Anche il nipote di Khomeini non potrà candidarsi alle elezioni iraniane
È stato escluso insieme a moltissimi altri candidati riformisti per una decisione che ha fatto protestare anche il presidente Rouhani
Hassan Khomeini, nipote dell’ayatollah Khomeini – fondatore della Repubblica Islamica dell’Iran e prima Guida suprema del paese – è stato escluso dalla lista dei candidati per l’elezione all’Assemblea degli esperti, l’organo incaricato di eleggere o rimuovere dal potere la Guida suprema, che è la carica politica e religiosa più importante dell’Iran. La notizia è stata ripresa da tutti i principali siti di news del mondo ed è stata resa pubblica ieri su Instagram dal figlio di Hassan Khomeini. È una notizia importante perché racconta un pezzo di quello che sta succedendo in Iran in vista delle elezioni del prossimo 26 febbraio, quando per la prima volta nella storia della Repubblica Islamica dell’Iran (quindi per la prima volta dal 1979) si voterà lo stesso giorno per rinnovare sia il Parlamento iraniano che l’Assemblea degli esperti.
A differenza di quello che si potrebbe pensare, Hassan Khomeini è associato alla fazione politica riformista, che si oppone alla fazione conservatrice di cui fa parte per esempio l’attuale Guida suprema Ali Khamenei. Khomeini non è stato l’unico candidato a essere escluso dalle liste elettorali: delle 801 proposte di candidatura per l’Assemblea degli esperti, ne sono state approvate solo 166, e dei 12mila candidati per il Parlamento ne sono stati approvati solo 7mila circa: i nomi degli esclusi non sono stati resi pubblici, ma la fazione riformista ha detto che molti dei suoi esponenti fanno parte di quelli che non si potranno candidare. Andando per ordine, vale la pena capire per prima cosa quali organi saranno coinvolti nelle elezioni del 26 febbraio e cosa significa essere riformisti e conservatori in Iran.
Il presidente iraniano Hassan Rouhani con dietro le facce dell’attuale Guida Suprema Ali Khamenei, a sinistra, e del fondatore della Repubblica Islamica dell’Iran Ruhollah Khomeini, a destra (ATTA KENARE/AFP/Getty Images)
Per cosa si vota il 26 febbraio
L’Assemblea degli esperti è uno degli organi più importanti dell’Iran: è formato da 8 mujtahids (teologi dell’Islam) incaricati di eleggere ed eventualmente rimuovere dal suo incarico la Guida suprema, l’autorità politica e religiosa più importante in Iran. Nella storia della Repubblica Islamica dell’Iran ci sono state solo due Guide supreme: Ruhollah Khomeini, che guidò la rivoluzione islamica del 1979, e Ali Khamenei, 76 anni, eletto nel 1989 dopo la morte del suo predecessore. Le elezioni del 26 febbraio serviranno anche ad eleggere il nuovo Parlamento iraniano, formato da 290 seggi di cui alcuni riservati alle minoranze (i zoroastriani, gli ebrei, i cristiani assiri e gli armeni): a eccezione di questi pochi seggi, non possono candidarsi i non musulmani e tutti coloro che avevano ricoperto ruoli nel governo prima della rivoluzione del 1979.
Fonte: Wikipedia
Tutti i candidati a qualsiasi elezione iraniana devono essere approvati dal Consiglio dei guardiani della costituzione, un organo formato da 12 membri: sei sono teologi nominati dalla Guida suprema, sei sono giuristi nominati dal potere giudiziario (anch’esso fortemente dipendente dalla Guida suprema) e approvati dal Parlamento. Nonostante il sistema istituzionale iraniano sia molto complesso e articolato, è evidente come la Guida suprema – che nella breve storia della Repubblica Islamica ha sempre rappresentato la fazione più conservatrice – ricopra un ruolo predominante: questo discorso vale anche oggi che a capo del governo iraniano c’è Hassan Rouhani, un politico considerato “moderato” e più aperto a dialogare con l’Occidente. E infatti Rouhani ha protestato per le esclusioni di massa dei candidati riformisti alle elezioni del 26 febbraio.
