Gli alberi del cocco sono alberi?
Non è una questione da poco: uno stato indiano ha deciso che sono palme e quindi si possono abbattere, facendo arrabbiare ambientalisti e opposizione
La Cocos nucifera è la pianta che produce il cocco e che in italiano è conosciuta come “palma da cocco”. La sua definizione come palma o albero è molto importante in alcuni paesi: da questa classificazione dipende infatti la sua tutela contro la deforestazione. Lo stato indiano di Goa, per esempio, ha da poco approvato una legge che definisce la Cocos nucifera come una “palma” e non più come un “albero”: questo consentirà agli agricoltori di poter abbattere queste piante più facilmente. Gli ambientalisti e i partiti di opposizione al governo di Narendra Modi sostengono che si tratti di un’iniziativa per favorire le industrie e i costruttori, che potranno ora tagliare interi palmeti per costruire palazzi e hotel.
Goa è il più piccolo stato dell’India. Si trova sulla costa occidentale del paese, nella zona tropicale; a ovest si affaccia sul mar Arabico e ha un clima caldo e umido per la maggior parte dell’anno. Buona parte della vegetazione di Goa è costituita da alberi del cocco. La scorsa settimana Rajendra Arlekar, il ministro delle Foreste e dell’Ambiente del governo locale, ha sostenuto la modifica di una legge, la Goa Daman and Diu Preservation of Trees Act, che dal 1984 vieta l’abbattimento di alcuni alberi senza uno specifico permesso del dipartimento delle Foreste: la modifica prevede che gli alberi del cocco non siano più classificati come alberi ma come palme rendendo così più semplice il loro abbattimento. «Abbiamo corretto solo un’anomalia», ha detto Arkelar spiegando che la Cocos nucifera era stata inserita per errore nella lista delle piante protette e che dal punto di vista botanico appartiene alla categoria delle “palme da frutto”: non avendo dei rami, non rientra infine nella definizione di “albero”.
Nel 2013 Goa ha prodotto più di 1 milione di noci di cocco e l’albero del cocco è una parte importante nella tradizione locale, tanto da essere identificato con il kalpavriksha, l’albero della vita in sanscrito. Si mangia e si beve il frutto, innanzitutto. Dalla polpa essiccata si ricavano grassi e oli che servono per produrre margarina di cocco, farina, saponi, colle, cosmetici e, con i sottoprodotti della lavorazione, il mangime per gli animali. Le fibre della buccia del cocco, chiamate “coir”, sono usate per intrecciare tappeti o corde. Le foglie sono usate per fare capanne, cesti e stuoie. Dalla linfa si ricava il “vino” di palma, l’aceto, lo zucchero e l’acquavite. Le gemme sono commestibili. Con il legno si fabbricano mobili, case, barche. Le fronde vengono utilizzate come fibre per intrecciare cappelli, stuoie e tetti per le capanne.
Dopo la decisione del governo locale, gli ambientalisti insieme a diversi media locali si sono detti preoccupati per la progressiva scomparsa di questo albero e hanno chiesto al governo locale (che è guidato dal partito nazionalista indù del primo ministro Narendra Modi) di cambiare idea. In un editoriale pubblicato ieri, martedì 19 gennaio, il giornale locale Goa’s Herald accusa il partito di Modi di essersi “perso nei boschi” e scrive che i maggiori benefici di questa riclassificazione andranno a coloro che vogliono «costruire enormi proprietà e alberghi».