A che punto siamo con la liberalizzazione della marijuana
Se ne è riparlato per un provvedimento che c'entrava poco, ma in Parlamento si sta cominciando a discuterne sul serio
Questa settimana giornalisti e politici italiani sono tornati a parlare di liberalizzazione e depenalizzazione dell’uso delle droghe leggere e della cannabis (tra loro anche Mattia Feltri, che sulla Stampa ha scritto un commento a favore della liberalizzazione). Il motivo è un provvedimento approvato dal governo che depenalizza alcuni reati che possono essere commessi dalle strutture autorizzate a coltivare marijuana per motivi terapeutici. Anche se il provvedimento non riguarda in alcun modo l’uso della cannabis da parte dei privati, le forti reazioni da parte di alcuni esponenti del governo hanno mostrato le divisioni che ancora esistono nella politica italiana su questo tema. Intanto un vero disegno di legge riguardante la depenalizzazione e parziale liberalizzazione della marijuana è arrivato al Senato, dove dovrà essere discusso.
Il provvedimento
Venerdì il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legislativo depenalizzazioni, una norma che inizialmente avrebbe dovuto contenere anche la depenalizzazione del reato di clandestinità, bocciato dal governo per ragioni di opportunità politica. Diversi giornali hanno frainteso la natura del provvedimento e hanno riferito la notizia come se quello che il governo stava depenalizzando fosse la coltivazione di marijuana a fini terapeutici da parte dei privati. Alcuni esponenti del Nuovo Centro Destra hanno immediatamente detto che il governo non ha alcuna intenzione di compiere una simile depenalizzazione e che loro stessi si opporranno a qualunque tentativo di farlo in futuro. Il provvedimento approvato venerdì, infatti, riguarda esclusivamente le strutture regolarmente autorizzate alla coltivazione di marijuana e non avrà alcun effetto per i privati cittadini.
Il disegno di legge
Proprio questa settimana è arrivato in Senato un vero provvedimento di depenalizzazione e parziale liberalizzazione della vendita della marijuana. Si tratta del disegno di legge C. 3328 che dal 13 gennaio è in discussione nella commissione riunita Affari sociali di Camera e Senato. Il DDL è stato firmato da 270 parlamentari appartenenti a gruppi di maggioranza e opposizione. I primi firmatari e principali promotori del provvedimento sono i senatori Benedetto della Vedova, che fa parte del Partito Radicale, e Luigi Manconi, del Partito Democratico.
Il DDL ha l’obiettivo di rendere legale il possesso fino a 15 grammi di marijuana nella propria abitazione, fino 5 all’esterno e la coltivazione fino a cinque piante nel proprio domicilio. Le pene per il piccolo spaccio rimangono invariate, ma il DDL prevede la possibilità per gruppi di privati di formare dei “cannabis social club”, associazioni senza scopo di lucro che sono autorizzate a coltivare marijuana per l’uso dei propri soci. Nel DDL è anche prevista la possibilità di aprire specifici esercizi commerciali dove sarà possibile vendere marijuana per scopi ricreativi in un regime di tassazione simile a quello in vigore per il tabacco (che tradotto significa molto alto).
Quanto potremmo guadagnarci?
Secondo l’ISTAT, ogni anno in Italia si vende droga per circa 10 miliardi di euro, 2,5 dei quali spesi per acquistare prodotti derivati dalla cannabis. Si tratta delle stime più conservatrici ed esperti indipendenti hanno spesso citato numeri diverse volte superiori. È sempre difficile stimare la dimensione dei fenomeni criminali e stabilire quanto lo stato potrebbe incassare grazie alle tasse se si legalizzassero. Un numero utile a farsi un’idea degli ordini di grandezza di cui stiamo parlando è 1,5 miliardi: la cifra che lo stato incasserebbe ogni anno se l’intero mercato della marijuana emergesse dall’oggi al domani e venisse tassato come le sigarette, al 75 per cento.
A questa cifra bisogna anche aggiungere una serie di effetti indiretti, come ad esempio il fatto che emergerebbe l’intera filiera della produzione della marijuana. Lo stato incasserebbe non soltanto dalla vendita diretta, ma anche dai profitti delle aziende produttrici e dalle tasse e i contributi pagati dagli impiegati nel settore.
Altri effetti indiretti ugualmente difficili da quantificare sono i risparmi che si otterrebbero dalla depenalizzazione. La “guerra alla droga” in Italia costa più di un miliardo e mezzo l’anno, di cui la metà vengono spesi dal sistema carcerario, secondo le stime del Dipartimento antidroga. Difficile fare una stima precisa, ma – come dice Marco Sabatino Rossi, professore di economia politica all’Università la Sapienza e autore di diversi studi sul possibile impatto della fine del proibizionismo – «stiamo parlando di stime che sono probabilmente più nell’ordine dei miliardi di euro che delle centinaia di milioni».