Taiwan ha eletto un presidente donna
Per la prima volta nella sua storia: si chiama Tsai Ing-wen, ha 59 anni e fa parte di un partito che rispetto al precedente governo è meno disposto al dialogo con la Cina
Sabato 16 gennaio si sono tenute le elezioni parlamentari e presidenziali a Taiwan, un’isola a est della Cina con cui per decenni il governo cinese non ha intrattenuto relazioni diplomatiche ma che da qualche anno ha iniziato un certo riavvicinamento. Il vincitore delle presidenziali è già noto dato che il partito di governo, che è stato sconfitto, ha riconosciuto la sconfitta: il nuovo presidente è Tsai Ing-wen, una donna di 59 anni che ha già ricoperto vari ruoli politici ed era la candidata del Partito Democratico Progressista, un partito di centro meno disposto al dialogo con la Cina comunista rispetto al Kuomintang, il partito nazionalista attualmente al governo. Secondo gli ultimi dati parziali a disposizione, Tsai ha ottenuto circa 6,4 milioni di voti, mentre il candidato del Kuomintang 3,2 milioni. I risultati delle elezioni parlamentari non sono ancora ufficiali, ma secondo il South China Morning Post saranno vinte dallo stesso Partito Democratico Progressista.
I rapporti fra Cina e Taiwan condizionano da decenni la vita politica dell’isola. La storia delle turbolente relazioni fra i due paesi è iniziata nel secondo dopoguerra, quando sull’isola si rifugiò il capo della allora Repubblica di Cina, Chiang Kai-shek, sconfitto nel 1949 dai rivoluzionari comunisti guidati da Mao Tse-tung dopo una guerra civile durata vent’anni. Nacque lo stato di Taiwan – che formalmente si chiama Repubblica di Cina – che da allora non ha mai smesso di proclamare la sua autonomia dalla Cina, e più formalmente la sua sovranità sul territorio dell’odierna Repubblica Popolare Cinese (cioè la Cina). Un limitato allentamento delle tensioni tra i due paesi è iniziato nel 2008, con la successiva convocazione dei primi incontri tra organismi ufficiali dei rispettivi governi e l’approvazione di accordi economici nel 2014. Nel novembre del 2015 i presidenti di Cina e Taiwan si sono incontrati per la prima volta dal 1949.
Dal 2014 a oggi ci sono state diverse manifestazioni contro il governo guidato dal Kuomintang, accusato di essersi riavvicinato eccessivamente alla Cina. Il Washington Post ha scritto che «durante la campagna elettorale Tsai ha sottolineato che vorrebbe dei rapporti amichevoli con la Cina, ma ha detto che vuole mantenere lo status quo di indipendenza de facto». La campagna di Tsai si è anche concentrata sul miglioramento dell’economia, il diritto alla casa e l’occupazione. Fra le altre cose, Tsai ha rifiutato di riconoscere il cosiddetto principio dell'”unica Cina”: un accordo che fu stabilito fra i governi di Cina e Taiwan nel 1992 e che prevede che i due stati siano d’accordo sul fatto che esista un’unica Cina, e che la loro disputa sia relativa “solamente” a chi ne abbia la sovranità.
Da quando i rapporti fra Taiwan e Cina sono migliorati, prosegue il Washington Post, ne hanno beneficiato sia il commercio sia il turismo, ma l’economia di Taiwan – da anni un po’ bloccata – non si è davvero risollevata: nel 2015 il PIL è aumentato solamente dell’1 per cento, e nonostante il tasso di disoccupazione sia molto basso le esportazioni sono calate molto negli ultimi mesi, anche in relazione alla complicata situazione economica della Cina.