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  • Giovedì 28 gennaio 2016

La conferenza sulla Siria è già nei guai

È iniziata venerdì a Ginevra ed è già esemplare della complicata situazione della guerra: alcune opposizioni non sono state invitate, altre parteciperanno a certe condizioni

L'inviato dell'ONU per la SIria, Staffan De Mistura, a Ginevra (FABRICE COFFRINI/AFP/Getty Images)
L'inviato dell'ONU per la SIria, Staffan De Mistura, a Ginevra (FABRICE COFFRINI/AFP/Getty Images)

Aggiornamento sabato – L’High Negotiation Committee, una coalizione delle opposizioni siriane appoggiata dall’Arabia Saudita, ha cambiato idea sulla sua partecipazione alla conferenza di Ginevra sulla Siria. I colloqui, organizzati dalle Nazioni Unite, sono cominciati ieri: l’HNC aveva detto inizialmente che non avrebbe partecipato almeno finché non fossero state soddisfatte alcune sue richieste (come la fine dei bombardamenti sui civili compiuti dal regime siriano e la fine dell’assedio di alcune città controllate dai ribelli). L’HNC ha detto comunque che i suoi rappresentanti sono intenzionati ad ottenere delle concessioni, prima di parlare delle altre questioni presentate dall’ONU.

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Aggiornamento venerdì – L’opposizione più rilevante al presidente siriano Bashar al Assad – quella che alla conferenza di Riyadh aveva fatto nascere l’High Negotiations Committee – ha detto che non parteciperà alla conferenza di Ginevra sulla Siria organizzata dalle Nazioni Unite. L’High Negotiations Committee ha giustificato la sua scelta dicendo che non sono state soddisfatte le richieste che aveva fatto come precondizione per la sua partecipazione, tra cui la fine degli attacchi aerei governativi contro zone di civili e la fine degli assedi ad alcune città siriane sotto il controllo dei ribelli. Alla conferenza di Ginevra non ci saranno nemmeno le opposizioni curde, la cui partecipazione è stata impedita dalle pressioni del governo turco. Ci sarà invece la delegazione rappresentante il regime siriano di Assad.

Reuters scrive che il rifiuto dell’High Negotiations Committee è un colpo piuttosto duro per Staffan de Mistura, l’inviato speciale dell’ONU per la Siria, che ieri aveva diffuso un messaggio video rivolto alla popolazione siriana in cui annunciava l’inizio dei colloqui.

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Venerdì inizierà a Ginevra, in Svizzera, una nuova conferenza di pace sulla Siria organizzata dalle Nazioni Unite. La lista degli invitati non è stata resa pubblica: Staffan de Mistura, l’inviato delle Nazioni Unite per la Siria, ha detto che è troppo “delicata” per essere diffusa. A oggi non è chiaro chi parteciperà, ma è certo che sarà una conferenza particolare: un “balletto diplomatico” molto strano, l’ha definito il New York Times. Il piano di de Mistura è tenere separate in diverse stanze le delegazioni che parteciperanno, e fare avanti e indietro da una all’altra. Le aspettative sono modeste: l’obiettivo dichiarato non è trovare una soluzione per la guerra – che al momento sembra impossibile – ma accordarsi per permettere l’arrivo di cibo e medicine in diverse città siriane assediate, soprattutto dalle forze fedeli al regime del presidente Bashar al Assad, ed eventualmente di accordarsi per delle tregue locali (come quella di Homs).

Nonostante i suoi obiettivi modesti, la conferenza di Ginevra durerà sei mesi (non continuativi), che è un ulteriore segno di come sia difficile organizzare dei colloqui sulla Siria. Come le precedenti conferenze di Ginevra – ce ne sono già state due, nel 2012 e nel 2014, che però non hanno portato agli obiettivi sperati – non c’è accordo su chi debba essere coinvolto nei negoziati e su chi debba essere considerata la legittima opposizione siriana.

Le tre opposizioni siriane

Lo scorso dicembre l’opposizione siriana si è riunita in tre conferenze diverse: una a Damasco (Siria), una vicino a Derik (nel Kurdistan siriano) e una a Riyadh (Arabia Saudita). La prima, ha scritto l’analista Aron Lund, è stata organizzata con l’assenso del regime di Assad: i partecipanti sono stati presentati come oppositori del regime ma non rivoluzionari. Di fatto si è trattato di una mossa di Assad per delegittimare la successiva conferenza di Riyadh, dimostrando al mondo che il regime è in grado di tollerare un’opposizione interna (in realtà la notizia della conferenza a Damasco è stata ripresa praticamente solo dalla stampa siriana controllata dal governo).

