I diritti d’autore milionari di Winnie the Pooh
Nel 2004 Forbes stimò che generassero circa 5 miliardi di euro l'anno: sono tutti soldi di Disney mentre agli eredi del suo creatore non è rimasto quasi nulla
Il 18 gennaio i fan di Winnie the Pooh celebrano il Winnie the Pooh Day: la giornata in onore del personaggio inventato dallo scrittore inglese Alan Alexander Milne. Nonostante Winnie the Pooh sia uno dei personaggi di riferimento dell’infanzia di moltissime persone, in pochi sanno quanto l’orsetto abbia rivoluzionato la prassi dei diritti d’autore per le opere letterarie. Oggi i diritti di Winnie the Pooh sono di proprietà di Disney, e l’orso è uno dei personaggi letterari più ricchi e profittevoli della storia: i ricavi derivati dal merchandising, videogiochi, libri e film sono stati stimati da Forbes in più di 5 miliardi di euro all’anno, secondo solamente a quelli che derivano dai personaggi di Topolino ma davanti a quelli di Frodo Baggins (il Signore degli anelli), Harry Potter e Nemo. Queste stime risalgono tuttavia al 2004, e in molti sospettano che nel frattempo Winnie the Pooh possa essere arrivato in cima alla classifica.
Il primo libro con le storie di Winnie the Pooh fu pubblicato nel 1926, Milne – che all’epoca era già uno scrittore famoso – lo scrisse per suo figlio Christopher, che è anche l’unico personaggio umano della serie. I protagonisti dei racconti sono l’orsetto imbranato e ghiotto di miele Winnie the Pooh, il maialino Pimpi, l’asino melanconico Ih-Oh, il vivace Tigro e mamma Cangu con suo figlio Ro. Le storie furono illustrate da Ernest H. Shepard, che frequentò per qualche tempo la casa di Milne, avendo modo di osservare i pupazzi di Christopher Robin e il boschetto vicino alla casa, da cui lo stesso Milne aveva preso ispirazione. Il primo libro ebbe subito un grande successo sia di pubblico che di critica e due anni dopo fu pubblicato il secondo intitolato The House at Pooh Corner.
Nel 1930 il produttore televisivo ed editore di fumetti Stephen Slesinger propose a Milne un contratto fino ad allora mai usato: gli propose la cessione dei diritti per la commercializzazione televisiva e del merchandising dei personaggi di Winnie the Pooh, mentre i diritti per i libri sarebbero rimasti alla famiglia Milne. Il contratto fu il primo nel suo genere e in molti lo considerano come la nascita delle moderne licenze di utilizzo: il contratto fu chiuso per 1000 dollari di anticipo e il 66 per cento degli incassi derivanti da Winnie the Pooh. Da quel momento Slesinger iniziò a produrre i primi cartoni con protagonisti i personaggi di Milne, bambole e giochi da tavolo, e in poco tempo i profitti derivanti dalla loro vendita raggiunsero i 50 milioni di dollari. Nel 1956 morì Milne, che aveva deciso di lasciare parte dei diritti all’associazione di beneficenza Royal Literary Fund, al club privato Garrick Club e alla scuola privata Westminster School. In Europa le leggi in materia di proprietà intellettuale stabiliscono che il copyright duri 70 anni dalla morte dell’autore, decorsi i 70 anni le opere diventano di pubblico dominio: nel caso dei lavori di Milne, quindi, il copyright durerà fino al 2026.
Nel 1960, dopo la morte di Stephen Slesinger nel 1953, sua moglie vendette i diritti a Disney con un accordo che garantiva alla società di Slesinger delle royalties pari al 2 per cento degli incassi di Disney derivanti da Winnie the Pooh. Disney riuscì a continuare a far crescere il business intorno al personaggio: ha prodotto dieci film, moltissimi cartoni e programmi televisivi, delle serie di videogiochi di successo e intere produzioni di peluche e giocattoli. Nel 1991 la famiglia Slesinger fece causa alla Disney accusandola di avere falsato i bilanci e gli incassi derivanti da Winnie The Pooh e chiedendo 2 miliardi di dollari di danni. La causa si chiuse nel 2009, vinse Disney poiché la Slesinger inc – la società della famiglia Slesinger – fu giudicata colpevole di aver inquinato le prove distruggendo dei documenti rilevanti per il processo.
Nel 2001 Disney ha comprato il resto dei diritti su cui ancora pagava le royalties – quelli dei libri – per la cifra di 350 milioni di dollari, circa 321 milioni di euro: 120 milioni andarono al Royal Literary Fund, 80 al Garrick Club e altri 80 al Westminster School, una cifra non rivelata fu concordata con la famiglia di Shepard, l’illustratore delle storie di Milne. Nessun diretto parente di Milne beneficiò dell’accordo, poiché Christopher Milne aveva venduto la metà della sua quota di royalties al Royal Literary Fund per appena 200 mila euro e usato l’altra metà per creare un fondo fiduciario. Il Guardian nel 2001 riportò un’intervista di Lesley Milne, nipote dello scrittore, in cui diceva: “Christopher era molto anti Disney. Ha sempre odiato quello che la Disney ha fatto ai personaggi e ai libri. Non gli sono mai interessati particolarmente i soldi”.