George Orwell contro i gatti
«Fu chiaro fin dall’inizio che ogniqualvolta c’era un lavoro da fare, il gatto si rendeva irreperibile».
La fattoria degli animali di George Orwell, nella traduzione di Bruno Tasso per Mondadori
George Orwell è lo pseudonimo di Eric Arthur Blair: scrittore, saggista e giornalista inglese, autore di dieci romanzi e moltissimi saggi per la maggior parte a carattere politico, divenne famoso soprattutto per aver scritto il romanzo distopico 1984. Orwell era nato nel 1903 a Motihari in India – che all’epoca era ancora un possedimento dell’impero britannico, e morì il 21 gennaio del 1950 a Londra. Nel 1945 pubblicò La fattoria degli animali: il romanzo è un’allegoria del totalitarismo sovietico del periodo staliniano spiegato attraverso la rivoluzione degli animale della fattoria padronale nei confronti degli uomini. I personaggi presenti e i fatti narrati nel libro corrispondono alla realtà storica di quegli anni: i maiali – i promotori della rivoluzione – rappresentano i bolscevichi mentre la consegna obbligatoria delle uova delle galline alla comunità allude alla collettivizzazione forzata dei contadini ucraini. Tra tutti gli animali il gatto non richiama una precisa figura storica (anche se qualcuno lo ha accostato alla mafia russa) ma incarna la falsità dell’uomo. Il gatto è spesso sfuggente e si rende protagonista di doppi giochi: nella votazione per decidere se topi e conigli debbano essere considerati “compagni” degli animali, riesce a votare due volte sia a favore che contro.
L’edizione italiana del libro fu pubblicata per la prima volta nel 1947 da Mondadori, che ancora oggi è l’unica casa editrice ad aver pubblicato il libro in Italia.