Anche la seconda conferenza, quella nel Kurdistan siriano, è stata organizzata in contrapposizione ai colloqui di Riyadh. Il governo turco ha infatti fatto pressioni ai sauditi affinché i curdi siriani non partecipassero alla conferenza di Riyadh: dal 2012 i curdi siriani sono controllati da gruppi che fanno riferimento al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (più noto con la sigla PKK), nemico della Turchia. Una delle cose più interessanti dell’intera faccenda è che la leadership del PKK “ha giocato le sue carte splendidamente” da quando è iniziata la guerra in Siria, ha scritto Lund: ha creato un’organizzazione chiamata Forze Democratiche Siriane che è appoggiata dagli Stati Uniti, ma ha mantenuto solidi altri gruppi come il Partito di Unione Democratica (noto con la sigla PYD) che riceve invece assistenza dalla Russia: e Stati Uniti e Russia non sono schierati dalla stessa parte nella guerra siriana (qui una cosa più lunga sui curdi e il loro rapporto con Stati Uniti e Russia). La conferenza di Derik ha stabilito la creazione dell’Assemblea Siriana Democratica formata da 42 membri.

La terza conferenza, la più rilevante, si è tenuta a Riyadh, è stata organizzata dal governo saudita e ha coinvolto diversi gruppi di ribelli che combattono Assad. Al termine della conferenza i partecipanti si sono detti d’accordo a partecipare ai negoziati di Ginevra che cominceranno venerdì, a patto però che il regime siriano dimostri prima “la sua buona fede” smettendo per esempio di usare la malnutrizione come arma (come viene fatto da settimane nella città siriana di Madaya) e liberando i prigionieri di guerra. Si è anche ribadito che per avviare qualsiasi transizione politica Assad e “la sua cricca” dovranno lasciare il potere, la condizione certamente più discussa dalle opposizioni siriane, che finora ha però trovato un netto rifiuto dallo stesso Assad e dalla Russia (anche se il governo russo potrebbe avere cambiato il suo atteggiamento nei confronti di Assad: il 22 gennaio il Financial Times scriveva che un rappresentante del governo russo era andato a Damasco per chiedere ad Assad di fare un passo indietro). Dalla conferenza a Riyadh è nato l’High Negotiations Committee, un organo che rappresenta i gruppi che hanno firmato l’accordo finale della conferenza in Arabia Saudita.

I veti incrociati, una conferenza quasi impossibile

La Russia, che è alleata di Assad, sta facendo pressioni affinché a Ginevra siano presenti sia i gruppi che fanno parte del blocco saudita ma che sono considerati da alcuni troppo vicini ad Assad, sia i curdi, che stanno sviluppando sempre più ostilità nei confronti dei ribelli siriani (il fatto che i curdi siano nemici della Turchia non è un grosso problema per la Russia: i rapporti tra governo turco e russo sono peggiorati notevolmente dopo l’incidente dell’aereo russo abbattuto al confine con la Turchia). Ma ci sono alcuni problemi su questo fronte: il New York Times scrive che Haytham Manaa, un dissidente che non si era unito ai combattimenti contro Assad e uno di quelli che aveva ricevuto l’appoggio russo, ha confermato di avere ricevuto l’invito ma ha detto che non prenderà parte a una delegazione decisa dalla Russia («L’elenco dei nomi è come la zuppa russa e non è accettabile»). La Turchia ha detto invece che toglierà il suo sostegno alla conferenza di Ginevra se tra i partecipanti ci sarà anche il PYD (ma sembra comunque che i leader del PYD non siano stati invitati).

Non è chiaro se a Ginevra ci saranno rappresentanti dell’High Negotiations Committee, appoggiato dall’Arabia Saudita: ma anche se ci saranno, potrebbe non esserci nessuno a rappresentare Ahrar al Sham, il più potente gruppo armato islamista che sta combattendo in Siria ma che si è rifiutato di firmare il documento conclusivo della conferenza a Riyadh (in realtà un suo rappresentato l’ha firmato, ma senza il consenso di molti leader del gruppo, quindi probabilmente a nome suo e di pochi altri). Sembra certa la presenza della delegazione del regime siriano, visto che da un paio di giorni a Ginevra è già arrivata la troupe di SANA, l’agenzia di news statale filo-governativa. A Ginevra non ci saranno né il Fronte al Nusra, il gruppo che rappresenta al Qaida in Siria, né lo Stato Islamico (o ISIS), nonostante entrambi – soprattutto lo Stato Islamico – controllino un ampio territorio della Siria.

De Mistura è il terzo inviato delle Nazioni Unite per la Siria da quando è iniziata la guerra nel marzo del 2011. Alle domande sul futuro di Assad e sui tempi di una eventuale transizione politica non ha risposto, ma ha detto riferendosi alla conferenza di Ginevra: «Non dovremmo esaltarci o deprimerci. La cosa importante è non smettere di lavorare con entusiasmo, le regole del gioco sono flessibilità e creatività».