Come American Apparel prova a uscire dai guai
Lo fa con una nuova CEO e una nuova strategia di marketing, su cui però esperti e investitori hanno opinioni diverse
Questa settimana, i dirigenti e il consiglio di amministrazione di American Apparel – una nota catena di abbigliamento americana – hanno ripreso parte del controllo della società: un giudice fallimentare ha approvato il loro piano di ristrutturazione aziendale, privando così il fondatore ed ex CEO Dov Charney di tutte le sue azioni.
Da quando è stato licenziato come CEO dell’azienda – con accuse di violenza sessuale e abuso di fondi aziendali – Charney sta cercando in tutti i modi di tornare ad American Apparel: la decisione del tribunale potrebbe assestare un colpo definitivo alle sue speranze, oltre a ristrutturare l’enorme debito che rendeva difficile la sopravvivenza della catena di abbigliamento. «È la cosa più vicina a un nuovo inizio che potevano ottenere», ha detto Liz Dunn, CEO di Talmage Advisors, società di consulenza nel settore della vendita al dettaglio.
Cosa succederà adesso?
La battaglia con Charney è stata sicuramente una distrazione per American Apparel, ma non è l’unico problema dell’azienda. Le vendite stanno crollando: nell’ultimo trimestre in cui l’azienda ha pubblicato i suoi utili, erano diminuite del 17 per cento (American Apparel non ha più diffuso dati sulle vendite da quando ha fatto richiesta di fallimento lo scorso ottobre, ma ha detto che la stagione festiva è stata “difficile”). Secondo gli esperti, i consumatori sanno relativamente poco delle gravi accuse contro Charney e dei problemi che ne sono seguiti. Paula Schneider , che ha sostituito Charney a capo di American Apparel, ha detto che il calo delle vendite sarebbe conseguenza di problemi ed errori di altro tipo: i prodotti non sono in linea con i clienti, i negozi sono mal posizionati e spesso espongono troppi capi. Ora, Schneider spera che American Apparel – famosa per il sui capi semplici, giovani e alla moda, come body e top – riesca a concentrarsi sulla strategia presentata alcuni mesi fa per invertire la rotta. «È una specie di rinascita: siamo tornati al calcio d’inizio», ha detto Schneider mercoledì in un’intervista.
Sul fronte dell’abbigliamento, Schneider sta cercando di snellire e rinnovare lo stile dell’azienda. A causa dei pochi fondi disponibili è stato però difficile introdurre novità nell’offerta, ha detto. American Apparel è riuscita a realizzare solo il 10 per cento dei nuovi capi disegnati per lo scorso autunno, che sono stati circa il 6-8 per cento di tutti i prodotti presenti nei negozi durante la passata stagione. La situazione dovrebbe cambiare dopo la ristrutturazione: per la stagione primaverile, Schneider conta di presentare dai 125 o ai 130 nuovi capi nei negozi. La prossima primavera, American Apparel si concentrerà sulla vendita di una nuova T-shirt da donna, un capo molto comune che Schneider spera possa riavvicinare i clienti che si sono stufati dei vecchi modelli fuori moda. Schneider è convinta che le attuali T-shirt da donna dell’azienda non abbiano successo e lo dimostra il fatto che nella sede di American Apparel «non le mette nessuno». Tuttavia, l’aggiornamento dei modelli non sarà semplice né veloce, dal momento che American Apparel sta cercando di ampliare il suo bacino di clienti oltre le adolescenti e le studentesse universitarie, per rivolgersi anche alle giovani donne sui 20-30 anni. Secondo Ann Paulins della Ohio State University, «Servirà un squadra di marketing e pianificazione davvero esperta e creativa per capire come far evolvere i prodotti di American Apparel» verso un pubblico che si veste per andare in ufficio e poi vuole uscire la sera.
Nell’ambito di un’ampia strategia di riduzione dei costi annunciata la scorsa estate, Schneider ha anche chiuso alcuni punti vendita che avevano registrato risultati negativi, riducendo il numero dei negozi del marchio da 240 a 204 negli Stati Uniti. Ora Schneider è decisa a rendere più facili gli acquisti nei negozi rimasti, e sta sperimentando nuove strategie di merchandising nei punti vendita di New York: nel quartiere di SoHo, per esempio, l’azienda ha rimosso il 40 per cento delle strutture presenti in negozio e eliminato i capi che vendevano meno. Secondo Schneider, la decisione sta favorendo un trend positivo nelle vendite e aiuta i clienti a trovare più facilmente quello che cercano.
Schneider era arrivata ad American Apparel a seguito delle perdite per oltre trecento milioni di dollari registrate dall’azienda sotto la guida di Charney. Anche dopo la sua nomina, però, gli investitori hanno continuato a svendere le azioni dell’azienda – che erano arrivate a valere pochi centesimi, prima di essere ritirate ad ottobre – segno forse della poca fiducia nei cambiamenti annunciati da Schneider per la ripresa dell’azienda. Alcuni dipendenti, inoltre, hanno organizzato delle proteste fuori dalla sede di American Apparel per esprimere la loro insoddisfazione verso i nuovi vertici aziendali. Il generale clima sfavorevole per i marchi di abbigliamento – come dimostrano i risultati negativi delle vendite nella stagione festiva – infine, non aiuta i tentativi di ripresa.
Eppure, secondo gli analisti Schneider ha buone possibilità di invertire la rotta, ora che la situazione finanziaria si è stabilizzata. «Le difficoltà sono gestibili: finora non è stato possibile perché non avevano più benzina nel motore», ha detto Craig Johnson, presidente di Customer Growth Partner, una società che si occupa di ricerche di mercato nel settore della vendita al dettaglio. Secondo gli analisti, uno dei punti di forza per la ripresa di American Apparel potrebbe essere rappresentato dalla loro produzione locale: se sfruttata bene, potrebbe attrarre clienti, in un periodo in cui c’è più attenzione per la provenienza dei prodotti. «L’autenticità è molto importante per le nuove generazioni», ha detto Kirthi Kalyanam, professore e ricercatore della Santa Clara University. Per questo, l’azienda sta concentrando i suoi sforzi di marketing per sottolineare il suo stile made in America, e ha organizzato, per esempio, un concorso rivolto ad artigiani locali per siglare un contratto di produzione di accessori con l’azienda.
Secondo Johnson – che dice di svolgere regolarmente sondaggi con i clienti dei centri commerciali – il marchio American Apparel è ancora molto apprezzato dai consumatori. «Non è il marchio ad essere fallito», ha detto Johnson, «Ma l’azienda».
© The Washington Post 2016