La Cina non andava così piano da 25 anni
I nuovi dati dicono che il PIL è cresciuto del 6,9 per cento nel 2015, meno dell'anno precedente e al di sotto delle previsioni del governo
Secondo gli ultimi dati dell’Istituto di statistica cinese, nel 2015 l’economia della Cina è andata meno bene del previsto e questo ha portato al più marcato rallentamento della sua crescita negli ultimi 25 anni. L’anno scorso il prodotto interno lordo (PIL) è cresciuto del 6,9 per cento a fronte del 2014, anno in cui fu registrata una crescita del 7,3 per cento. Si tratta di percentuali che sarebbero considerate lunari e incredibilmente positive per qualsiasi paese europeo, ma la Cina ha una storia recente di crescita molto più sostenuta; il governo cinese aveva previsto per il 2015 un aumento del PIL pari al 7 per cento, quindi una certa riduzione nella crescita era comunque prevista, ma il mancato obiettivo conferma il momento di difficoltà dell’economia in Cina tra esportazioni in ribasso, indebitamento crescente e un rallentamento complessivo degli investimenti.
I dati sul PIL indicano che gli ultimi tre mesi del 2015 in Cina si sono conclusi con una crescita del 6,8 per cento: una lieve riduzione rispetto ai tre mesi precedenti, che avevano fatto registrare il 6,9 per cento. Per trovare un dato simile nella riduzione della crescita su base trimestrale occorre tornare indietro fino al 2009, quando fu registrato un 6,2 per cento. Altri dati forniti dall’Istituto di statistica contribuiscono a farsi un’idea sullo stato dell’economia cinese: la produzione industriale – cioè l’insieme delle attività legate alla produzione di beni di consumo – è passata dal 6 per cento di novembre al 5,9 per cento di dicembre, mentre le vendite al dettaglio sono calate passando dall’11,3 per cento all’11,1 per cento nel mese successivo.
Come accade ogni volta che la Cina diffonde nuovi dati sulla sua economia, diversi osservatori sollevano dubbi circa l’accuratezza e l’attendibilità delle rilevazioni effettuate dall’Istituto di statistica. Il sospetto è che il governo manipoli lievemente i dati, in modo da fornire un quadro più positivo agli investitori e agli analisti internazionali (che però il più delle volte tengono conto anche del possibile rischio di manipolazioni). In questo modo confida di ridurre lo scetticismo sui mercati circa le sue condizioni economiche meno buone rispetto al passato e, al tempo stesso, di mettere in risalto i risultati ottenuti dalla classe politica. I dati non sono sempre attendibili anche a causa del modo in cui sono raccolti: l’Istituto di statistica raccoglie le informazioni da ogni singola provincia, i cui dirigenti politici hanno tutto l’interesse a gonfiare un po’ i risultati, nella speranza di attirare nuovi investitori. In passato gli stessi media cinesi, controllati rigidamente dal governo, avevano dato notizia circa alcuni dati non attendibili provenienti dalle province.
Il rallentamento cinese è in parte dovuto al cambio di strategia da parte del governo, con l’obiettivo di cambiare un’economia basata per lo più sulle esportazioni e gli investimenti – quindi molto esposta a come vanno le cose all’estero – a un’economia centrata sui servizi e i consumi interni. La transizione non è però semplice e implica diversi cambiamenti, che secondo gli analisti sono stati gestiti per ora con scarsa lungimiranza con il risultato di penalizzare la produzione e le esportazioni, finora la chiave della crescita cinese. C’è grande scetticismo anche per quanto riguarda i minori investimenti, che secondo diversi analisti dovrebbero essere incentivati proprio per favorire il passaggio al nuovo tipo di economia voluto dal governo, che nel medio periodo dovrebbe offrire più garanzie alla stabilità economica del paese.
I nuovi dati sull’economia in rallentamento della Cina erano attesi dagli analisti. Nelle ultime settimane – e già quest’estate – la borsa cinese ha fatto registrare grandi perdite, che in più casi hanno portato alla sospensione delle contrattazioni e si sono propagate sulle borse di mezzo mondo.