), nel 2015 FCA ha consegnato 2,72 milioni di auto e veicoli commerciali in America settentrionale (+9 per cento) e 1,14 milioni nell’area EMEA (+12 per cento), che include Europa, Medio Oriente e Africa. Le consegne FCA sono invece calate del 33 per cento (553mila unità) in America Latina, a causa soprattutto del crollo del mercato auto brasiliano, di cui Fiat è leader, trascinando in negativo anche l’EBIT adjusted di quest’area, che è passato dai +289 milioni di euro del 2014 a -87 milioni. Nel 2015 FCA è andata male anche nella regione Asia Pacifico: qui le consegne sono diminuite del 32 per cento a 149mila unità, con cali in India (-28 per cento), Australia (-21 per cento) e Cina (-19 per cento), dove lo scorso ottobre è cominciata la produzione locale del SUV Jeep Cherokee. L’EBIT adjusted dell’area si è ridotto a 52 milioni di euro, rispetto ai 541 dell’anno precedente.
In calo anche le consegne del marchio di lusso Maserati, che l’anno scorso sono scese dell’11 per cento a 32.474 unità, una diminuzione dovuta soprattutto alla minore domanda di berline modello Quattroporte negli Stati Uniti e in Cina, secondo quanto dichiara FCA. L’EBIT adjusted del marchio è sceso del 62 per cento a 105 milioni di euro per i volumi in calo e per i costi dovuti all’avvio della produzione del SUV Levante, un nuovo modello Maserati che sarà presentato a marzo in occasione del prossimo Salone dell’auto di Ginevra e che verrà costruito nello stabilimento Mirafiori a Torino a partire dal primo trimestre di quest’anno. È andato molto bene invece il marchio Jeep, le cui consegne globali sono aumentate del 21 per cento a 1,3 milioni di unità.
Il debito netto industriale di FCA è sceso da 7,7 a 5 miliardi di euro, grazie anche alla separazione di Ferrari che ha contribuito per circa un miliardo, mentre la liquidità disponibile (la cosiddetta “cassa”) è rimasta a livelli elevati con 24,6 miliardi di euro.
I conti di Ferrari
I risultati finanziari 2015 di Ferrari saranno resi pubblici dopo l’approvazione da parte del suo consiglio d’amministrazione, che si riunirà il prossimo 2 febbraio. I dati che riguardano il costruttore di supercar contenuti nei risultati FCA, quindi, sono provvisori e potranno variare leggermente per via di alcune questioni tecniche e definizioni contabili differenti. Detto questo, nel 2015 Ferrari ha fatto segnare solo numeri positivi: i suoi ricavi sono aumentati da 2,45 a 2,6 miliardi di euro e sono cresciuti anche EBIT adjusted (473 milioni, contro i 404 del 2014) e utile netto (da 273 a 284 milioni di euro del 2015).
Gli obiettivi 2016 e l’aggiornamento del piano 2014-2018
Come detto all’inizio, nel complesso il gruppo automobilistico Fiat Chrysler ha raggiunto gli obiettivi che si era dato per il 2015, mentre quelli per il 2016 appaiono molto prudenti: ricavi, 5 miliardi di euro di debito e circa 9 di investimenti sono in linea con quelli dell’anno precedente, mentre è previsto solo un leggero miglioramento degli utili. Più ambiziosi secondo gli analisti – per alcuni anche troppo – i target finanziari per il 2018 che, nonostante la separazione di Ferrari, sono stati rivisti al rialzo rispetto a quanto previsto nel piano originale del 2014, specie nell’EBIT adjusted (da 4,7 per cento a 6,4-7,2) e nel debito netto industriale, che dovrebbe annullarsi e anzi diventare una disponibilità positiva per 4-5 miliardi di euro. Un altro obiettivo molto ambizioso riguarda il marchio Jeep, che secondo il nuovo piano industriale del gruppo dovrebbe raggiungere i due milioni di unità annue entro il 2018 (il piano 2014 parlava di 1,8 milioni).
La reazione in borsa e il ritardo Alfa Romeo
I risultati 2015 FCA e l’aggiornamento al piano industriale non hanno ricevuto una buona accoglienza sui mercati finanziari: molti analisti hanno corretto al ribasso le proprie previsioni sull’andamento di FCA e sul suo valore, di conseguenza giovedì 28 le azioni Fiat Chrylser hanno perso il 7,2 per cento e venerdì 29 sono scese di un altro 0,7 per cento, facendo in entrambi i casi peggio dell’indice Ftse Mib della Borsa di Milano.
Le perplessità degli esperti su FCA riguardano – tra le altre cose – la sua forte dipendenza dal mercato auto nordamericano, la capacità piuttosto bassa delle sue attività industriali di generare profitti e quello che si sta rivelando uno degli obiettivi più difficili per il gruppo: il rilancio del marchio sportivo italiano Alfa Romeo. Durante una conference call con alcuni analisti finanziari, l’amministratore delegato del gruppo Sergio Marchionne ha ufficializzato che il rilancio del marchio Alfa Romeo subirà un altro ritardo e che la sua gamma non sarà completata prima del 2020. Secondo il nuovo piano aggiornato, quest’anno arriverà sul mercato la gamma della berlina Alfa Romeo Giulia, mentre un nuovo SUV derivato da questo modello verrà lanciato a cavallo tra 2016 e 2017. Tra il 2017 e il 2020, invece, Alfa Romeo prevede di presentare altri sei modelli: un’ammiraglia, una compatta erede dell’attuale Giulietta, due SUV e due sportive, probabilmente un coupé e una decappottabile.