Cosa ha detto Rouhani
Un portavoce del Consiglio dei guardiani ha detto che alcuni candidati esclusi non avevano i requisiti necessari per essere eletti all’Assemblea degli esperti (per esempio sono coinvolti in casi giudiziari ancora aperti), mentre altri – inclusi alcuni membri del clero sciita iraniano – sono stati considerati “non aderenti” all’Islam e alla Repubblica Islamica. Il 21 gennaio Rouhani ha protestato soprattutto in relazione a questa seconda categoria di esclusi: in sintesi ha detto che nemmeno il primo imam sciita – Abi ibn Abi Talib, il genero del profeta Maometto – era così rigido nello scegliere i governanti. Rouhani ha accusato il Consiglio dei guardiani di non considerare tra i criteri le abilità amministrative dei candidati: «Considerate le condizioni attuali, l’occupazione è la questione primaria per noi e in parlamento devono essere mandati individui competenti».
#Iran president Rouhani: If a faction is present in #elections & another faction is not, then there is no need to have elections.
— Abas Aslani (@AbasAslani) January 21, 2016
Rouhani ha anche fatto riferimento al fatto che la Costituzione iraniana preveda seggi riservati alle minoranze, come i zoroastriani e gli ebrei, ma che una fazione che ha tra i 7 e i 10 milioni di sostenitori non è rappresentata adeguatamente (Rouhani non lo ha specificato apertamente, ma la sua affermazione si riferiva probabilmente ai riformisti, la fazione che appoggiò la sua candidatura alle ultime elezioni presidenziali, nel 2013). L’organizzazione non governativa Human Rights Watch ha scritto che con l’eliminazione dei candidati riformisti la libertà e la correttezza delle elezioni iraniane sarà a rischio: negli ultimi anni, ha aggiunto HRW, il Consiglio dei guardiani ha ampliato il proprio compito di supervisionare le candidature, usando spesso misure arbitrarie e informazioni provenienti da fonti mai rivelate.
Riformisti e conservatori
La fazione dei riformisti è nata come insieme di partiti politici e organizzazioni sostenitori di Mohammad Khatami, presidente in Iran per due mandati (dal 1997 al 2005): Khatami cercò di introdurre nel sistema iraniano più democrazia e libertà, senza mettere però in discussione l’intero sistema istituzionale politico e religioso della Repubblica Islamica. Il movimento riformista, comunque, si indebolì molto dopo il fallimento della cosiddetta “Onda Verde”, quel movimento che nel 2009-2010 accusò il conservatore Mahmud Ahmadinejad di essere stato eletto grazie a dei brogli elettorali. Le elezioni del 2009 sono considerate una specie di “punto di svolta” nella storia elettorale iraniana: il sito al-Monitor ha scritto: «Nonostante le centinaia di arresti, le decine di persone morte e gli arresti domiciliari imposti ai leader della cosiddetta Onda Verde, i funzionari iraniani responsabili di quella repressione continuano ancora oggi a usare l’argomento delle elezioni iraniane del 2009 come una sorta di linea divisoria tra chi dovrebbe essere ammesso a partecipare al processo politico e chi no».
Sostenitrici di Hossein Mousavi, candidato riformista alle elezioni presidenziali iraniane del 2009, poi vinte dal conservatore Ahmadinejad (ATTA KENARE/AFP/Getty Images)
L’esclusione di Hassan Khomeini, scrive il New York Times, è una decisione molto significativa e un passo indietro per i sostenitori di Rouhani. I riformisti dicono che Khomeini e la sua famiglia sono molto popolari in Iran, considerato che sono legati alla figura di Ruhollah Khomeini, il fondatore della Repubblica Islamica. Tra le candidature approvate per l’Assemblea degli esperti ci sono comunque quelle di Hassan Rouhani, l’attuale presidente, e l’ex presidente Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, accusati entrambi dai conservatori di essere troppo vicini alla fazione dei riformisti. La lista finale dei candidati alle elezioni del 26 febbraio verrà diffusa il 9 febbraio.