Da dove viene Roberto Giachetti
Filippo Ceccarelli racconta su Repubblica il nuovo candidato PD alle primarie per il sindaco di Roma
Sull’edizione di Repubblica di sabato Filippo Ceccarelli ha scritto un profilo di Roberto Giachetti, deputato del Partito Democratico e vicepresidente della Camera che venerdì 15 ha detto che si candiderà alle prossime primarie per scegliere il candidato del PD a sindaco di Roma. Giachetti ha 54 anni, è deputato dal 2001 in precedenza era stato Capo di gabinetto dell’allora sindaco di Roma Francesco Rutelli. In questi anni Giachetti – che è entrato nel PD dopo essere stato membro della Margherita – si è fatto notare per la sua proposta di abolire la legge elettorale cosiddetta “Porcellum” durante il governo Letta, e per i suoi vari scioperi della fame a sostegno delle sue posizioni politiche (Giachetti ha un passato nei Radicali). Quattro giorni prima che Giachetti annunciasse la sua candidatura, il presidente del Consiglio e segretario del PD Matteo Renzi aveva detto che «Giachetti conosce Roma meglio di chiunque altro». Ceccarelli, sintetizzando, descrive Giachetti così: «Vicepresidente della Camera senza cravatta. Svelto, affabile, ironico, iper-cinetico e abbastanza apprensivo. Amico dei giornalisti, di Luigi Di Maio e di Giorgia Meloni (una cena fra carissimi avversari l’8 marzo di qualche anno fa); valente cuoco».
Il primo partito non si scorda mai. Se poi, come nel caso di Roberto Giachetti, si tratta dei radicali l’imprinting spiega anche troppo del candidato sindaco del Pd, fantasista renziano per certi versi buttato e per altri buttatosi nel pantano capitolino comunque con slancio fin troppo temerario, spes contra spem, come direbbe Pannella con linguaggio biblico intendendo la più disperata delle speranze, quella di conquistare il Campidoglio.
Così i processi di apprendimento biologico di quel mondo divenuto ormai antico – militanza ai limiti dell’eroismo, povertà diffusa, promiscuità sentimentale pure, sedi tanto buie quanto ravvivate da intrattabili e leggendari personaggi, «pazzi poeti e poeti pazzi» secondo il suggestivo canone pannelliano – rivivono dentro il video girato nella zona più garibaldina della capitale, ma in fondo anche nel cip- cip- cip degli uccellini che accompagnano le parole di Giachetti, giovanissimo redattore di Radio radicale a Montecitorio, fine anni 80, e in seguito ambientalista «disseminato» d’autorità fra i Verdi, a loro volta poi trasfiguratisi in Arcobaleno.
Da queste parti si colloca e certamente fruttifica il legame con Francesco Rutelli, allora non esattamente un eretico radicale, ma dopo la conversione sì. Con lui Giachetti ha scalato il Campidoglio (1993), è stato prima capo della segreteria del «sindaco col motorino », poi capo di gabinetto del sindaco del Giubileo (2000). Come tale ha conosciuto il potere dal di dentro, imparandone l’indispensabile spregiudicatezza e la facoltativa discrezione. Ma è rimasto sempre molto laico, diciamo pure – per quanto vale l’antica espressione – anticlericale.
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