Netflix può vincere contro le VPN?
Giornali ed esperti di tecnologia si stanno chiedendo se gli annunciati sforzi contro gli utenti "abusivi" sono praticabili (e se gli convengono, alla fine)
Una settimana fa Netflix, il più importante servizio in streaming a pagamento di cinema e serie tv, ha fatto sapere sul suo blog che avrebbe reso più difficile accedere al proprio sito tramite i servizi che permettono di fingersi in un altro paese, e quindi usare il servizio anche dove non è ancora disponibile oppure vedere i contenuti di cataloghi diversi da quello del proprio paese.
La pratica, diffusa da anni grazie alla tecnologia VPN e piuttosto facile da attivare, finora è stata scarsamente combattuta e di fatto tollerata da Netflix perché portava comunque clienti paganti: secondo diversi esperti Netflix ha annunciato l’inasprimento delle sue misure anti-utenti “abusivi” dietro la pressione dei fornitori di film e serie tv, che spesso hanno accordi diversi paese per paese. Dopo l’annuncio dei giorni scorsi, molti magazine di tecnologia si sono detti scettici sul fatto che Netflix riesca davvero a fare quello che dice, date le varie complicazioni tecniche che hanno riscontrato altri servizi in streaming che hanno sperimentato misure del genere. Alcuni hanno persino messo in dubbio che Netflix stia facendo sul serio. Di conseguenza, due domande sorgono spontanee: Netflix può davvero farcela, a chiudere i servizi di VPN? E ne otterrebbe un qualche vantaggio?
Può farcela davvero?
Oggi esistono moltissimi servizi che permettono di utilizzare una VPN (cioè una “Virtual Private Network”) per ingannare i meccanismi di riconoscimento dell’indirizzo IP di Netflix o altri fornitori di contenuti. Semplificando molto: quando ci si connette a Internet a ogni dispositivo viene associato un numero IP che fra le altre cose identifica il paese da dove ci stiamo connettendo. I servizi VPN permettono di cambiare il pezzo del proprio indirizzo IP che identifica il paese di provenienza, e di sostituirlo con quello di un paese a piacimento. La pratica è molto semplice: bastano pochi secondi, il tempo di cliccare sul paese scelto nelle applicazioni o estensioni del browser offerti da questo tipo di servizi.
Come si fa impedire ai servizi VPN di funzionare? La tattica più comune è bloccare una lunga lista di indirizzi IP fra quelli che vengono forniti dai servizi VPN, di modo da impedire la sostituzione con l’IP originale. Neil Hunt, il capo della divisione dei contenuti di Netflix, ha descritto questa tattica come «un gioco fra gatto e topo: noi continueremo a emettere blacklist nei confronti di società che forniscono questo servizio per lavoro. Ma poi questi fornitori di VPN trovano altri IP e ci sfuggono». Greg Lyda di SlickVPN, un servizio che fornisce VPN a pagamento, ha detto a TorrentFreak: «Lavoriamo costantemente per assicurare che i nostri clienti abbiano un accesso a Internet totale. Se scopriamo che alcuni nostri indirizzi IP sono stati bloccati, ci trasferiamo su altri».
Secondo Wired il CEO di Netflix, Reed Hastings, in un’assemblea di investitori ha detto che l’azienda «adesso ha una blacklist espansa e rinforzata» e ha promesso che altre tecniche verranno utilizzate per contrastare i servizi VPN, senza però specificare quali. Quartz fa comunque notare che negli anni scorsi Hulu, una società rivale di Netflix, ha provato a bloccare i servizi VPN «in maniera molto più aggressiva rispetto a Netflix» ma che ha ottenuto solamente «un successo limitato».
Gli conviene?
Sì e no: nel senso che fino a poco fa Netflix era presente solamente in pochi paesi al mondo, e quindi aveva buon gioco a ottenere sempre più clienti in giro anche nei paesi in cui non era disponibile. Da poche settimane però Netflix è presente in quasi tutti i paesi al mondo, e continuare a tollerare l’utilizzo di VPN significherebbe – oltre che ottenere classifiche sballate su quali sono i contenuti più popolari in ciascun paese – indispettire i propri fornitori, che spesso hanno degli accordi ancora attivi per la distribuzione di contenuti simili o identici con altre aziende locali. La risposta più efficace a questa domanda l’ha data Quartz, secondo cui «Netflix è costretta a mantenere un delicato equilibrio fra mostrare ai propri fornitori che fanno sul serio con le nuove misure contro gli utenti abusivi, e al contempo dare ai loro clienti ciò che vogliono davvero».
Netflix sa bene che si tratta di un equilibrio fragile: per questo sta cercando di rendere sempre più omogenea la sua offerta in tutti i paesi in cui è attivo, riducendo per esempio i contenuti “esterni” del proprio catalogo e puntando molto sulle proprie produzioni, al fine di costringere i fornitori a trattare diritti di sfruttamento globali e non paese per paese. Ted Sarandos, il capo della divisione che si occupa del prodotto-Netflix, ha detto di recente che cercare di comprare diritti che valgano in tutti il mondo «non è una strada facile. Non è mai esistito un unico compratore globale».