Ci sono nuove accuse di abusi sessuali contro i soldati delle Nazioni Unite
Le ultime in Repubblica Centrafricana, ma vanno avanti ormai da molti anni e minacciano la credibilità delle operazioni di pace
Da diverso tempo le forze di pace delle Nazioni Unite sono accusate di commettere abusi sessuali contro le donne dei paesi in cui sono inviate per delle operazioni di “protezione”. Negli ultimi anni sono stati denunciati casi del genere in Mali, Sud Sudan, Liberia e Congo, ma ci sono testimonianze di abusi da parte dei caschi blu almeno dal 1990 nelle missioni di pace in Bosnia-Erzegovina, Cambogia, Timor Est, Haiti e Sierra Leone. Le notizie più recenti riguardano la Repubblica Centrafricana, che avrebbero sfruttato sessualmente delle bambine anche di tredici anni.
I fatti sarebbero avvenuti in un campo per sfollati vicino all’aeroporto internazionale di Bangui, la capitale del paese. Nel campo, chiamato M’poko, vivono circa 20 mila persone in un agglomerato di tende bianche piantate intorno a vecchi aeroplani. Le Nazioni Unite non hanno parlato della nazionalità dei soldati accusati e non hanno fornito pubblicamente dettagli sui presunti abusi; ma il Washington Post, che cita dei funzionari delle Nazioni Unite che hanno voluto mantenere l’anonimato perché le indagini sono ancora in corso, scrive che le forze di pace coinvolte provengono da Gabon, Marocco, Burundi e Francia. Lo sfruttamento si basava sull’offerta di somme che andavano dai 50 centesimi ai tre dollari.
Negli ultimi quattordici mesi, sempre nella Repubblica Centrafricana, i caschi blu sono stati coinvolti in altri 22 casi di presunta violenza o sfruttamento sessuale (le vittime erano donne, bambine anche di 12 dodici anni e bambini di età compresa tra i 9 e i 15 anni). Nella Repubblica Centrafricana le Nazioni Unite sono state inviate nel 2014 per contribuire a porre fine alla guerra civile con un’operazione chiamata MINUSCA. «Le sanzioni saranno esemplari per coloro che si sono resi colpevoli di abusi sessuali, non appena sarà fatta luce su questi fatti incresciosi», ha detto Parfait Onanga-Anyanga, capo della missione dell’ONU nella Repubblica Centrafricana dallo scorso agosto, quando il segretario Generale Ban Ki-moon aveva chiesto le dimissioni del suo predecessore a seguito di una serie di denunce per violenze sessuali nei confronti di minori da parte di caschi blu.
Le Nazioni Unite sono presenti in Africa con nove operazioni di pace che coinvolgono più di 100 mila persone tra militari e civili, e queste accuse rischiano di minacciare la legittimità del loro lavoro e dell’organizzazione stessa. Qualche mese fa Ban Ki-moon aveva definito queste accuse «un cancro nel nostro sistema» e si era impegnato in una politica di “tolleranza zero”. Lo scorso dicembre le Nazioni Unite avevano pubblicato un rapporto indipendente molto atteso su questi crimini. Nell’indagine si legge che la scarsa applicazione delle politiche in atto per scoraggiare e segnalare gli abusi ha fatto in modo che «la credibilità delle operazioni delle Nazioni Unite e il mantenimento della pace siano in pericolo». La relazione chiede anche che le Nazioni Unite comincino a trattare lo sfruttamento e gli abusi sessuali per quello che sono: crimini e violazioni dei diritti umani, piuttosto che valutarli come problemi di condotta o disciplina.
Commentando il rapporto, Sarah Taylor di Human Rights Watch ha scritto che nonostante i proclami, le nuove politiche e le varie indagini nel corso degli anni, quello della trasparenza non è stato un obiettivo che si possa definire raggiunto. Non è semplice scoprire né le accuse, né contro chi sono state rivolte, né se abbiano poi portato a indagini o azioni penali. Spesso, spiega Taylor, «i presunti autori delle violenze sono mandati a casa prima di intraprendere nei loro confronti qualsiasi tipo di azione. Le vittime sono spesso lasciate allo sbando, ricevono poca assistenza in termini di servizi medici, di consulenza o di sostegni finanziari e si hanno pochissime informazioni sull’avanzamento dei loro casi». Ancora più problematico, secondo diversi esperti, è il fatto che il perseguimento dei presunti colpevoli spetta ai governi dei paesi che forniscono le forze di pace e che spesso questi governi non lo fanno con determinazione. La percezione diffusa è insomma che ci sia impunità nei confronti di chi commette degli abusi.
Il numero dei presunti casi di sfruttamento e abusi sessuali commessi dal personale delle Nazioni Unite è sceso rispetto a qualche anno fa: nel 2008 erano stati segnalati 83 casi, nel 2014 invece 51. Questa, secondo i funzionari delle Nazioni Unite, sarebbe la prova di un intervento sempre più efficace su questi crimini. Ma i critici dicono che quei numeri sono incompleti e che molti casi i fatti non vengono denunciati: le vittime potrebbero temere ritorsioni da parte dei responsabili, che in alcuni casi sono soldati e portano un’arma.