Come si vende un musicista quando muore
Il Washington Post studia il caso di David Bowie e dei business intorno alle eredità economiche dei grandi artisti che non ci sono più
di Jessica Contrera – Washington Post
La morte è il momento migliore nella carriera di un artista. Gli esperti dello show business se ne accorgono in continuazione: non appena un artista famoso muore, tutte le opere che ha creato diventano improvvisamente le uniche che creerà mai, e la sua popolarità e il suo valore economico schizzano alle stelle. La scorsa settimana è successo a David Bowie.
Il disco pubblicato solo due giorni prima della sua morte è stato il primo di Bowie ad arrivare in vetta alla classifica di Billboard. I biglietti per il musical di cui era co-autore – che ha debuttato il mese scorso a New York senza raccogliere giudizi esaltanti – sono stati venduti su StubHub (una piattaforma di eBay per la compravendita di biglietti per eventi) a 1.900 dollari l’uno. I suoi video hanno segnato un record di visualizzazioni su Vevo, e SiriusXM Radio ha dedicato alla sua musica un intero canale. Mentre i fan di Bowie canticchiano malinconicamente “Space Oddity”, un gruppo di suoi collaboratori – eredi, curatori dell’eredità, avvocati, manager e direttori creativi – inizieranno a darsi da fare per far sì che il boom di Bowie continui a lungo, anche dopo che i tributi su Twitter saranno scomparsi. Dovrà esserci un documentario su Bowie? Un libro illustrato? Un ristorante “Ziggy Stardust”? Un parco divertimenti “Life on Mars”? E come fare tutto questo senza cadere nel cattivo gusto, e in modo da non sfruttare un’icona amata ormai scomparsa?
«Chi lavora nel campo guarda alle opere di un artista come un avvoltoio guarda la carcassa di un animale, alla ricerca di carne ancora buona da strappare e dare in pasto alla macchina», ha detto Jeff Jampol, la cui società gestisce l’eredità artistica di Jim Morrison, Ramones, Otis Redding e dei Doors, «Noi cerchiamo di rianimare il corpo, sollevarlo, e i guadagni arrivano di conseguenza». Jampol parla in senso figurato, ma a volte il problema è proprio questo: quando l’artista non può più disporre delle sue opere, le decisioni sono prese dagli eredi, che spesso assumono avvocati e direttori creativi per gestirne l’eredità. «Fare musica è una cosa molto soggettiva e creativa. Ma gli affari sono affari», ha detto Gary Gilbert, il cui studio legale gestisce le eredità di Rick James e Miles Davis. «Coniugare questi due aspetti è un po’ strano a volte».
Non si tratta di un compito semplice come spartire dei beni in base a un testamento. Immaginate che tutti i mobili lasciati in eredità da vostro nonno valgano milioni di dollari. E che potrebbero valerne molti altri nei prossimi anni, se condivisi e promossi nel modo giusto. Per mantenere in vita le opere di un artista, non basta sperare che la sua musica venga passata in radio. Il punto fondamentale sembra essere offrire ai fan esperienze che non siano legate soltanto alla musica dell’artista, ma anche al suo personaggio. Per Elvis Presley esiste Graceland, la villa di Memphis dove viveva il cantante, che è stata convertita in un museo a cinque anni dalla sua morte e che oggi attira oltre 600 mila visitatori ogni anno. Anche i prodotti “griffati” rappresentano un’enorme fonte di guadagno: a quasi trentacinque anni dalla morte di Bob Marley, si può bere un “caffè Marley”, o un tè rilassante “Marley mellow mood” (l’umore disteso di Marley), il tutto ascoltando One Love con le cuffie “House of Marley”.
E poi c’è la storia dell’artista, ottima per libri e documentari. Nel 2015 sono usciti Montage of Heck (il secondo documentario su Kurt Cobain), Amy (il documentario su Amy Winehouse), The Amazing Nina Simone e Janis, su Janis Joplin. Quest’ultimo mette in luce i punti più alti della carriera di Janis Joplin, ma parla esplicitamente anche delle sue ombre. Jampol – che gestisce la sua eredità – ha detto che non avrebbero mai osato glissare sul suo abuso di droga. «È la parte più difficile delle conversazioni con gli eredi», ha raccontato, «perché non sai mai se quello che stai proteggendo è l’elemento fondamentale, l’ingrediente segreto».
La cosa peggiore per un artista, secondo gli esperti, è non fare niente. Se l’immagine e la musica di Bowie non fossero promosse, inizierebbero inevitabilmente a sbiadire. Whitney Houston, per esempio, è stata amata e venerata in vita. Dalla sua morte nel 2012, tuttavia, i tributi che hanno ricevuto maggiore attenzione sono stati un film della rete televisiva americana Lifetime – criticato duramente dagli eredi di Houston – e un libro scritto dalla madre, che la figlia Bobbi Kristina ha definito “irrispettoso”. Il dibattito attorno al suo nome oggi verte soprattutto sulla morte di Bobbi Kristina e la conseguente tragedia familiare.
