Stiamo sottovalutando il pericolo delle epidemie?
Un nuovo autorevole studio americano dice di sì: «Esistono davvero pochi rischi per il genere umano che possano causare un numero di morti paragonabile a quello delle pandemie»
di Lo staff di editorialisti del Washington Post
Sebbene non se ne sia parlato molto, negli ultimi mesi il Brasile è stato colpito da un’epidemia del virus Zika, che ha contagiato centinaia di migliaia di persone. Di solito, il virus si presenta con sintomi lievi e simili a quelli dell’influenza, ma le autorità sanitarie hanno anche riportato casi di bambini nati con malformazioni congenite da donne contagiate durante la gravidanza. Il virus è diffuso da piccoli insetti, come zanzare o pulci, e non esiste un vaccino che possa prevenirne il contagio.
Per chi non vive in Brasile, potrebbe sembrare facile minimizzare la vicenda: ma non si tratta dell’ennesima notizia su un evento drammatico accaduto lontano da noi. All’indomani della tardiva e mal gestita reazione all’epidemia di Ebola in Africa occidentale – in cui sono morte oltre 11 mila persone – gli Stati Uniti hanno istituito un’autorevole commissione indipendente per trarre insegnamenti dal caso di Ebola e altre recenti ondate di epidemie infettive, in ottica futura. La commissione di 17 membri sul Global Health Risk Framework for the Future (quadro di rischio sulla salute globale per il futuro) ha pubblicato lo scorso 13 gennaio il suo rapporto finale: le conclusioni del gruppo di esperti mettono in guardia sul pericolo rappresentato dalle malattie epidemiche, in grado di originarsi e diffondersi ovunque. Nonostante i progressi scientifici, «la comunità internazionale ha sottovalutato enormemente i rischi che le pandemie rappresentano per la vita e il sostentamento dell’uomo», ha detto la commissione. «Esistono davvero pochi rischi per il genere umano che possano causare un numero di morti paragonabile a quello delle pandemie».
L’influenza spagnola del 1918 uccise dalle cinquanta alle cento milioni persone: solo la seconda guerra mondiale ha causato più morti tra le catastrofi del Novecento. Dalla sua comparsa, il virus dell’HIV/AIDS ne ha uccise 35 milioni. Sebbene con un numero di morti molto minore, negli ultimi quindici anni cinque epidemie hanno destato preoccupazione: la sindrome acuta respiratoria grave (SARS); due ondate di influenza: la H5N1 e la H1N1; Ebola; e la sindrome respiratoria mediorientale (MERS).
Mentre il mondo diventa sempre più globalizzato grazie al movimento di beni e persone, il cambiamento climatico danneggia il clima, e nuovi patogeni sono trasmessi tra uomini e animali, una serie di malattie infettive è destinata a formarsi e propagarsi. Negli Stati Uniti, sono già stati segnalati una decina di casi di contagio da Zika, per ora tutte persone che avevano viaggiato al di fuori del paese. «La minaccia posta dalle malattie infettive sta crescendo», mette in guardia la commissione, aggiungendo che «le condizioni per la comparsa e il contagio di malattie infettive non sono mai state così pericolose», e che «altre ondate di epidemie – nuove, latenti o già note – sono una certezza». La commissione sottolinea come i rischi di epidemie non siano da considerarsi come possibilità remote e inevitabili, ma piuttosto come reali minacce alla sicurezza nazionale. I paesi dovrebbero affrontare le malattie esattamente allo stesso modo in cui investono nel settore militare: la minaccia delle epidemie è stata invece trascurata in molte parti del mondo. La commissione chiede l’adozione di misure per il sostegno dei sistemi di sanità pubblica nei singoli paesi; la creazione di una forza di risposta rapida; il rafforzamento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità; lo stanziamento di finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo di nuove terapie. Il tutto per 4,5 miliardi di dollari l’anno: l’equivalente di tre estrazioni della lotteria americana, come quella avvenuta il giorno della pubblicazione del rapporto della commissione.
©The Washington Post 2016