Le teorie del complotto non stanno in piedi, matematicamente
Un ricercatore di Oxford ha trovato un modello per dimostrarne l'infondatezza: se fossero vere sarebbero coinvolte troppe persone perché si potesse mantenere il segreto
di Abby Ohlheiser – Washington Post
Se la NASA avesse davvero inscenato lo sbarco sulla Luna del 1969, 411.000 persone avrebbero dovuto collaborare per nascondere la verità all’opinione pubblica: è la tesi di un ricercatore di Oxford, che ha trovato un metodo matematico per valutare la fondatezza delle teorie del complotto.
David Robert Grimes è un fisico e ricercatore sul cancro, ma scrive anche articoli scientifici per l’Irish Times e il Guardian. Secondo un comunicato dell’Oxford University sul nuovo studio – pubblicato questa settimana sulla Public Library of Science – Grimes è spesso contattato da sostenitori di teorie del complotto “scientifiche”, in cui l’intera comunità scientifica è spesso accusata di cospirare e falsare dati in malafede. Per aiutare a valutare l’attendibilità (o l’infondatezza) di diverse note teorie del complotto, Grimes ha elaborato un’equazione che dimostra quanto sarebbe difficile mantenere segrete cospirazioni su larga scala, se fossero vere. «Anche un complotto che coinvolge solo poche migliaia di persone sarebbe inevitabilmente smascherato nel giro di decenni. Nel caso in cui partecipassero centinaia di migliaia di persone, invece, avverrebbe in meno di cinque anni», ha concluso Grimes. Brutte notizie per le teorie complottiste più longeve di internet.
Se gli scettici del cambiamento climatico avessero ragione, per esempio, oltre 440 mila persone dovrebbero cooperare per ingannare l’opinione pubblica. Secondo l’equazione di Grimes, un complotto di questa portata sarebbe stato svelato – con un soffiata interna o per caso – tre anni e nove mesi dopo il suo inizio. «I risultati del modello indicano che le grandi cospirazioni (con il coinvolgimento di almeno mille persone) si dimostrano in breve tempo insostenibili e inclini al fallimento», ha detto Grimes. L’equazione prende in esame diversi fattori, come il numero di cospiratori necessario per mantenere segreto un misfatto nel corso del tempo, se il complotto richiede la partecipazione attiva delle persone coinvolte o solo il loro silenzio, e il tasso con cui queste persone muoiono (per cause naturali o in “modo mirato”). Per calcolare la probabilità che un complotto venga smascherato, l’equazione fa riferimento ad alcuni casi di cospirazioni che si sono rivelate effettivamente vere: le strategie di sorveglianza di massa attuate dagli Stati Uniti, e rese pubbliche dal whistleblower Edward Snowden; l’esperimento di Tuskegee sulla sifilide, in cui alcuni ricercatori si sono rifiutati di somministrare la penicillina agli afroamericani che partecipavano allo studio; e il caso delle prove false fornite dall’FBI durante diversi processi. Le informazioni su questi complotti sono state interpretate per definire «lo scenario più ottimistico dalla prospettiva dei complottisti», al fine di rendere l’equazione più attendibile, ha detto Grimes.
Grimes ha applicato l’equazione a quattro grandi teorie del complotto, per valutarne la fondatezza: i detrattori del cambiamento climatico, i movimenti anti-vaccini, il falso allunaggio della NASA, e il complotto sul cancro (ovvero l’idea secondo cui una cura per il cancro esista ma non venga diffusa). La versione completa dello studio fornisce un resoconto dettagliato di come le diverse interpretazioni sulla dimensione del complotto ne influenzino la probabilità che sia smascherato. Le persone coinvolte per insabbiare una presunta cospirazione sui vaccini, per esempio, potrebbero essere circa 22 mila o oltre 700 mila, a seconda che si ritenga che le case farmaceutiche siano in combutta con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e i centri per la prevenzione e il controllo delle malattie – come credono molti complottisti – o che siano invece state tratte con l’inganno a favorire gli interessi dei cospiratori.
Come mostra il grafico sotto, nel caso dei vaccini l’inclusione o meno delle case farmaceutiche influisce molto sulla stima del tempo necessario per smascherare il complotto. Lo stesso vale per la teoria sul cambiamento climatico: si possono considerare parte del complotto gli scienziati che conducono ricerche sul clima o, come sostenuto più spesso, tutti gli enti scientifici che concordano sull’esistenza e sulle cause del cambiamento climatico.
L’immagine si ingrandisce cliccando
I dati indicano il tempo massimo che trascorrerebbe prima di scoprire una cospirazione, e si basano su valutazioni conservative della dimensione dei presunti complotti, anche nel caso di scenari più diffusi. Inoltre, non prendono in considerazione la possibilità che il complotto sia scoperto dall’esterno, il che aumenterebbe la probabilità di smascherarlo.
Secondo alcune ricerche recenti, modelli come quello di Grimes – per quanto chiari – non hanno molte speranze di far vacillare le convinzioni dei complottisti. La giornalista del Washington Post Caitlin Dewey – in un articolo sulle bufale su internet, nella rubrica The Intersect – ha scritto :
Oggi, la sfiducia verso le istituzioni è altissima, e i pregiudizi a livello cognitivo sono sempre molto forti: chi crede alle bufale online spesso è solo interessato a leggere informazioni che corrispondano alle sue idee, anche quando sono palesemente false.
Anche Grimes sa che è «molto improbabile» che la ricerca possa far cambiare idea ai complottisti. Lo studio si conclude però con una nota di ottimismo: «Per le persone meno fanatiche», ha scritto, «potrebbe rivelarsi utile». In una nota di accompagnamento allo studio, Grimes ha poi aggiunto: «Non tutte le persone che credono alle teorie del complotto sono irrazionali o superficiali. Spero che dimostrando quanto siano improbabili alcuni presunti complotti, qualcuno riconsideri le sue idee anti-scientifiche».
© The Washington Post 2016