Confrontate la parabola di Whitney Houston con l’inversione di rotta per eccellenza: Michael Jackson. Negli anni Duemila, Jackson versava notoriamente in gravi difficoltà finanziarie, era scoppiato il caso delle accuse di molestie sessuali su dei minori e compariva perlopiù sulle copertine dei tabloid. Ma dopo la sua morte, il “re del pop” è tornato improvvisamente saldo sul suo trono. Sono usciti This is it (il film sulla sua vita), il documentario Bad 25, One (lo spettacolo del Cirque du Soleil a Las Vegas) e Immortal, il tour mondiale dello spettacolo di Las Vegas, che ha fatto tappa in 157 città. «In sostanza Michael Jackson era in tour in due posti contemporaneamente, e non è neanche più vivo», ha detto Zack O’Malley Greenburg, autore di Michael Jackson, Inc. e redattore esperto di Forbes, che ogni anno pubblica una classifica sul valore delle celebrità scomparse.
Jackson l’anno scorso occupava la prima posizione in questo specifico settore grazie a 115 milioni di dollari guadagnati, precedendo Marley, Presley e il creatore dei Peanuts, Charles Schulz. Uno dei fattori chiave per il successo dell’eredità di Jackson è la grande quantità di materiale inedito lasciata dall’artista. È prevista la pubblicazione futura di dieci nuovi dischi di Michael Jackson (raccolte di materiale vecchio e nuovo), ognuno dei quali rappresenta l’opportunità di generare nuovo interesse. Tupac Shakur ha avuto un destino simile, secondo l’avvocato Dina LaPolt, che ha aiutato sua madre, Afeni Shakur, a gestirne l’eredità per tredici anni: ogni opera aumenta di valore immediatamente, perché l’artista che l’ha prodotta è morto. «La morte amplifica il valore del tuo business più di quanto possano fare cinque Grammy, dieci Oscar e quattordici Golden Globe», ha detto LaPolt.
Non è chiaro quanto Bowie ci abbia lasciato, considerando che aveva pubblicato un disco appena prima di morire. Il produttore Tony Visconti ha raccontato a Rolling Stone che Bowie aveva in effetti scritto e registrato almeno cinque pezzi, che sarebbero stati pubblicati dopo l’ultimo disco. È possibile che Bowie – che sapeva che il suo tumore era in stadio terminale – si sia assicurato di “lasciare le cose in ordine”. Era noto per essere un imprenditore capace e innovativo: nel 1997 vendette i diritti sui suoi guadagni futuri attraverso dei “bond Bowie”, con una mossa rischiosa ma innovativa che fruttò 55 milioni di dollari. Secondo gli analisti si giocò la carta di Wall Street molto bene, entrando in un periodo in cui l’interesse verso gli investimenti inusuali era al suo culmine.
Secondo Joshua Rubenstein, presidente della società Katten Muchin Rosenman, il tempismo sarà fondamentale per far sì che l’eredità artistica di Bowie cavalchi l’onda dell’interesse per la sua musica il più a lungo possibile. «I gusti musicali cambiano molto in fretta, meglio non aspettare troppo e rischiare di sprecare la propria opportunità», ha detto Rubenstein. «Persone come Elvis sono uniche, perché l’interesse nei loro confronti non scema mai. Dovremo aspettare per capire se anche Bowie è unico». Secondo John Branca, co-gestore dell’eredità di Michael Jackson, sarà pubblicato senza dubbio un “greatest hits” di qualche tipo. Al di là di questo, Bowie non può essere paragonato a nessun altro artista per capire quale sarà il suo destino. «Quello che viene fatto per Jim Morrison non si può applicare anche a Michael Jackson. Bisogna rimanere fedeli all’artista», ha detto Branca, «Si deve studiare a tavolino chi era. Cosa avrebbe fatto Bowie?».
Per il momento, i fan continuano ad alimentare il boom di Bowie, con diversi tributi in programma in tutto il mondo: l’arte di strada di Bowie, mostre fotografiche, proiezioni di film e concerti alla memoria. Un concerto tributo in programma per il 31 marzo al Carnegie Hall è stato trasformato in un concerto alla memoria. A seguito del tutto esaurito registrato dal concerto, gli organizzatori ne hanno organizzato un altro al Radio City Musical Hall, il primo aprile. I biglietti VIP – che costavano dai 325 ai 3 mila dollari – sono andati esauriti nel giro di un’ora. In un post sulla pagina Facebook di Bowie, si legge: «I concerti e i tributi in programma nelle prossime settimane sono tutti benvenuti, ma nessuno di essi è un evento commemorativo ufficiale organizzato o appoggiato dalla famiglia».
Probabilmente, il dibattito su come portare avanti la sua eredità inizierà presto, ma Bowie ha fatto in modo che i suoi fan avessero parecchio materiale praticamente inedito da divorare, nel momento in cui avrebbero appreso della sua morte: il suo album più venduto fino a oggi e un musical – Lazarus – che porta il nome dell’uomo che nella Bibbia tornò in vita poco dopo la sua morte.
© Washington Post 2016